Il racconto della giornata di lunedì 6 marzo 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Domani l’intervento alla camera del ministro Piantedosi, giovedì la riunione del governo a Cutro. La settimana iniziata oggi sarà importante dal punto di vista politico per quanto riguarda il tema migranti, ed è stata aperta da un nuovo intervento del presidente della repubblica. Stamattina alcuni giornali avevano parlato di un possibile incontro tra Meloni e Piantedosi in vista dell’intervento del ministro in parlamento, ma la notizia è stata smentita. Dopo un incontro con i vertici militari, il capo dell’esercito e il responsabile delle forze di terra ucraine, l’ufficio di Zelensky ha fatto sapere che per i generali bisogna continuare a difendere la città. A un mese dai due catastrofici terremoti che hanno colpito il sud della Turchia e il nord della Siria, migliaia di famiglie vivono ancora in rifugi temporanei e faticano a procurarsi cibo e beni essenziali. In queste ore si discute di una bozza, diffusa dai quotidiani che prevede pesanti tagli al reddito di cittadinanza.
Migranti, Mattarella indica la strada al governo
(di Michele Migone)
L’invito è perentorio; non ha solo il sapore di uno sprone nei confronti del governo. Appare qualche cosa di più. Dopo il naufragio di Cutro, Sergio Mattarella indica la strada all’esecutivo: dopo il cordoglio ora ci siano delle scelte concrete. In Italia in Europa, dice. Ma il messaggio sembra indirizzato soprattutto al governo di Giorgia Meloni. Non è semplice moral suasion. Il presidente della Repubblica in questi giorni ha interpretato il suo ruolo portandolo non lontano dal confine della supplenza politica e istituzionale rispetto all’opera dell’esecutivo. Dopo le crudeli parole del ministro Paintedosi sulle partenze dei migranti e mentre Giorgia Meloni, all’estero per una missione ufficiale, rimaneva in silenzio sulla tragedia, la scorsa settimana il presidente della repubblica si è recato a Crotone per onorare le vittime e parlare con i naufraghi; una missione per riconnettere le istituzioni con il sentimento di molti italiani, colpiti da ciò che era successo a 200 metri dalla costa della Calabria. Qualche giorno dopo, oggi Mattarella ha deciso di fare l’invito a tradurre quel cordoglio in scelte operative perché ha visto da una parte la debolezza della risposta politica da parte di Giorgia Meloni, inadeguata per un leader nazionale, e dall’altra la pervicace insistenza del ministro Piantedosi – e di buona parte della maggioranza i Destra – a non comprendere la gravità delle sue parole subito dopo la tragedia. Le dichiarazioni di Mattarella aprono una settimana molto delicata. Piantedosi è atteso in parlamento e le opposizioni vogliono trasparenza da parte sua sulla responsabilità dei mancati soccorsi; il governo andrà a Cutro e, di fronte alle decine di morti, dovrà dimostrare di cambiare i toni, almeno i toni, sull’immigrazione. Ne va della credibilità delle istituzioni. Mattarella lo sa bene.
Le tensioni nella maggioranza alla vigilia dell’informativa Piantedosi
(di Anna Bredice)
Non è necessario che Piantedosi varchi la porta di Palazzo Chigi, alla vigilia della sua informativa alla Camera dei Deputati, avrebbe dato un messaggio di commissariamento del Viminale e quindi di un governo più debole. Ma non per questo si può escludere che Giorgia Meloni e il ministro Piantedosi si siano sentiti e lei abbia voluto avere garanzie che le parole di domani davanti al Parlamento non siano un ennesimo boomerang. Piantedosi domani dovrà ricostruire l’accaduto di quella notte, ad una settimana dal naufragio non è ancora chiara di chi sia la responsabilità del mancato salvataggio, ma il timore di Giorgia Meloni è che lo faccia con il solito tono burocratico, scollegato dalla tragedia che è stata percepita anche dall’elettorato di destra, quelle bare bianche sono rimaste impresse e ora la presidente del Consiglio deve recuperare, a costo di gestire lei tutta questa partita, evitando di licenziare Piantedosi. Il ministro dell’Interno ha ricevuto una difesa un po’ d’ufficio, stupisce ad esempio che nella Lega a difenderlo è il sottosegretario all’Interno Molteni, non Salvini che si tiene ben lontano da questo dossier, che getta un’ombra anche sulla sua alleata rivale Meloni che per una settimana non ha detto nulla. Piantedosi sarà alla Camera dei deputati alle 13, sapendo che il passaggio successivo sarà la richiesta di dimissioni che l’opposizione però deve ancora concordare, al momento in maniera chiara la richiesta di dimettersi è arrivata dal Pd di Elly Schlein. Fa parte di questo tentativo di recupero da parte del governo il consiglio dei ministri di giovedì, con Piantedosi che al momento è dato a Bruxelles, “se non ci sarà, lo faremo comunque”, avrebbero fatto sapere dal governo e questo dice tutto sullo stato dei rapporti. Si parlerà di immigrazione, ma è difficile che a Cutro possa essere approvata una stretta sui decreti sicurezza. Salvini spinge perché tornino in vigore quelli approvati nel Conte 1, il governo vorrebbe pene più severe per gli scafisti, è possible invece che da lì parta il messaggio di un decreto flussi, le centomila persone all’anno di cui si parla, anche se la richiesta di stranieri per il lavoro non ha niente a che vedere con il salvataggio di profughi e migranti in mare.
Per ora, l’esercito ucraino non si ritirerà da Bakhmut
(di Emanuele Valenti)
La questione non sembra se ma quando gli ucraini si ritireranno da Bakhmut.
Il momento non è ancora arrivato.
Oggi dopo un incontro con i vertici militari, il capo dell’esercito e il responsabile delle forze di terra ucraine, l’ufficio di Zelensky ha fatto sapere che per i generali bisogna continuare a difendere la città.
I comandanti locali, che combattono nelle trincee e nelle strade di Bakhmut – citati dai media ucraini – hanno confermato. Nessun ritiro, ma situazione sempre più complessa.
La resistenza non è solo una questione simbolica.
La sensazione è che gli ucraini stiano calcolando in che modo poter infliggere il maggior numero di perdite al nemico – in termini di uomini, mezzi e munizioni. Alzare il prezzo della caduta di Bakhmut con un occhio quello che succederà dopo. Nella migliore delle ipotesi, dal punto di vista di Kyiv, la famosa contro-offensiva di primavera. In sostanza fare in modo che i russi arrivino a quel momento in grande difficoltà.
Da questa prospettiva la resistenza a Bakhmut diventerebbe funzionale a guadagnare tempo in attesa delle armi occidentali.
Secondo alcuni analisti militari gli ucraini starebbero anche preservando, per la primavera, le loro unità migliori. Ma il loro calcolo correrebbe sul filo, e da più parti – occidentali – suggeriscono di non ritardare troppo il ritiro.
Secondo il Pentagono, intanto, una possibile vittoria russa a Bakhmut non cambierebbe il corso della guerra.
È passato un mese dal terremoto in Turchia e Siria
A un mese dai due catastrofici terremoti che hanno colpito il sud della Turchia e il nord della Siria, migliaia di famiglie vivono ancora in rifugi temporanei e faticano a procurarsi cibo e beni essenziali. La fase di ricerca e primo soccorso si è conclusa, ma è iniziata la forse più complicata fase di ricostruzione e assistenza.
Il sisma ha colpito quasi 9 milioni di persone, e provocato la morte di almeno 51mila persone. I dispersi si stima siano ancora migliaia, soprattutto nel nord ovest della Siria, dove già prima del terremoto, vivevano già milioni di persone sfollate da altre parti del paese, sfuggite ai bombardamenti compiuti dal regime di Assad. Più di un milione e mezzo di persone sono senza casa e non è chiaro quanto tempo ci vorrà per trovare loro un riparo adeguato.
Sul reddito di cittadinanza, il governo passa dalle parole ai fatti
(di Diana Santini)
Dopo avere annunciato il “fallimento” della misura di sostegno alla povertà varata dal Conte-uno e avere tagliato le risorse già in sede di approvazione della legge di bilancio, in queste ore si discute di una bozza, diffusa dai quotidiani, che la ministra Calderone vorrebbe portare in consiglio dei ministri in capo a un paio di settimane e che prevede pesanti tagli alla misura di sostegno alla povertà. Secondo il testo, che si articola in 12 punti e che, precisano dal ministero, è ancora suscettibile di modifiche, a partire dal 1 settembre di quest’anno il reddito di cittadinanza non esisterà più, sostituito dalla Mia, misura di inclusione attiva. La platea degli attuali percettori sarà divisa in due tipologie, occupabili e non occupabili, su base anagrafica: sono occupabili, sulla carta, tutti i cittadini tra i 18 e i 60 anni che non hanno nel proprio nucleo familiare persone disabili o minori. Con la nuova misura questi “occupabili” vedranno il proprio assegno ridotto a un massimo di 375 euro al mese per un massimo di 12 mesi, rinnovabili solo per altri 6: un cambiamento che riguarderebbe circa 400mila nuclei, tre quarti dei quali composti da una sola persona. Al momento della richiesta del beneficio, i cosiddetti occupabili dovranno firmare un patto che li impegna ad accettare le proposte di lavoro definite congrue, cioè in linea con la formazione professionale e all’interno della provincia di residenza o di quelle adiacenti, pena la perdita del sussidio. L’importo e la durata massimi del sussidio per i non occupabili (circa 750mila nuclei) dovrebbero invece restare come ora: 500 euro al mese per 18 mesi rinnovabili. Il taglio colpirà probabilmente, ma non è ancora chiaro in che misura, anche la quota oggi corrisposta a titolo di contributo per l’affitto. La soglia Isee per accedere al beneficio sarà inoltre ridotta, di ben duemila euro, da 9360 euro a 7200 euro: un requisito che potrebbe spazzare via dalla sera alla mattina un terzo degli assegni attualmente corrisposti. Del nuovo sistema di politiche attive, che coinvolgerà anche i privati, poco si può dire al momento, i dettagli sono pochi. Quel che è certo che il governo punta a risparmiare: a regime 2-3miliardi l’anno sui 7-8 dell’attuale spesa.