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Il devastante terremoto in Turchia e Siria, le preoccupazioni di Salvini e Berlusconi e le altre notizie della giornata

Terremoto Siria Turchia ANSA

Il racconto della giornata di lunedì 6 febbraio 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. La scorsa notte l’area al confine fra Turchia e Siria è stata colpita da una scossa di magnitudo 7.8 che ha fatto collassare migliaia di edifici ed è stata seguita da una serie di altri sismi. Dalla quantità di volte in cui la Lega di Salvini si affanna ad assicurare che le regionali non sono un problema per il governo, si capisce che invece la preoccupazione è proprio questa. Ed è la stessa preoccupazione di Silvio Berlusconi. Ha attraccato nel pomeriggio al porto di Napoli la nave umanitaria Sea Eye 4, dell’omonima ong tedesca. A bordo 106 persone, tra i quali alcuni bambini subito trasportati in ospedale per cure urgenti. I tempi per l’avvio di quella che si pensava sarebbe stata un’offensiva di primavera si stanno accorciando: le operazioni militari di Mosca potrebbero iniziare già entro una decina di giorni. Intanto la Rai ha ufficializzato che Zelensky non sarà in video a Sanremo, ma Amadeus leggerà una sua lettera: si chiude così, con il tipico compromesso all’italiana, la vicenda che ha suscitato tante polemiche.

Migliaia di vittime per il violento terremoto al confine tra Turchia e Siria

Un terremoto devastante, con migliaia di vittime già accertate e il loro numero che continua a salire di ora in ora. La scorsa notte l’area al confine fra Turchia e Siria è stata colpita da una scossa di magnitudo 7.8 che ha fatto collassare migliaia di edifici ed è stata seguita da una serie di altri sismi, più deboli ma in alcuni casi comunque potenti, che hanno continuato a causare crolli mentre erano in corso le ricerche – e lo sono ancora – delle persone rimaste sotto le macerie. L’ultimo aggiornamento dei dati ufficiali parla di oltre 2.650 vittime accertate, di cui circa 1.650 in Turchia e 1.000 in Siria. Numeri destinati ad aumentare: l’Organizzazione mondiale della sanità stima che alla fine i morti potrebbero essere otto volte di più rispetto alle stime iniziali. La scossa più forte è stata in piena notte e in pieno inverno, quando le persone dormivano dentro gli edifici. Nelle ore successive il sisma più potente è stato di magnitudo 7.5, a metà mattina, ma nel complesso ci sono state decine di terremoti, che hanno colpito anche zone già devastate da anni di guerra. Lava è una ragazza che vive nella città siriana di Raqqa e collabora con l’associazione “Un ponte per”:

In Turchia poco fa il presidente Erdogan ha dichiarato una settimana di lutto nazionale. Alcune ore prima aveva definito il terremoto come il disastro peggiore che ha colpito il paese dal 1939, quando un sisma di magnitudo 7.6 causò circa 33mila vittime. Ad Ankara abbiamo sentito Valeria Giannotta, professoressa universitaria e direttrice scientifica dell’osservatorio Turchia del Cespi:

A livello internazionale in queste ore continuano a venire annunciati aiuti verso Turchia e Siria, dai paesi vicini come Israele fino all’Unione Europea – che stasera organizzerà un coordinamento – e alle Nazioni Unite. Da capire quali saranno i tempi di questi interventi, quanto saranno efficaci. In vista delle prossime ore – oltre alle nuove scosse che potrebbero arrivare – c’è preoccupazione per le condizioni meteo, dato che nelle zone colpite sono previste forti piogge e nevicate, che rischiano di complicare il lavoro del personale di soccorso e di rendere la situazione ancora più dura per chi è rimasto senza casa. In termini di potenza il terremoto della scorsa notte è stato paragonato all’equivalente di 130 bombe atomiche. Sulle caratteristiche della scossa più devastante abbiamo intervistato Alessandro Amato, sismologo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia:


 

I timori di Salvini e Berlusconi con l’avvicinarsi delle regionali

(di Anna Bredice)

Dalla quantità di volte in cui la Lega si affanna ad assicurare che le regionali non sono un problema per il governo, si capisce che invece la preoccupazione è proprio questa. E cioè che il risultato delle elezioni regionali del prossimo fine settimana confermino il dominio di Fratelli d’Italia all’interno della coalizione che negli ultimi mesi non ha più nulla di centro, ma molto di destra. È il primo voto da quando c’è il governo Meloni, quindi il primo riscontro reale a cento giorni dall’insediamento, soprattutto in due regioni importanti, Lazio e Lombardia, quest’ultima terra di provenienza sia di Berlusconi che di Salvini, i quali ora temono di uscire ancora più sconfitti di quanto lo sono stati a settembre. Salvini per due volte oggi ha ribadito che il governo è unito e che farà i suoi cinque anni a Palazzo Chigi, anche qui una ripetizione che nasconde invece la paura, il timore che nemmeno quel regalo che gli ha fatto Giorgia Meloni di un primo via libera all’autonomia differenziata possa far recuperare i voti perduti. E Giorgia Meloni si comporta come se avesse già una grande vittoria in tasca, certa che il suo elettorato non lo ha perso, anzi magari ne ha guadagnati ancora, in particolare nella sua regione, nel Lazio, dove la strada le appare in discesa, viste le opposizioni divise al voto. È qui che rivendica e mostra la sua vera indole, quella di una destra aggressiva, che assomiglia di più al comizio di Vox che alla leader di Palazzo Chigi che vuole rassicurare tutti. Tono rivendicativo, a tratti aggressivo, parlata romanesca, nei comizi per il suo candidato Rocca è il capo partito che vuole prendersi tutto, quasi indifferente agli effetti che una sconfitta di Forza Italia e Lega potrà avere sul governo e sui suoi equilibri.

La nave umanitaria Sea Eye 4 arriva a Napoli con 106 persone

Ha attraccato nel pomeriggio al porto di Napoli la nave umanitaria Sea Eye 4, dell’omonima ong tedesca. A bordo 106 persone, tra i quali alcuni bambini subito trasportati in ospedale per cure urgenti. Nella traversata tre migranti sono morti, due prima del salvataggio e uno stanotte, dopo un’evacuazione medica.
A Pozzallo, in Sicilia, è arrivato autonomamente un barcone con a bordo 300 persone: “È l’ennesimo episodio”, ha commentato il sindaco di Pozzallo Roberto Ammatuna, “che dimostra che non sono le ong la causa dell’aumento del numero degli sbarchi, ma bensì la complessa e difficile situazione internazionale”.
Situazione a cui l’Europa, e l’Italia, risponde equipaggiando e armando la cosiddetta guardia costiera libica: sono 130mila le persone intercettate in mare e riportate nei campi libici dal 2017 a oggi. Oggi ad Adria si è svolta la “cerimonia di consegna” di una nuova motovedetta, alla presenza della Ministra degli Esteri di Tripoli. Fare i conti di quanto è costata, dalla firma del memorandum di Minniti a oggi, l’esternalizzazione della frontiera sud dell’europa non è semplice: i contratti sono poco trasparenti e dati ufficiali non ce ne sono. Duccio Facchini è il direttore di Altreconomia:


 

Mosca potrebbe anticipare l’offensiva prevista per la primavera

I tempi per l’avvio di quella che si pensava sarebbe stata un’offensiva di primavera si stanno accorciando: le operazioni militari di Mosca potrebbero iniziare già entro una decina di giorni, scrive oggi il Financial Times citando funzionari ucraini. Il governatore della regione di Donetsk ha dichiarato oggi che nel Donbass la Russia sta ammassando truppe. Nel frattempo continuano i bombardamenti, mentre oggi è arrivato in Polonia il primo carro armato leopard canadese. A quasi un anno dall’inizio della guerra è intervenuto il segretario generale dell’ONU: “Le possibilità di un’ulteriore escalation e spargimento di sangue continuano a crescere, ha detto. Temo che il mondo stia camminando verso una guerra più ampia non come un sonnambulo, ma con gli occhi ben aperti”.
 

Zelensky non sarà in video a Sanremo

Volodimir Zelensky non sarà in video a Sanremo. Amadeus leggerà una sua lettera. Si chiude così, con il tipico compromesso all’italiana, la vicenda che ha suscitato tante polemiche. Iniziata con l’annuncio di Bruno Vespa di una richiesta informale da parte del presidente ucraino di mandare un messaggio agli italiani in occasione del Festival della Canzone, un evento musicale che ha sempre avuto seguito nei paesi che formavano l’Unione Sovietica. Appena uscita la notizia, un fuoco di fila é iniziato contro la sua presenza. Per motivi diversi, ma con una contrarietà comune, molti politici e intellettuali hanno detto no. Si va da coloro che storicamente sono stati vicini alla Russia di Putin come Salvini e Di Battista e si arriva a coloro che invece hanno detto di non spettacolarizzare la guerra come ha fatto, per esempio Cuperlo. Il quotidiano della Cei Avvenire invece ha chiesto la par condicio: parole di pace da ucraini e russi. Alla fine è intervenuto il Cda della Rai che una settimana fa ha deciso così di prendete in mano la patata bollente e metterla però subito dopo nelle mani di Stefano Colletta, il direttore dell’intrattenimento Rai, al quale è stato chiesto di visionare il video di Zelensky prima che andasse in onda nella serata finale di Sanremo. Una procedura da anni ’50, una sorta di censura preventiva di Viale Mazzini nei confronti di un capo di stato. È stato a questo punto che la vicenda ha assunto i contorni di un pasticcio politico e diplomatico dannoso per tutti: per la Rai, per il governo italiano e in fondo per lo stesso Zelensky, il quale, probabilmente, non era consapevole del fatto che il solo annuncio del suo intervento avrebbe suscitato tante polemiche in un paese formalmente schierato con l’Ucraina nella guerra contro la Russia. Pasticcio risolto oggi con la trasformazione del video in una testo che sarà letto da Amadeus. Decisione, dicono i dirigenti Rai, presa dallo stesso Zelensky e comunicata dall’ambasciata ucraina a Roma il 2 febbraio.

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