Approfondimenti

I tre fronti della crisi in Medio Oriente, le discussioni sull’autonomia differenziata e le altre notizie della giornata

Yemen USA ANSA

Il racconto della giornata di martedì 16 gennaio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. “Putin deve perdere, il 2024 deve essere l’anno della fine della guerra in Ucraina”: da Davos il presidente Zelensky sprona gli alleati, mentre la crisi in Medio Oriente si allarga e le prime ripercussioni sul commercio iniziano a vedersi. Domani in Aula entra nel vivo la discussione sull’Autonomia differenziata, la bandiera che Giorgia Meloni è disposta a concedere a Matteo Salvini in vista delle elezioni europee. In Veneto il consiglio regionale ha votato su una legge sul suicidio assistito scritta dall’associazione Coscioni e ha deciso di non approvarla.

La crisi in Medio Oriente si allarga

Si amplia la crisi in corso in Medio Oriente e si ampliano i fronti aperti. Oltre a Gaza, continuano gli scambi di raid tra Stati Uniti e gli Houti yemeniti nel Mar Rosso. Oggi poi, l’Iran ha attaccato la città di Erbil, nel Kurdistan iracheno, colpendo quelle che Teheran ha definito basi del Mossad israeliano.

(di Martina Stefanoni)

L’attacco iraniano è il primo rivendicato ufficialmente dalle guardie della rivoluzione iraniane. Teheran ha confermato di aver lanciato 24 missili ad Erbil, nel nord dell’Iraq, contro ciò che hanno definito “il quartier generale del Mossad” e contro la città di Idlib nel nord della Siria, contro una “base di gruppi terroristi come l’Isis”. Nel comunicato diffuso da Teheran, questo attacco è stato descritto come una ritorsione per l’attentato terrosistico di Kerman del 3 gennaio, rivendicato dall’Isis, dove sono morte 94 persone e per cui ci sono stati 35 arresti e che – secondo il regime iraniano – è stato guidato da Usa e Israele.

L’altro fronte che possiamo ormai definire aperto è quello del Mar Rosso. L’esercito statunitense ha effettuato oggi un nuovo attacco nello Yemen contro quattro missili balistici antinave Houthi. Secondo fonti americane citate da Reuters, i missili colpiti erano pronti ad attaccare le navi nella regione. L’attacco è avvenuto dopo che ieri le forze Houthi avevano colpito un mercantile americano con un missile balistico. Oggi poi il gruppo yemenita ha rivendicato l’attacco ad una nave mercantile greca che transitava nel Mar Rosso diretta verso Israele. Con un comunicato il gruppo ha detto che continuerà a colpire fino a quando continuerà l’aggressione israeliana a Gaza. Ovviamente questa situazione ha grandi ripercussioni sul commercio. Oggi il colosso petrolifero britannico Shell ha sospeso tutte le spedizioni attraverso il Mar Rosso a tempo indeterminato, mentre l’Unione Europea si è detta pronta a lanciare una missione navale UE contro gli Houthi.
In questo contesto quindi è sempre più alto il timore di un ulteriore allargamento del conflitto in tutta la regione. Ne abbiamo parlato con Eleonora Ardemagni, ricercatrice dell’ISPI ed esperta dell’area:

A Gaza intanto continuano i bombardamenti israeliani. I morti in 24 ore sono 158, oltre 24mila dal 7 ottobre. In queste ore l’esercito israeliano sta estendendo le proprie operazioni a Khan Yunis, principale città nel settore sud di Gaza. Oggi, secondo fonti locali, i militari hanno distribuito alla popolazione volantini in arabo in cui informano che il settore sud della città è adesso zona di guerra. Agli abitanti viene ordinato di spostarsi immediatamente più a sud, nella vicina città di Rafah, che però continua a sua volta ad essere bombardata. Sulla situazione a Gaza sentiamo la testimonianza di Enrico Vallaperta, referente medico MSF nella striscia:


 

L’appello di Zelensky da Davos agli alleati

“Nel 2024 la guerra in Ucraina deve finire, Putin deve perdere”: con queste parole il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, da Davos, ha spronato gli alleati a continuare a sostenere Kiev, rifiutando l’ipotesi di un congelamento del conflitto e tornando a chiedere aiuti militari: “Dobbiamo ottenere una superiorità aerea per l’Ucraina, possiamo farlo, i partner sanno ciò di cui abbiamo bisogno e quali quantità”, è stato il suo appello ai leader mondiali presenti al Forum. Zelensky è intervenuto per la prima volta al Forum economico mondiale. I leader riuniti in Svizzera, più di battere la Russia, sembrano più preoccupati a disinnescare la crisi nel Mar Rosso.
All’intervento di Zelensky è arrivata da Mosca la replica di Putin: “La Russia non si ritirerà dai territori conquistati in Ucraina”; gli ucraini si sono ritirati dai colloqui, il conflitto è “nelle mani dell’esercito russo”, che ora rischiano un colpo irreparabile” ha dichiarato il presidente russo all’agenzia Interfax.
 

L’autonomia differenziata arriva in Aula

(di Anna Bredice)

Bocciate le pregiudiziali di costituzionalità presentate dalle opposizioni. Domani si entra nel vivo della discussione sull’Autonomia differenziata, la bandiera che Giorgia Meloni è disposta a concedere a Matteo Salvini in vista delle elezioni europee, per non avere ostacoli da parte dell’alleato nell’approvazione del premierato. Una sorta di scambio sul quale per entrambi i casi aleggia un referendum: quello confermativo sui maggiori poteri del Presidente del Consiglio e quello sull’Autonomia, che oggi Giuseppe Conte ha evocato, parlando di una chiamata di coscienza dei cittadini, “i veri patrioti per l’Italia”. I leader dell’opposizione si sono ritrovati oggi in piazza al Pantheon, Elly Schlein, Conte, Fratoianni e Bonelli, per ora uniti contro questo progetto che rischia di aumentare ancora di più le diseguaglianze tra le regioni, soprattutto per le cure sanitarie. Oggi la fondazione Gimbe ha rivelato che nelle cure sanitarie c’è un divario crescente tra il Nord e il Sud, una migrazione costante dal Sud – Calabria, Campania, Lazio e Puglia – verso Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, per curarsi. Un fenomeno che è noto, ma che ora potrebbe diventare ancora più forte, perché l’opposizione non si fida delle garanzie sui livelli di prestazioni minime che Forza Italia e Fratelli d’Italia chiedono di inserire nella legge per non perdere troppi consensi al Sud, soprattutto Giorgia Meloni che i voti li prende tradizionalmente soprattutto al Sud. Ai sit-in organizzati in alcune città non c’è stata molta partecipazione, una presenza più ampia di politici e sindaci che di cittadini comuni, forse perché la battaglia contro il progetto è solo all’inizio. A Bari c’era il presidente dell’Anci Decaro che ha fatto una sorta di autocritica, puntando il dito verso la sinistra, “se non avessimo dato attuazione alla riforma del titolo V per inseguire la Lega, ha detto, non staremmo parlando di Autonomia differenziata”. E nel Pd c’è anche il tema Bonaccini: Schlein garantisce che tutto il partito è contro il progetto di legge di Calderoli, ma nel passato a favore di un’autonomia differenziata c’era anche il presidente dell’Emilia Romagna.

Il Veneto boccia la legge sul suicidio assistito

In Veneto il consiglio regionale ha votato su una legge sul suicidio assistito scritta dall’associazione Coscioni e ha deciso di non approvarla, spostando la discussione dall’aula dello stesso consiglio alle commissioni, e facendo diventare il testo di iniziativa popolare un provvedimento ordinario, con tempi quindi più lunghi. La legge avrebbe reso più facile applicare il verdetto su questo tema emesso nel 2019 dalla Corte Costituzionale, e sarebbe stata la prima di questo tipo in Italia. Il testo è stato appoggiato dal presidente leghista Zaia e da una parte del suo partito, ma gli alleati di Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno detto no. Diego Silvestri è tra i promotori del provvedimento e fa parte dell’associazione Coscioni:


 

Decine di dispersi nel Mediterraneo in poche ore

Le autorità della Tunisia dicono che stanno cercando un gruppo di 37 migranti che si era imbarcato verso l’Europa e di cui non si avrebbero più notizie da quasi una settimana. Altre 40 persone sono disperse da giorni dopo la partenza dalla Libia. Questo pomeriggio era stata diffusa notizia dell’interruzione delle ricerche da parte della Guardia Costiera italiana e dell’agenzia europea Frontex, ma poi è arrivata una smentita dalla stessa guardia costiera. Giorgia Linardi è portavoce della ong Seawatch:


 

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    Dopo 18 ore di fermo, Ayoub è libero. A Milano il presidio solidale

    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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    1) L’incubo di Gaza visto con gli occhi di una 23enne. In esteri la testimonianza da Deir el Balah: “Mi manca ballare e ridere con le amiche”. (Aya Ashour) 2) Washington potrebbe abbandonare gli sforzi per la pace in Ucraina. Marco Rubio da Parigi lancia un avvertimento che lascia più domande che risposte. (Emanuele Valenti) 3) Stati Uniti. Harvard dice no a Trump, lui congela i fondi. Lo scontro del presidente con le università americane è sempre più pericoloso. (Roberto Festa) 4) Un posto sicuro per la scienza. L’università di Marsiglia offre asilo accademico ai ricercatori in fuga dagli Stati Uniti. Quasi 300 fanno domanda in un mese. (Francesco Giorgini) 5) Messico, mentre il governo nega la responsabilità dello stato nelle sparizioni forzate, nel week end le famiglie dei desaparecidos si preparano alle giornate nazionali di ricerca delle persone scomparse. (Andrea Cegna) 6) Mondialità. La vittoria schiacciante di Daniel Noboa e la sconfitta del “Correismo” in Ecuador conferma i cambiamenti politici in corso in America Latina. (Alfredo Somoza)

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