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La visita di Biden a Kiev, le incertezze legate al blocco della cessione del credito e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di lunedì 20 febbraio 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. La visita di Biden a Kyiv ha un forte valore simbolico e conferma l’impegno degli Stati Uniti nella guerra in Ucraina, rafforzando la contrapposizione tra Putin e l’Occidente. La soluzione adottata dal governo per impedire la cessione del credito sta causando grandi incertezze. La Lega attacca Eni ed Enel chiedendo un cambio di passo nella loro politica e nel loro approccio alla modernità. Schlein scommette sull’affluenza per battere Bonaccini nelle primarie del Pd. In questi giorni, il centro per migranti di Lampedusa è ancor più sovraffollato del solito.

La visita a sorpresa di Biden a Kiev

(di Emanuele Valenti)
La visita di Biden a Kyiv ha un fortissimo valore simbolico.  Un presidente americano si è recato in un paese in guerra dove gli Stati Uniti non controllano direttamente le infrastrutture. La Casa Bianca ha fatto sapere di aver avvisato Mosca del viaggio di Biden poche ore prima della partenza, ma in ogni caso i rischi per la sua sicurezza c’erano. Bene, nonostante questo a Washington hanno valutato che la presenza sul terreno del presidente in questo momento fosse assolutamente necessaria. Questo ci dice che nonostante la prudenza nel rifornimento di armi e i continui calcoli per evitare che il conflitto esca dai confini ucraini, l’amministrazione Biden è determinata a fare di tutto per evitare che Putin vinca questa guerra. Anzi, il viaggio di oggi sembra confermare proprio l’ottimismo americano per quanto riguarda il suo esito. Lo scorso febbraio Putin sperava di conquistare Kyiv nel giro di pochi giorni. Un anno dopo il presidente americano ha passeggiato nel centro di quella stessa città, che il Cremlino pensava di poter facilmente controllare. Come ha detto lo stesso Biden durante l’incontro con Zelensky il suo viaggio conferma anche la visione condivisa da molti in Occidente. La guerra degli ucraini contro la Russia – con tutto il supporto occidentale – è una guerra a difesa di una serie di valori: libertà, democrazia, integrità territoriale, sovranità nazionale. Con questo viaggio a sorpresa Biden ovviamente ha lanciato un messaggio agli ucraini, agli americani, ma anche ai russi, proprio alla vigilia del discorso di Putin sullo stato della nazione. Secondo alcuni analisti russi il suo intervento sarebbe già stato piuttosto duro, ma dopo gli sviluppi delle ultime ore verrà probabilmente rivisto in modo da suonare ancora più esplicito, soprattutto nei confronti degli Stati Uniti.
In effetti, se adottiamo la prospettiva del Cremlino, la visita di Biden a Kyiv suona come la conferma della guerra americana per procura. Una guerra contro la Russia combattuta sul territorio ucraino. Questo rafforza l’idea dell’Occidente, della NATO, come minaccia alla sicurezza nazionale. A prescindere da quello che dirà domani Putin, è evidente come Mosca sia piuttosto lontana da una vittoria in Ucraina. È vero che in questi mesi il territorio sotto il suo controllo è aumentato. La presa di Mariupol, la conquista di una parte delle regioni di Kherson e Zaporizhia, l’avanzata – seppur limitata – nella parte alta del Donbas, la regione di Luhansk.  Ma dal punto di vista geopolitico e geostrategico è successo esattamente il contrario di quello che avrebbe voluto il Cremlino – sganciare Kyiv dall’orbita occidentale. L’Ucraina rimane vulnerabile, ma è ormai legata sempre di più a doppio filo a Europa e Stati Uniti. La visita di Biden lo ha confermato.

Superbonus, il blocco della cessione del credito mette a rischio anche gli inquilini

(di Massimo Alberti)
Incertezza, è il termine che l’attuale soluzione decisa dal governo per bloccare la cessione del credito sta generando, con l’interruzione drastica di un meccanismo discusso e discutibile, applicato per di più ad una quota del 110%. Che non fosse più sostenibile, è opinione condivisa tanto più da quando le banche hanno smesso di acquistare i crediti: uno dei problemi della suo stop dall’oggi al domani, è comunque frutto proprio dalla bolla che si è creata quando all’indomani del covid si è scelto di mettere miliardi di fondi pubblici in un settore che certo era in difficoltà. Una bolla speculativa sui prezzi, degli interventi e delle materie prima, una bolla occupazionale di lavoro spesso precario, una bolla finanziaria generata dal meccanismo di cessione del credito che ha lasciato spazio a frodi. Incerti però son anche i numeri: le stime dei crediti incagliati vanno da 15 miliardi dei costruttori, a 25 dei bancari. Per i cantieri a rischio, anche qui le stime vanno tra i 30 ed i 50 mila, non proprio chiarissime ad essere onesti. Costruttori e sindacati invece sono concordi sui posti di lavoro che potrebbero essere persi, intorno ai 130mila. Incerti però sono anche molti inquilini, che vedono cantieri e facciate lasciati a metà da imprese che dall’oggi al domani potrebbero restare senza liquidità, e che temono di dover pagare direttamente loro per i lavori. Le associazioni dei consumatori non a caso sono sul chi va la per le possibili cause che questo quadro potrebbe generare. E’ un mondo sospeso, in attesa di capire in che modo il governo metterà una toppa ad un intervento che è stato goffo, e chi saranno i salvati ed i penalizzati delle varie ipotesi che si stanno prospettando.

La Lega all’attacco di Eni ed Enel

La Lega, con una mossa irrituale, va all’attacco di Eni ed Enel. Lo fa con una nota pubblicata dall’Ansa e attribuita a “fonti qualificate” del partito. Il tema è la guida delle due più grandi aziende a guida pubblica. Eni in particolare ha sempre avuto un ruolo fondamentale anche nella politica estera.

‘L’Italia deve mostrarsi all’altezza delle sfide più delicate – scrive la Lega – a partire dalla politica energetica su cui il governo è particolarmente attento. È bene sottolineare che anche le grandi aziende di Stato come Eni ed Enel devono cambiare profondamente le loro politiche e il loro approccio alla modernità. Serve un cambio di passo”.

Come dicevamo si tratta di una mossa inattesa: quel che si sa è che il governo sta per affrontare un giro di nomine importanti per le quali i partiti della maggioranza scaldano i motori per piazzare loro nomi. Ci sono le Poste, le Ferrovie, Terna Leonardo, il comando generale della Guardia di Finanza, per citare le più importanti. Ma sono 70 le società. C’è in più nel caso di Eni ed Enel il tema delicato delle politiche energetiche, legate anche alla guerra e al rapporto con la Russia.

Alla guida dell’Enel in questo momento c’è Alessandro De Scalzi. Dell’Eni Claudio De Scalzi

Primarie Pd, la sfida tra Schlein e Bonaccini si gioca nei gazebo

(di Anna Bredice)
Oltre centocinquantamila iscritti al Partito Democratico hanno partecipato ai congressi nei circoli di tutta Italia. Ora la scommessa è quella di rivedere i sei zero di qualche anno fa, il riferimento è al milione di persone che votarono per Zingaretti. È l’auspicio di Francesco Boccia, il coordinatore della mozione Schlein, che tra i due candidati è quella che scommette molto di più in una grande affluenza extra iscritti, per diventare da lunedì 27 la prima segretaria donna del Pd. C’è una settimana di campagna elettorale che viene inaugurata questa sera con il primo confronto televisivo tra i due candidati, alle 20.30 su Sky. I due candidati sono consapevoli che ora la platea a cui rivolgersi non è solo quella dei 151 mila iscritti, ma di tanti elettori del Pd, oppure che lo sono stati e ora hanno votato altro, o che sono rimasti a casa e si sono astenuti alle elezioni. I congressi hanno sancito ciò che si delineava, anche se il margine è più ridotto rispetto alla settimana scorsa: Bonaccini ha ottenuto il 52,8 per cento, Schlein il 34,8, Cuperlo il 7,9 e De Micheli il 4,2. Venticinquemila voti separano Bonaccini da Schlein, una distanza che nell’affluenza delle primarie aperte potrebbe essere confermata oppure portare ad un ribaltamento del risultato. Per ora né Cuperlo né De Micheli hanno detto cosa voteranno, per i loro elettori quindi ancora nessuna indicazione. Nel frattempo, nel partito cominciano anche i botta e risposta tra i sostenitori di uno o dell’altro e non si risparmia nulla. Francesco Boccia sostiene che chi nel partito votò il Job act ora starebbe tutto da una parte e cioè quella di Bonaccini. Pina Picierno, che sostiene il governatore emiliano, gli ricorda che anche Orlando votò a favore. Probabilmente sono solo le prime schermaglie in vista del voto di domenica, sperando che come hanno detto entrambi i candidati, che si sono incontrati casualmente  in un aeroporto, comunque vada da lunedì saranno uniti per rigenerare il Pd.

Centinaia di migranti al freddo al centro accoglienza di Lampedusa

A Lampedusa in questi giorni l’hotspot, il centro per migranti, è ancor più sovraffollato del solito, con una capienza di circa 400 posti e oltre 2mila persone da ospitare. Centinaia hanno passato le ultime notti al freddo sul piazzale davanti alla struttura, dormendo su dei materassini e usando coperte termiche. Oggi il capo dipartimento per l’immigrazione del ministero dell’interno è stato sull’isola e ha annunciato che tra stasera e domattina 1200 persone saranno trasferite. Gli sbarchi intanto continuano: solo oggi ce ne sono stati sei, per un totale di 241 migranti. Su un barchino approdato la scorsa notte c’era anche il corpo di una persona, morta probabilmente durante la traversata. A Lampedusa abbiamo sentito Emma Conti, operatrice di Mediterranean hope, programma migranti e rifugiati della federazione delle chiese evangeliche in Italia.

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    1) Stati Uniti e Ucraina si parlano per la prima volta dopo il disastroso incontro Trump-Zelensky alla casa bianca. Le delegazioni a Gedda riunite per 9 ore, nel tentativo di trovare un accordo per la fine della guerra. (Roberto Festa) 2) A Parigi Macron riunisce i leader militari di 30 paesi mentre da Strasburgo Von Der Leyen dice: “è il momento della pace tramite la forza”. Ma il piano di riarmo spacca i governi europei. Il caso spagnolo. (Giulio Maria Piantadosi) 3) “Oggi si fa la storia”. La Groenlandia va al voto dopo le dichiarazioni di Donald Trump e il suo interesse alle sue risorse minerarie. Per la popolazione questa potrebbe essere la volta buona per l’indipendenza. (Enrico Gianoli - Osservatorio Artico) 4) Siria, accordo storico tra il nuovo governo e i curdi. I principali gruppi verranno integrati nelle istituzioni politiche e militari siriane. (Lorenzo Trombetta) 5) Filippine, l’ex presidente Rodrigo Duterte arrestato per crimini contro l’umanità. Le madri delle vittime della sua brutale guerra alla droga hanno avuto la giustizia che chiedevano da anni. (Luisa Nannipieri, Riccardo Noury - Amnesty International) 6) Rubrica sportiva. Le calciatrici del Venezuela in lotta contro gli abusi dell’ex ct della Nazionale (Luca Parena)

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    Sono in corso le elezioni in Groenlandia. Circa 44.000 groenlandesi su una popolazione di 57.000 abitanti hanno diritto al voto per eleggere 31 parlamentari e il governo del Paese. I seggi sono aperti fino alle 20 locali, le 23 in Italia. Sono elezioni che hanno attirato attenzione globale dopo l’interesse mostrato da Donald Trump per le preziosissime risorse minerarie della Groenlandia. E proprio per questo, hanno assunto connotati storici. Ne abbiamo parlato con Enrico Gianoli, collaboratore dell’Osservatorio Artico e guida escursionistica in Groenlandia, autore del libro “La via del Vento”.

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