Il racconto della giornata di lunedì 28 novembre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. A Ischia si cercano le quattro persone ancora disperse dopo la frana di sabato nel comune di Casamicciola, mentre la procura di Napoli indaga per accertare innanzitutto se le case travolte dalla frana erano abusive e se c’erano degli ordini di demolizione per quelle abitazioni. Le sorprese che arrivano dall’ultima bozza della manovra finanziaria non sono buone, dalle novità sulla tassa sugli extraprofitti ad Opzione Donna per il pensionamento anticipato, ma le brutte sorprese potrebbero non finire qui perché mancano ancora le coperture per 11 miliardi di euro. Matteo Salvini, intanto, ha una nuova ossessione: intervenire sul codice degli appalti e renderlo più snello e veloce.
La Procura di Napoli indaga sulle abitazioni travolte a Ischia
A Ischia si cercano le quattro persone ancora disperse dopo la frana di sabato nel comune di Casamicciola. Le vittime accertate finora sono otto: l’ultimo corpo – quello di un ragazzo di 15 anni – è stato recuperato stamattina. Il personale di soccorso lavora anche per cercare di mettere in sicurezza l’area: sulla zona tra domani e mercoledì sono possibili nuove piogge, ma al momento non c’è un’allerta meteo ufficiale come quella arancione diffusa prima del disastro. Mattia Guastafierro ha intervistato Filippo Cappotto, vicepresidente del Consiglio nazionale dei geologi:
A livello giudiziario la procura di Napoli indaga per accertare innanzitutto se le case travolte dalla frana erano abusive e se c’erano degli ordini di demolizione per quelle abitazioni. Oggi un ex sindaco di Casamicciola ha denunciato di aver segnalato più volte i rischi per la popolazione e di averlo fatto anche pochi giorni prima della frana, con una mail inviata a prefetto e sindaco di Napoli, al commissario prefettizio di Casamicciola e alla protezione civile regionale. Su quello che è successo a Ischia e sulla tutela del territorio sentiamo Dario Vassallo, fratello di Angelo, il sindaco ambientalista ucciso nel 2010 nel Comune campano di Pollica:
Il dibattito politico cerca i responsabili della tragedia di Casamicciola
A livello nazionale il dibattito politico si concentra sulle responsabilità, con polemiche anche interne alla maggioranza di governo.
(di Anna Bredice)
Il governo punta il dito sui sindaci: una specie di scaricabarile per un fenomeno, quello dell’abusivismo, che da decenni ha tanti colpevoli e mentre ancora si scava la tragedia di Ischia diventa una polemica anche tra ministri dello stesso governo, con il rischio – voluto o no – di togliere i riflettori dai tanti responsabili del dissesto del territorio. Il ministro dell’ambiente Pichetto Fratin accusa i sindaci del mancato intervento sull’abusivismo: “Basterebbe mettere in galera loro e tutti quelli che lasciano fare”, ha detto. Un’accusa con termini forti e definiti volgari dall’Anci, l’associazione dei sindaci, che non ci stanno a essere il capro espiatorio di una serie di mancanze legislative, di condoni e sanatorie che poi portano il territorio a franare con vittime e distruzione.
Le parole del Ministro dell’Ambiente sono state respinte da Salvini, che da ex Ministro dell’Interno e ora delle Infrastrutture sembra continuamente cercare la ribalta, anche su questa vicenda. “Qualcuno vuole arrestare i sindaci, io voglio proteggerli e liberarli”, dice Salvini riferendosi a una semplificazione nel codice degli appalti e forse a quella proposta di Giorgia Meloni di qualche giorno fa di rivedere l’abuso d’ufficio per gli amministratori locali: “La paura della firma li blocca”, aveva detto all’assemblea dell’Anci, creando un grande consenso tra i sindaci. Ma Meloni ora tace su questo tema. Fratelli d’Italia non ha fatto solo opposizione in questi anni: c’erano anche i voti del partito di Giorgia Meloni quando si approvò, durante il governo Conte I nel 2018, il “decreto Genova”, nel quale Di Maio cercò e ottenne di inserire anche il condono per le case di Ischia. Solo il PD e LeU votarono contro.
L’ossessione di Salvini per il codice degli appalti
Oggi Salvini è intervenuto sia sul tema dell’abusivismo – in difesa dei Comuni – sia su un’altra questione, quella del codice degli appalti.
(di Michele Migone)
Matteo Salvini ha un’ossessione: intervenire sul codice degli appalti. Renderlo più snello e veloce, come ha detto. Lo ha ripetuto due volte in pochi giorni in due convegni organizzati da associazioni d’impresa. Oggi ha promesso che lo porterà in Consiglio dei Ministri entro pochi giorni. E non importa che mi accusino di voler agevolare corruttori e malaffare, è il refrain del Ministro delle Infrastrutture. Sfoltire le norme che regolano e controllano gli appalti sembra essere diventata la sua missione. O meglio, in questo momento sembra essere l’ultima bandiera che il leader leghista può impugnare dopo che il duo Meloni – Piantedosi gli ha portato via anche quella della lotta contro i migranti e le Ong.
Salvini lancia il suo messaggio di deregulation alle imprese nel tentativo di recuperare consenso tra il ceto produttivo del nord, rassicurare gli amministratori locali leghisti e spianare la strada a procedure meno stringenti per i cantieri del PNRR. E nella sua mente anche per quelli del Ponte sullo Stretto, operazione sulla quale il governo Meloni e Salvini in particolare avrebbero deciso di puntare. Tanto che nella manovra economica è stata inserita la norma che riattiva la società Ponte Stretto SpA e gli eurodeputati di Fratelli d’Italia hanno scritto al presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Layen per chiederle di inserire il Ponte tra le opere prioritarie per lo sviluppo delle infrastrutture europee.
Salvini accelera sulle modifiche al codice degli appalti, mentre invece, secondo alcune indiscrezioni, Giorgia Meloni frenerebbe. L’Europa vuole norme e garanzie di controllo in cambio dei miliardi di euro del PNRR e una deregulation eccessiva potrebbe essere un problema per l’esecutivo. Ma anche in questo caso non si comprende quanto Giorgia Meloni guardi al merito della questione o più semplicemente voglia evitare che Salvini emerga come protagonista politico della vicenda. La presidente del consiglio è un po’ ambigua. Se si pensa al tetto del contante, i messaggi lanciati da questo governo non sono rassicuranti.
L’ultima bozza della manovra finanziaria rivela coperture mancanti per 11 miliardi
(di Massimo Alberti)
Le sorprese che arrivano dall’ultima bozza non sono buone. E sono in particolare due. La tassa sugli extraprofitti sarebbe estremamente ridimensionata. Alzata sì al 50%, ma sul reddito 2022 che eccede per almeno il 10% la media dei redditi 2018-21. Riguarda 7.000 aziende e varrebbe circa 2 miliardi e mezzo. Per avere un paragone, le stime sulla tassa di Draghi erano oltre 10 miliardi, anche se per la pessima scrittura del testo ne fece entrare solo uno. Sembra che gli oltre 50 miliardi incassati dalle imprese energetiche con l’aumento dei prezzi, lo Stato non li voglia proprio.
L’altra brutta sorpresa arriva su Opzione Donna. Non solo è confermato l’innalzamento a 60 anni, con un anno di sconto per ogni figlio fino a 2. Ma solo a certe condizioni: donne con invalidità civile oltre il 74%, o che assistono parenti con handicap, lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese con aperto un tavoli di crisi per le quali, bontà del governo, la soglia è comunque a 58 anni.
Nel complesso sulle pensioni, cavallo di battaglia leghista ma non solo, di fatto l’età si alza non solo per le donne, ma nel complesso. Quota 103 infatti sarà accessibile a chi è nato nel 59, 60 o 61 e ha iniziato a lavorare entro il 1982. Sono otto finestre per gli uomini, 5 per le donne. Per gli altri si creeranno nuovi scalini, anche di 3 anni.
E le brutte sorprese potrebbero non finire qui, in attesa di capire dove il governo prenderà gli 11 miliardi mancanti, tra tagli ed entrate, per coprire le spese. Capitoli ancora bianchi sia nelle bozze, che nelle carte mandate in Europa – dove è in bilico un altro punto forte della manovra, l’innalzamento a 85mila euro della flat tax degli autonomi, che per l’ok necessita di una deroga della commissione alla norma che lo rende si possibile, ma solo dal 2025.
In tutto questo sono appunto circa 11 i miliardi che ancora ballano, in quelle che che sono le proverbiali “coperture” della manovra. Cioè dove il governo prende i soldi per coprire le spese. Sui circa 36 totali: 21 miliardi sono in deficit, una parte dei tagli e delle entrate, ormai son noti. 740 milioni dal reddito di cittadinanza, 300 dai tagli all’ecobonus, un paio di miliardi dal taglio all’adeguamento delle pensioni e dalle modifiche a opzione donna.
Oggi si è appreso di tagli all’amministrazione penitenziaria e alle intercettazioni, ma parliamo di poche decine di milioni. Gli economisti dell’università di Ferrara Saccomanni e Rizzo hanno calcolato che mancherebbero all’appello oltre 6 miliardi di tagli. Dove intende farli il governo, visto che ha giurato che non toccherà scuola, sanità e altra spesa sociale? E perché non lo dice, tenendo coperte le coperture? Stesso problema sulle maggiori entrate, dove mancano all’appello oltre 4 miliardi, oltre ai 2 e mezzo che arriveranno dalla ridimensionata tassa sugli extraprofitti. Altre tasse? Contributi straordinari? Difficile visto l’orientamento politico su questo. Il problema è che non resta molto altro. L’80% delle coperture, ancora non è chiaro. Insomma, forse la vera stangata, deve ancora arrivare.