Il racconto della giornata di martedì 14 marzo 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Un drone militare americano è precipitato nel Mar Nero dopo essere stato colpito da un jet russo. Secondo il Pentagono si tratta di un incidente, ma a causarlo è stata una manovra molto pericolosa condotta dall’aereo di mosca. Intanto nel Donbass continua la battaglia per Bakhmut, con la brigata Wagner che dice di controllare tutte le strade della città. Al Senato la destra boccia il regolamento europeo per il riconoscimento dei figli delle coppie gay, approvando una risoluzione contraria presentata da Fratelli d’Italia. Claudio Anastasio, alla guida della società pubblica 3-I, si è dimesso oggi dopo la pubblicazione di una mail inviata al CdA dell’azienda in cui aveva fatto un copia-incolla del discorso di Mussolini in Parlamento, quando rivendicò la responsabilità politica del delitto Matteotti. Oggi al Senato, in commissione Politiche europee, è stata bocciata la proposta di regolamento europeo per il riconoscimento dei diritti dei figli delle coppie gay.
Scontro tra un drone statunitense e un jet russo sul Mar Rosso
Poco fa un drone militare statunitense è precipitato nel Mar Nero dopo essere stato colpito da un jet russo. Stando a quanto dice il Pentagono, sembrerebbe trattarsi di un incidente, ma causato da una manovra dell’aereo russo ritenuta pericolosa e “poco professionale”. “Non sappiamo quale fosse l’intenzione dei russi, ma se il messaggio era quello di esercitare deterrenza contro i nostri sorvoli nello spazio aereo internazionale sul Mar Nero, è destinato a fallire”, ha detto il portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale John Kirby. Guido Olimpio, analista militare del Corriere della Sera:
Intanto sul campo, in Ucraina, continua la battaglia per Bakhmut. Secondo la Brigata Wagner, in prima linea sul fronte orientale, le forze russe controllano tutte le strade asfaltate della città e oggi il fondatore e comandante della milizia Prigozhin ha postato sui social immagini che li mostrano dentro l’impianto industriale Azom di Bakhmut, usato dall’esercito ucraino come quartier generale e per i rifornimenti.
Zelensky oggi ha ribadito l’importanza della difesa della città – che quindi continuerà – specificando il valore non solo simbolico di Bakhmut, ma anche strategico, per l’equilibrio di tutto il fronte orientale.
L’inchiesta del Washington Post sulle ingenti perdite da parte ucraina
Un’inchiesta del Washington Post mostra come le ingenti perdite anche da parte ucraina mettano a rischio la tenuta dell’esercito e la sua capacità di organizzare una controffensiva primaverile.
(di Martina Stefanoni)
Un anno di guerra pesa. E pesa anche sull’esercito ucraino, che per mesi è stato considerato il vero vantaggio di Kiev sulla Russia. Secondo l’inchiesta del Washington post le perdite subite dall’esercito ucraino sono significative, fino a 120.000 morti e feriti, rispetto ai 200.000 russi, nonostante Kiev tenda a tenere nascosti i numeri delle sue vittime.
Al di là dei numeri, però, il risultato è un afflusso di reclute inesperte, portate in battaglia per tamponare le perdite, e questo ha cambiato il profilo delle forze ucraine, che – in più – soffrono anche di una carenza di munizioni, compresi i proiettili d’artiglieria e le bombe da mortaio. In questo contesto, l’umore dei soldati è cupo. Un comandante di battaglione della 46ma Brigata ucraina d’assalto aereo, identificato con il nome di battaglia Kupol, ha detto al Washington post che a causa delle gravi perdite di personale militare, ora sul campo di battaglia ci sono “solo pochi soldati con esperienza di combattimento”. E ha spiegato che dopo dopo un anno di guerra il suo battaglione è irriconoscibile: su 500 soldati, circa 100 sono stati uccisi in azione e altri 400 sono stati feriti, con un conseguente ricambio totale. Kupol ha detto di essere l’unico militare professionista del battaglione e ha descritto la fatica di guidare un’unità composta interamente da truppe inesperte.
In questo contesto, alcuni funzionari ucraini mettono in dubbio la prontezza di Kiev nell’organizzare la controffensiva di primavera e – a questo punto – anche sull’ostinata difesa di Bakhmut, si iniziano a sollevare alcune critiche.
Le nomine delle aziende partecipate e il caso di Claudio Anastasio
(di Anna Bredice)
Sulle nomine delle aziende partecipate pubbliche Giorgia Meloni vorrebbe avere l’ultima parola. Nei giorni scorsi, ad esempio, aveva promesso che almeno una donna sarebbe andata alla guida di una azienda pubblica, così come per l’Eni non vorrebbe rinunciare all’attuale presidente Descalzi, nonostante i pareri forse discordi degli alleati. Quindi non ci sono nomine che non abbiano il suo consenso o che non partano direttamente e solo da lei. Infatti sembrerebbe che proprio Meloni abbia fortemente voluto a dicembre Claudio Anastasio presidente della 3-I, non una azienda qualsiasi. È la società interamente pubblica che gestisce e sviluppa i servizi informatici di Inps, Inail, Istat e altre ancora. C’è da dire che pochi minuti dopo che la sua e mail è apparsa sui giornali Anastasio si è dimesso, oppure fatto dimettere immediatamente da Palazzo Chigi. Del resto, era decisamente difficile equivocare o minimizzare un testo che era il copia-incolla del discorso di Mussolini in Parlamento quando rivendicò la responsabilità politica del delitto Matteotti, iniziando di fatto da quel momento la dittatura fascista.
Non era possibile dare come sempre la colpa ai giornali, proteggendo come ha fatto finora tutte le persone a lei più vicine come Donzelli e Del Mastro. Questa volta Anastasio, entrato in Fratelli d’Italia sponsorizzato da una lunga amicizia con la pronipote del Duce, non era difendibile. Bisogna ora chiedersi con quale criterio Meloni farà le nuove nomine attese per maggio, a cominciare da Leonardo e poi forse anche la Rai, visto che dopo il caos Sanremo ha voluto incontrare l’ad Fuortes e poi Inps, visto che a maggio scade l’incarico di Tridico ed Eni. Se sarà il criterio della fedeltà di destra, anche estrema, o della competenza.
Al Senato la destra boccia il regolamento europeo per il riconoscimento dei figli delle coppie gay
Oggi al Senato, in commissione Politiche europee, è stata bocciata la proposta di regolamento europeo per il riconoscimento dei diritti dei figli delle coppie gay. A bocciarla è stata la destra che ha fatto approvare una sua risoluzione di maggioranza a firma Fratelli d’Italia, contraria alla proposta di regolamento europeo. Dure le critiche delle opposizioni PD, M5S e Alleanza Verdi – Sinistra che parlano di attacco inaudito ai diritti dei minori, di brutto giorno per la democrazia e di inaccettabile discriminazione. Alessandro Zan, parlamentare del PD:
Sale a 81 il numero delle vittime del naufragio di Cutro
A Cutro sono state recuperati oggi i corpi di altre due vittime del naufragio dello scorso 26 febbraio. Il numero di morti accertati è salito quindi a 81. 7 di loro non sono ancora stati identificati. Le ricerche in mare continuano, perché all’appello mancano ancora almeno 21 persone, sei delle quali bambini.
Intanto domani il decreto legge Migranti approvato a Cutro dal governo italiano verrà incardinato in commissione Affari Costituzionali del Senato, mentre le audizioni inizieranno martedì prossimo.
A livello europeo Ursula von der Leyen ha fatto sapere che oggi la Commissione Europea ha adottato nuove iniziative per quella che viene definita “la gestione integrata delle frontiere europee esterne”. I progressi, ha continuato Von der Leyen, saranno presentati la prossima settimana al Consiglio Europeo, dove si riuniscono i capi di stato dei paesi membri.
In occasione della riunione della Commissione, la Commissaria agli Interni Ylva Johansson ha presentato una raccomandazione sui rimpatri, annunciando che le lacune nel sistema saranno sanate, e che con le nuove misure chi ha ricevuto un ordine di espulsione non potrà sottrarsi.
Cosa prevede la direttiva europea Case Green
Il Parlamento europeo ha approvato oggi la direttiva case green. È solo il primo passo dell’iter. Manca infatti ancora la fase di negoziati tra istituzioni europee che porterà al testo definitivo, ma è un importante passo avanti per questo discusso provvedimento, il cui obiettivo è migliorare l’efficienza energetica degli edifici di tutta Europa.
(di Sara Milanese)
Classe energetica e entro il 2030, classe energetica d entro il 2033: a spaventare la Confedilizia e a far gridare all’obiettivo irraggiungibile il governo italiano sono questi due obiettivi per gli edifici residenziali , messi nero su bianco dalla direttiva sulla Prestazione Energetica degli Edifici, ribattezzata Case green, approvata oggi in prima lettura dall’Eurocamera.
Obiettivo della norma è agire sul 15% degli edifici più energivori, nella consapevolezza che in tutta l’Unione gli immobili sono responsabili del 36% delle emissioni di gas serra e del 40% del consumo energetico. In Italia però contro la direttiva si è sollevato un coro di no.
Secondo Confedilizia e Ance (Associazione nazionale costruttori) i tempi previsti sono troppo stretti: in Italia 11 milioni di case, il 74% delle abitazioni, sono in una classe energetica inferiore alla D.
Il governo italiano compatto grida all’utopia, denuncia fin d’ora effetti perversi come l’aumento dei costi per le ristrutturazioni, afferma che la direttiva si tradurrà in una patrimoniale per i cittadini italiani ed europea. Sorvola, l’esecutivo italiano, sul fatto che la direttiva italiana prevede deroghe per edifici storici, di interesse architettonico, luoghi di culto, seconde case, piccoli appartamenti. E che prevede la possibilità per ogni stato di contrattare ulteriori eccezioni.
I sostenitori della direttiva, a livello europeo ed italiano, rispondono che invece la norma creerà occupazione e che aiuterà proprio quelle fasce di popolazione colpite dalla povertà energetica, quelle cioè che non riescono a pagare luce e gas. Non citano però, il fatto che al provvedimento manchi ancora una ancora una gamba: quella dei finanziamenti.
La Lega è uno dei principali detrattori del provvedimento sulle case green: “La casa non si tocca” ha detto il ministro dei Trasporti e vicepremier Matteo Salvini, che ha promesso di bloccare quella che ha definito come “l’ennesima imposizione di Bruxelles contro il patrimonio immobiliare e culturale dell’Italia”.