Il racconto della giornata di lunedì 19 aprile 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Beppe Grillo diventa garantista e pubblica un video in cui urla in maniera forsennata che il figlio accusato di stupro è innocente perché non è ancora stato arrestato. Ad una settimana dall’avvio del programma di riaperture annunciato dal governo l’evoluzione della pandemia mostra già segnali in controtendenza. La Brexit del Calcio, la nascita della Superlega, è solo una questione di soldi, e la politica europea si schiera contro. Perché Mosca ha schierato proprio ora più di 150mila uomini al confine con l’Ucraina? Infine, i dati di oggi sull’andamento dell’epidemia da COVID in Italia e il punto sulle vaccinazioni.
Grillo diventa garantista (e sfrutta il suo potere mediatico) per difendere il figlio accusato di stupro
(di Anna Bredice)
C’è un video dove si vede un padre che urla in maniera forsennata che il figlio accusato di stupro è innocente perché non è ancora stato arrestato.
Nel video questo padre accusa la ragazza stuprata di mentire, perché il pomeriggio dopo la violenza faceva sport e perché ha denunciato lo stupro dopo 8 giorni. Questo padre si chiama Beppe Grillo e conoscendo quale sia il suo potere mediatico utilizza il video per tentare di ribaltare i fatti, colpevolizzando la donna come accade purtroppo in migliaia di processi per stupro. Ha denunciato dopo 8 giorni, quindi non dice la verità: è il messaggio che Grillo vuole mandare all’opinione pubblica e ai magistrati.
Ma Beppe Grillo è il leader del partito che ha il più grande numero di parlamentari in Italia, è il politico che poco più di due mesi fa ha guidato i Cinque Stelle alle consultazioni di Draghi per partecipare ad un governo che esprime, grazie anche ai voti del Movimento, il ministro della giustizia.
Non solo c’è l’accusa alla donna, in sostanza, di essersela cercata, ma dopo anni in cui ha alimentato una politica giustizialista, condannando chi aveva ricevuto anche solo un avviso di garanzia, il fondatore dei Cinque Stelle ora si improvvisa garantista. Naturalmente il video entra di prepotenza nelle stanze dei partiti di maggioranza, mettendoli in imbarazzo.
Quelli più in difficoltà sono i Cinque Stelle, i cui esponenti di maggior peso dicono di capire il dolore di Grillo, “in quanto mamma” dice Paola Taverna, “in quanto papà” dicono Crimi e Di Battista, non una parola per la mamma e per il papà della ragazza che ha denunciato lo stupro.
Tra i commenti più forti, immancabile quello di Maria Elena Boschi, che ora scarica su Grillo tutte le accuse e gli attacchi ricevuti per l’inchiesta sul padre su Banca Etruria.
Si fanno sentire molte donne del Partito democratico, tra queste la più diretta è Titti Di Salvo, che dice di attendersi una presa di posizione del segretario Letta, “non ho dubbi su questo, dice, e spero che l’alleanza con i Cinque Stelle, non faccia da silenziatore rispetto a qualcosa di inaccettabile”. Un insieme di legami, di governo e di possibili alleanze, che rendono questo video imbarazzante per molti.
Il rischio calcolato non ha nulla a che vedere con la scienza
(di Massimo Alberti)
Ad una settimana dall’avvio del programma di riaperture annunciato dal governo l’evoluzione della pandemia mostra già segnali in controtendenza, quella che gli esperti definiscono una drastica frenata della discesa dei contagi.
Passati dai 101.550 della settimana precedente ai 100.350 di questa, rileva il modello dell’Università dell’Insubria. Una differenza di circa l’1% rispetto al 30% del raffronto con due settimane fa. Il problema sta a Sud, che per la prima volta è l’area che nel complesso trascina la pandemia. Dove i casi aumentano: Calabria e Campania +19%, Sicilia +15%, Basilicata +11%, Puglia +4%, Molise +45%.
La Sardegna, passata da bianca a rossa e caso emblematico del fallimento del sistema a zone, continua a salire con +14%. Restano 25, destinate a salire, le province oltre i 200 casi settimanali per 100mila abitanti. Le altre curve seguono in ordine di tempo i contagi: continua la discesa delle terapie intensive, anche qui con alcune eccezioni come il Piemonte, dove la media degli ingressi in rianimazione è salita del 50% in 6 giorni. A livello nazionale la saturazione è al 36%, difficilmente a questi ritmi scenderà sotto il livello di allarme prima di ricominciare a risalire. Ha iniziato invece il suo calo la curva dei morti di COVID, comunque tantissimi, 2.673 in una settimana. Più il virus circola, più la discesa sarà lenta e durerà poco, e in questo il fattore varianti è determinante.
Sono questi i numeri che hanno portato pressochè tutti i virologi a giudicare frettolosa, almeno di un mese, la decisione di riaprire, contestando quella definizione di “rischio calcolato”. Che non ha nulla a che vedere con la scienza, tutto con la politica. Ed alle pressioni di un pezzo di maggioranza per riaprire subito, anche andando contro al CTS, per inseguire il sentimento che si ritiene prevalente del Paese. Innescando un circolo vizioso in cui il messaggio viene a sua volta recepito come un liberi tutti. A poco servono poi gli appelli a rispettare le regole, riproponendo lo schema già visto per cui, se le cose andranno male, la colpa sarà del singolo individuo. La scelta del governo è ovviamente legittima, ma si eviti di cercare una legittimità scientifica che non c’è, e ci si prenda la responsabilità delle eventuali conseguenze.
La politica si schiera contro la Brexit del Calcio
Più 17,8%. Oggi in borsa il titolo della Juventus ha fatto guadagni da record dopo l’annuncio del progetto della Superlega, un nuovo torneo europeo in cui 12 grandi squadre – tra cui anche Inter e Milan – avrebbero sempre il posto garantito. La federazione calcistica europea e le leghe nazionali hanno risposto minacciando di escludere da tutte le altre competizioni le società coinvolte. Contro l’operazione si sono schierati anche Mario Draghi, il presidente francese Macron, il premier britannico Johnson e il capo del parlamento europeo Sassoli.
(di Michele Migone)
La Brexit del Calcio, la nascita della Superlega, è solo una questione di soldi. È la ristrutturazione finanziaria, la nuova frontiera del business del pallone, in un momento in cui a causa del Covid e delle gestioni megalomani, i bilanci di tutti i più forti club europei sono in rosso. I 12 se ne vanno perché pensano che il loro progetto li possa far uscire dalla crisi e farli diventare più ricchi. Un torneo d’elitè, finanziato da sponsor e diritti tv, con una platea di almeno tre miliardi di persone in tutto il globo. Per i soci fondatori , un affare da 10 miliardi di euro. Ben più di ciò che possono guadagnare con la Champions League. L’anno scorso, il vincitore, il Bayer Monaco, ha incassato 100 milioni di euro. Ci sono 350 milioni di euro di gettone di presenza iniziale per ognuno dei 12 club della Superlega. I soldi li mettono i fondi d’investimento. JP Morgan ha sborsato 3 miliardi e mezzo di euro per finanziare l’operazione. E ‘l’ennesima prova dell’interesse americano per il calcio del Vecchio Continente. Negli ultimi 15 anni, almeno 23 club europei sono diventati di proprietà statunitense, tra cui 4 di quelli che hanno dato vita alla SuperLega. Dall’altra parte dell’Atlantico si ritiene che il calcio sia un business il cui potenziale locale e globale non sia stato ancora sfruttato al meglio; perché gli investitori vogliono mettere denaro su asset redditizi e brand noti. Cosa c’è di meglio di squadre di calcio conosciute a livello globale? Andrea Agnelli lo ha spiegato: il SuperBowl e la finale di Champions sono gli eventi sportivi più seguiti in televisione. Ma i guadagni delle due industrie non sono pari. Devono diventarlo. Il dado sembra tratto. In realtà, davanti ci sono due strade. La prima: i 12 club contrattano con l’Uefa maggiori introiti e tornano indietro. La seconda: per il calcio inizia una nuova epoca. Alla fine, comunque sia, è solo una questione di soldi.
Anche se la loro squadra farebbe parte della Superlega, un gruppo di tifosi dell’Inter ha scritto una lettera contro il progetto al vicepresidente e storico capitano della squadra Javier Zanetti. Tra i firmatari c’è l’attore e regista Paolo Rossi:
Perché Mosca ha schierato proprio ora più di 150mila uomini al confine con l’Ucraina?
(di Emanuele Valenti)
Josep Borrell, Alto Rappresentante per la Politica Estera dell’Unione Europea, ha detto che Mosca ha ammassato in Crimea e al confine con l’Ucraina oltre 150mila uomini. I numeri sono più alti di quelli dati nei giorni scorsi dallo stesso governo di Kiev.
La guerra nell’est dell’Ucraina, cominciata 7 anni fa, nella primavera del 2014, è rimasta per lungo tempo un conflitto congelato, ancora di più dopo l’ultimo cessate il fuoco, del luglio scorso. Nel 2021, invece, c’è stata una graduale e nuova escalation. Nelle ultime settimane sono ripresi gli scontri sulla linea del fronte, nel Donbass, e quasi in contemporanea Mosca ha spostato uomini e mezzi verso la frontiera ucraina. [CONTINUA A LEGGERE]
L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia
Continuano a diminuire i ricoverati nelle terapie intensive (-14) e nei reparti (-93). A fronte di 18.754 tamponi effettuati, sono 1.040 i nuovi positivi (5,5%). I guariti/dimessi sono 7.850
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