Il racconto della giornata di lunedì 22 aprile 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. L’esercito israeliano è tornato oggi, con un raid a sorpresa, a Khan Younis. L’inchiesta sulle violenze nel carcere minorile Beccaria ha portato all’arresto di 13 poliziotti e alla sospensione di altri 8. Con la vicenda Scurati un diverso confine è stato superato: la Destra è passata dal revisionismo storico alla prepotenza di un atto di regime. Istat, Corte dei Conti e Bankitalia: tre dossier che di fatto stroncano le previsioni economiche che il governo aveva appena scritto nel Def. A partire dagli anni ‘80 l’Europa si è riscaldata a una velocità doppia rispetto alla media globale, diventando il continente in cui la temperatura cresce più rapidamente.
Israele torna ad attaccare Khan Younis
L’esercito israeliano è tornato oggi, con un raid a sorpresa, a Khan Younis. Le truppe sono entrate nella parte orientale della città, secondo quanto riporta l’agenzia Reuters, costringendo la popolazione – appena tornata dopo il ritiro israeliano del 7 aprile – a scappare di nuovo. Negli ultimi giorni, poi, nell’ospedale Nasser, uno dei due principali della città, sono state trovate diverse fosse comuni con numerosi cadaveri. Sabato la protezione civile di Gaza ha scoperto la prima, riesumando almeno 200 cadaveri. Un numero che in queste ore è già salito a quasi 290. Oggi, poi, almeno altre 3 fosse simili sono state scoperte sempre all’interno della struttura ospedaliera. I corpi ritrovati, risalgono alla prima metà di febbraio, quando l’esercito è entrato nell’ospedale. Hamas accusa israele di esecuzioni sommarie, cosa che Tel Aviv nega. Non è ancora possibile sapere come sono morte le persone seppellite nelle fosse comuni, ma l’attacco all’ospedale – come era già successo con al Shifa a Gaza City – è stato particolarmente violento.
(di Martina Stefanoni)
Il 15 febbraio di quest’anno, l’esercito israeliano entrava nell’ospedale Nasser di Khan Younis, dopo settimane di assedio nella città e giorni in cui carri armati e cecchini circondavano la struttura sanitaria. Tre giorni prima aveva ordinato l’evacuazione di personale, pazienti e rifugiati, ma molti sono stati costretti a restare. Chi troppo malato per muoversi, chi non è mai riuscito a trovare una via di fuga sicura, perché intanto, i bombardamenti sulla città non si fermavano. L’esercito annuncia il raid dicendo di avere informazioni d’intelligence secondo le quali dentro l’ospedale ci sarebbero non solo miliziani di Hamas, ma anche alcuni ostaggi israeliani. Già nei giorni precedenti al raid, ci sono video verificati di persone uccise a colpi d’arma da fuoco all’interno dei confini dell’ospedale. Quando le truppe entrano, con un comunicato l’esercito dice che l’operazione sarà chirurgica che non danneggerà l’ospedale. Tre giorni dopo, il 18 febbraio, l’ospedale smette di funzionare. Manca la corrente le medicine, e il personale e diversi reparti sono stati distrutti. Il 21 febbraio l’esercito israeliano si ritira dall’ospedale. Dentro ci sono ancora 120 pazienti in condizioni critiche. I medici delle nazioni unite che entrano nell’ospedale lo descrivono come una zone di morte e distruzione.
Da questo momento in poi, le notizie che arrivano dall’Ospedale sono poche e confuse. A metà marzo un’inchiesta della BBC rivela come durante l’assedio medici e infermieri sono stati arrestati, picchiati, fatti spogliare e umiliati. Dopo il suo ritiro, l’esercito ha fatto sapere di non aver trovato ostaggi dentro l’ospedale, ma scatole di medicinali con il loro nome scritto sopra, e di aver arrestato circa 200 persone descritte come terroristi o sospetti tali. Difficile ricostruire cosa ne sia stato poi di queste duecento persone e chi erano effettivamente. Quando a inizio aprile le truppe israeliane si sono ritirate da Khan Younis, la popolazione scappata a Rafah è tornata trovando quella che hanno descritto come una città fantasma, distrutta quasi completamente. Nel cortile dell’ospedale hanno trovato una grande fossa comune, con più di 200 corpi seppelliti, avvolti nelle lenzuola o nei camici dei medici. La fossa comune è stata costruita durante l’assedio, perché non si sapeva dove mettere i cadaveri delle persone che venivano uccise dall’esercito o che morivano perché l’ospedale era al collasso. Tra i corpi riesumati ci sono decine di donne, giovani uomini e bambini.
Oggi intanto il generale al comando della direzione dell’intelligence militare israeliana il 7 ottobre, Aharon Haliva, si è dimesso per il fallimento dell’esercito nel prevenire l’attacco nel sud di Israele compiuto da Hamas quel giorno. Haliva aveva già indicato che si sarebbe dimesso una volta conclusa la guerra, e sembra destinato a rimanere nel ruolo fino alla nomina di un sostituto. La decisione annunciata oggi è arrivata a sorpresa.
Il “sistema consolidato” di violenze nel carcere minorile Beccaria
Un “clima infernale”, secondo la giudice per le indagini preliminari, un “sistema consolidato” e fatto di violenze che sarebbero arrivate fino alla tortura. Sono gravissime le accuse che oggi a Milano hanno portato all’arresto di 13 poliziotti e alla sospensione di altri 8. Al centro dell’inchiesta il carcere minorile Beccaria, con quasi metà degli agenti in servizio coinvolti nelle indagini.
(di Luca Parena)
Un gruppo di agenti in una stanza senza telecamere. Un detenuto di 16-17 anni quasi completamente nudo, ammanettato con le mani dietro la schiena, costretto a prendersi insulti, sputi, botte, calci in faccia. Qualche volta a prendersi addosso dei sacchetti di sabbia, pesanti, dolorosi senza lasciare lividi sulla pelle. Sono scene di ricorrente violenza e crudeltà avvenute all’istituto per minori “Beccaria” di Milano tra il novembre 2022 e lo scorso marzo. A commetterle, secondo intercettazioni e testimonianze, sono agenti di polizia penitenziaria. La giudice per le indagini preliminari ha stabilito la custodia cautelare in carcere per tredici di loro. Altri otto li ha sospesi dall’incarico per aver coperto i pestaggi dei colleghi. Secondo la giudice, in modi diversi hanno tutti creato un clima di “paura e umiliazione” per cui, nelle loro testimonianze, i giovani detenuti sono arrivati a dire che “sapevano che in qualsiasi momento potevano essere picchiati e che non potevano denunciare perché le circostanze sarebbero state insabbiate” ha spiegato la procuratrice Letizia Mannella. Chiedere ripetutamente un accendino per fumare era sufficiente per finire immobilizzato e preso a schiaffi. Dormire nella propria cella poteva portare a subire un tentativo di aggressione sessuale, com’è stato ricostruito in un caso di cinque mesi fa. Violenze ripetute, inumane, degradanti al punto da arrivare, per l’accusa, a configurare il reato di tortura. Al punto da fare del “Beccaria” un luogo di terrore.
La Destra passa dal revisionismo storico alla prepotenza di un atto di regime
(di Michele Migone)
Negare tutto, soprattutto l’evidenza. “La Rai ha subito un’aggressione”, dice il direttore generale Giampaolo Rossi. Nega che ci sia stata una censura. Ieri Giorgia Meloni aveva cercato di giustificare la cancellazione del monologo di Antonio Scurati, dicendo che c’era un problema di cachet troppo alto. Il vittimismo politico – che ribalta la realtà – e la denigrazione dell’avversario – qui l’intellettuale esoso – sono due strumenti usati storicamente dalla Destra, anche e soprattutto dal fascismo storico. Alla vigilia del 25 aprile ne ritroviamo i pesanti tratti nella censura di “Che sarà”. Se l’anno scorso, poco prima della Festa della Liberazione, Giorgia Meloni e Ignazio la Russa avevano tentato di riscrivere la Storia della Resistenza, con Sergio Mattarella potente argine difensivo della Costituzione, quest’anno, con la vicenda Scurati un diverso confine è stato superato: si è passati dal revisionismo storico alla prepotenza di un atto di regime. Il salto di qualità è stato capito. Le reazioni di protesta dicono che alcune antenne sono ancora attive. Che non tutto il paese è colto da quel sonnambulismo su cui conta la classe dirigente di Fratelli d’Italia per scivolare verso uno svuotamento della democrazia italiana. L’appuntamento decisivo sarà il referendum sul premierato. Il controllo totale della Rai serve a quello. Nel frattempo, altri atti autoritari ci saranno perché oltre a far parte della natura politica di questa Destra, e del suo progetto, diventeranno sempre di più strumenti utili per imbavagliare un dissenso destinato a crescere tanto più sarà evidente l’ incapacità di questo governo nel dare risposte concrete ai grandi bisogni economici e sociali di questo paese.
Le previsioni economiche del governo Meloni sono già saltate
(di Massimo Alberti)
Le previsioni economiche del governo sono già saltate: Istat, Corte dei Conti e Bankitalia, tre dossier che di fatto stroncano le previsioni economiche che il governo aveva appena scritto nel Def, il documento di economia e finanza quest’anno per la prima volta monco delle indicazioni di politica economica.
E mettono in discussione le promesse su tasse e cuneo fiscale. L’Istat peggiora i conti sul deficit del 2023 dal 7,2 al 7,4%, cioè 4 miliardi e mezzo in meno a disposizione. Cosa che avrà conseguenze proprio sulle promesse di rinnovare il taglio del cuneo fiscale e l’accorpamento delle aliquote Irpef, finanziate proprio in deficit. Di fatto, il Def del governo, che conteneva solo i numeri tendenziali, è già superato. Proprio Bankitalia evidenzia che, a queste condizioni, il taglio del cuneo non regge. E in audizione proprio sul Def, la Corte dei Conti sottolinea quello che era il segreto di pulcinella: in questa situazione per mantenere i conti in ordine servono tagli drastici. È esattamente tutto ciò che il governo sta cercando di tenere nascosto in campagna elettorale, dove parlare di tagli non va di moda, figuriamoci di aumenti delle tasse che pure, per i redditi più alti, sarebbero giusti e necessari.
La Corte dei Conti sottolinea un altro problema: quello della sanità, su cui definisce le misure del governo insufficienti ad evitare il decadimento. In questo quadro ci sono 2 incognite: la prima è il pnrr. Il governo litiga su possibili rinvii delle misure ma per la tenuta del prodotto interno lordo è fondamentale. E poi c’è il tema superbonus: il governo lo ha già individuato come capro espiatorio insieme alla possibile epurazione del capo della ragioneria dello stato,che si prepara a ribattere con un dossier sugli errori del governo
Un alibi, lo definisce l’ex direttore dell’ufficio parlamentare di bilancio Giuseppe Pisauro, che il governo usa per non prendere misure serie su lotta all’evasione e riforma fiscale. O delle decine di miliardi di sussidi senza vincoli alle imprese.
Il nome di Elly Schlein resta fuori dal simbolo del Pd per le Europee
(di Anna Bredice)
Alle 15.35 i funzionari del Partito Democratico hanno presentato agli uffici elettorali il simbolo del partito che corre alle elezioni, tra gli ultimi arrivati oggi, quasi fuori tempo massimo, perché bisognava risolvere una questione importante: il nome di Elly Schlein non appare nel logo del partito e ci sono volute alcune ore e una intera mattinata per discutere e alla fine portare la segretaria del partito a fare un passo indietro, “troppo divisiva come proposta più che rafforzativa”, ha detto in una diretta Instagram, senza riunioni di segreteria, se non contatti molto intensi nel corso delle ore, ha preferito comunicarlo infine pubblicamente, senza filtri. Si tratta di una rinuncia sicuramente perché l’intenzione condivisa con pochissime persone era quella di dare forza con il suo nome a tutti i collegi, anche dove non è presente come candidata, per riuscire ad ottenere voti in più, portando gli astensionisti al voto, o chi magari la votò alle primarie, non votando il Pd. E nello stesso tempo rafforzando la sua leadership nei confronti di un rivale alle europee, Giuseppe Conte. Ma la sollevazione nel partito è stata generale, non solo dalle altre aree e correnti, ma anche da alcuni più vicini a lei, dubbi, perplessità per una scelta così improvvisa che irrompe nella storia di un partito senza essere discussa e mai vissuto come partito personale, di un leader, almeno non nei simboli, in questo periodo poi dove il partito combatte l’idea del premierato, che si base proprio sul personalismo di un premier. Ora dal partito si fa sapere che i collegi dove corre sono sempre quelli, Centro e Isole, ma nella diretta Instagram, ha parlato di “presenza nelle liste”, di voler esserci e chissà se l’ipotesi di presentarsi anche nelle altre circoscrizioni non sia tramontata del tutto.
L’Europa è il continente in cui la temperatura cresce più rapidamente
A partire dagli anni ‘80 l’Europa si è riscaldata a una velocità doppia rispetto alla media globale, diventando il continente in cui la temperatura cresce più rapidamente. Lo certifica un rapporto del programma europeo Copernicus e dell’Organizzazione meteorologica mondiale. Nel testo si dice che negli ultimi 20 anni la mortalità legata al caldo è aumentata del 30%, e che i tre anni più caldi mai registrati sono tutti successivi al 2019. Stefano Caserini insegna mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Gli abbiamo chiesto perché l’Europa si sta riscaldando così velocemente: