Approfondimenti

Il discorso di Putin alla Russia, i bombardamenti su Odessa e Mariupol e le altre notizie della giornata

Putin - 9 maggio -Mosca (ANSA)

Il racconto della giornata di lunedì 9 maggio 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Nel 75esimo giorno di guerra in Ucraina, a Mosca e in altre città russe si sono tenuti i festeggiamenti per l’anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista durante la seconda guerra mondiale. Negli ultimi giorni si è delineata una nuova strategia di Mosca, che sta colpendo sistematicamente le infrastrutture ucraine. Non una di meno ha raccolto centinaia di racconti di molestie, palpeggiamenti, aggressioni tentate o realizzate, insulti, volgarità, invasioni dell’intimità e dei corpi di donne avvenuti durante l’adunata degli Alpini a Rimini. È morto a 49 anni Walter De Benedetto: era uno dei malati simbolo della battaglia per la liberalizzazione della cannabis a scopo terapeutico. Malato da anni di grave forma di artrite reumatoide, utilizzava la marijuana coltivata in casa per alleviare il proprio dolore fisico. Il 9 maggio 1978 a Cinisi, Palermo, veniva ritrovato il corpo di Peppino Impastato. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

Il discorso di Putin alla parata del 9 maggio

Nel 75esimo giorno di guerra in Ucraina, a Mosca e in altre città russe si sono tenuti i festeggiamenti per l’anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista durante la seconda guerra mondiale. Un giorno molto atteso da tutta la comunità internazionale, per la portata simbolica che questa parata ha assunto sotto la presidenza Putin e – in particolare – dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Come da tradizione Putin ha tenuto un discorso alla nazione, parlando prima della parata dalla Piazza Rossa.

Russia, soldati, patria e sicurezza sono le parole pronunciate più volte dal presidente russo Putin durante il suo discorso. Un discorso, come dicevamo, atteso con grande preoccupazione e sul quale nei giorni passati erano state fatte diverse ipotesi, che lo vedevano come un possibile momento di svolta, che di fatto, però, non c’è stata.

(di Martina Stefanoni)

“Oggi difendiamo ciò per cui hanno combattuto i nostri padri”. Vladimir Putin, nel suo discorso ha paragonato gli eroi della seconda guerra mondiale, agli eroi che combattono adesso in Ucraina, senza però mai nominarla, parlando sempre e solo di Donbass. Ed è forse nelle parole non pronunciate, che risiede la parte più interessante del discorso. Il presidente Russo innanzitutto non ha annunciato un’escalation, ha differenza di ciò che le indiscrezioni avevano ipotizzato nei giorni scorsi. Non ha parlato di guerra in Ucraina, né di guerra totale. Ha continuato a riferirsi a quello che succede al di là del confine russo con l’espressione “operazione militare speciale”. Non ha parlato nemmeno di nucleare. Non solo non ha mai pronunciato la parola, ma anche l’annunciata esibizione del cosiddetto “aereo dell’apocalisse”, da dove Putin guiderebbe il paese in caso di guerra nucleare, non c’è stata. Così come è stata annullata la parata aerea che doveva sorvolare la piazza Rossa in formazione di Z. La scusa ufficiale è stata “a causa delle condizioni meteorologiche”, ma è una scusa un po’ instabile, anche perché il cielo azzurro sopra Mosca l’ha visto tutto il mondo.
Nel discorso è stata ribadita la natura difensiva – in ottica russa – dell’invasione ucraina. Ancora una volta è stata accusata la Nato di aver pianificato “azioni punitive” in Donbass e quindi, per Mosca agire era inevitabile. Niente di nuovo dunque, discorsi già sentiti in queste settimane. Putin, nel giorno della vittoria, non ha aveva vittorie da presentare alla popolazione. Ciò che poteva fare era cercare di mantenere i russi dalla sua parte, perché – e questa è l’unica cosa che sembra chiara dopo la giornata di oggi – la guerra, comunque, continua.

Il discorso di Putin però, oltre ad essere stato seguito con attenzione dalla comunità internazionale, era rivolto soprattutto all’interno, alla popolazione russa. Su questo aspetto, abbiamo sentito Mattia Bagnoli, per anni corrispondente dell’ansa da Mosca e autore del libro “Modello Putin”.

Il cambio di strategia di Mosca

L’offensiva russa in Ucraina continua. Nel Donbass anche oggi sono state segnalate diverse esplosioni, soprattutto nella regione di Lugansk, mentre è ripreso l’attacco all’acciaieria di Mariupol, dopo che l’operazione di evacuazione dei civili si è conclusa. Anche a Odessa oggi sono risuonate le sirene, che hanno costretto il presidente del parlamento Europeo Charles Michel a nascondersi in un rifugio. In generale, però, l’avanzata russa rimane comunque piuttosto lenta. Negli ultimi giorni, però, si è delineata una nuova strategia di Mosca, che sta colpendo sistematicamente le infrastrutture ucraine, come ci ha confermato da Kharkiv anche il nostro collaboratore Sabato Angieri.

 

Centinaia di segnalazioni di molestie all’adunata degli Alpini di Rimini

(di Chiara Ronzani)

“Il battaglione Aosta sta sempre sulle cime, ma quando scende a valle, attente ragazzine” – è uno slogan risuonato per le strade di Rimini, distillato della cultura sessista e militarista da cui originano gli atti di molestia e violenza ai danni delle donne.
Uomini che hanno bisogno di dimostrare agli altri uomini la propria virilità comportandosi come inarrestabili predatori affamati di sesso.
Questi uomini sono anche Alpini. Il corpo militare conosciuto per il volontariato, per gli interventi di protezione civile, amato e quindi intoccabile.
Negli ultimi anni, grazie ai social la narrazione si è inceppata e si sono potute levare delle voci. Basta scorrere Twitter o leggere su Instagram le testimonianze raccolte da Non una di meno. Sono centinaia di racconti di nauseanti molestie, palpeggiamenti, aggressioni tentate o realizzate, insulti, volgarità, invasioni dell’intimità e dei corpi di donne che avevano la sola colpa di lavorare o abitare in città.
Nei commenti alle testimonianze, la prova che non si è trattata della prima volta. Donne di Piacenza, Bolzano, Latina, Milano, Torino, Catania, Trento, raccontano di aver subito le medesime umiliazioni nelle proprie città.
Che migliaia di uomini, talvolta ubriachi, agiscano comportamenti sessisti è ben noto agli organizzatori, che in un decalogo dell’adunata riservano un paragrafo al (testuale) “Rispetto per il gentil sesso. Comportarsi male con loro, unito a sguaiataggini varie, trasforma l’adunata in un baccanale”.
Parole che la dicono lunga sul giudizio nei confronti delle molestie e sul rispetto del dolore di chi le subisce. Tanto è vero che la difesa scattata alla notizia della presa di parola sui social è stata la minimizzazione e la teoria delle poche mele marce.
Persino la vicesindaca di Rimini Chiara Bellini ha difeso il corpo, condannando gli atti ma non gli attori e accusando velatamente le donne di non essersi rivolte alle autorità per denunciare, ma di aver parlato solo sui social.
Criminalizzare gli Alpini in blocco non ha senso, interrogarsi sul perché uomini in occasioni di gruppo agiscano sistematicamente violenze sulle donne, senza che gli altri uomini, quelli che mele marce non sono, non li fermino, dovrebbe essere una priorità.

È morto Walter De Benedetto, uno dei malati simbolo della battaglia per la liberalizzazione della cannabis

È morto a 49 anni Walter De Benedetto: era uno dei malati simbolo della battaglia per la liberalizzazione della cannabis a scopo terapeutico. Malato da anni di grave forma di artrite reumatoide, utilizzava la marijuana coltivata in casa per alleviare il proprio dolore fisico. E ne aveva fatto, insieme all’Associazione Coscioni e ai Radicali, una battaglia politica. Era finito anche sotto processo per la coltivazione – vietata dalla legge italiana – ma era stato assolto un anno fa, nell’aprile 2021.
Aveva seguito, negli ultimi mesi, il tentativo di arrivare al referendum per la liberalizzazione, poi bocciato dalla corte costituzionale. Ora chiedeva una legge, a partire dalla proposta che già c’è in commissione giustizia della Camera.

Ecco il suo ultimo appello pubblicato dal sito dell’Associazione Coscioni

Riccardo Magi, deputato e presidente di +Europa è primo firmatario delle proposta di legge ora in parlamento

44 anni fa l’assassinio di Peppino Impastato

9 maggio 1978: due fatti che hanno segnato la storia d’Italia. A Roma venne ritrovato il corpo di Aldo Moro. Nel portabagagli di una Renault rossa che le Brigate Rosse avevano parcheggiato in via Caetani, a metà strada tra le sedi della Dc e del Pci. Si concludeva così quello che era iniziato il 16 marzo con il rapimento del presidente della Dc e la strage di via Fani.
Lo stesso giorno a Cinisi, Palermo, veniva ritrovato il corpo di Peppino Impastato.
Dopo aver fondato Radio Aut, emittente libera attraverso cui sbeffeggiava e denunciava delitti e affari mafiosi di Cinisi e Terrasini, soprattutto del capomafia Gaetano Badalamenti, quello stesso anno si era appena candidato alle elezioni comunali nella lista di Democrazia Proletaria. Inizialmente il delitto venne etichettato come un atto terroristico finito male, di cui lo stesso Peppino sarebbe stato autore e vittima. Nel 2002 venne condannato come esecutore dell’omicidio il mafioso Salvatore Palazzolo e come mandante proprio il boss Badalamenti.

Claudio Fava, presidente commissione antimafia siciliana

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono stati i buoni pasto: “Abbiamo chiesto 1,50 euro in più, non la luna, ma l’azienda ci ha detto di volerli spalmare sui prossimi tre anni”. Il caro-vita però non aspetta e insieme ad altre questioni come il premio di risultato insufficiente, i ritmi di lavoro e il clima interno hanno portato a uno stallo nelle trattative per il rinnovo del contratto e a questa giornata di sciopero nazionale. Secondo i delegati in piazza l’adesione è stata dell’80% negli store più grandi e del 70% in quelli più piccoli. Il gruppo Feltrinelli ha ribadito la sua posizione: “Siamo aperti a proseguire la negoziazione con l’obiettivo di giungere a una soluzione condivisa e sostenibile sulle questioni ancora aperte”. Oggi ci sono stati una decina di presidi in altrettante città italiane convocati da Cgil, Cisl e Uil di categoria, noi siamo stati a quello di Milano, dove la manifestazione fuori dalla Fondazione Feltrinelli in via Pasubio è diventata un corteo fino agli uffici Feltrinelli di via Quadrio. Le interviste sono di Roberto Maggioni.

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