Il racconto della giornata di giovedì 8 febbraio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Rafah è l’ultimo luogo nell’enclave dove le truppe israeliane non sono entrate e ospita più di un milione e mezzo di persone, ma si teme un’invasione via terra se non si raggiungerà un accordo per il cessate il fuoco. L’informativa del ministro Tajani anziché rassicurare circa le azioni del governo per riportare Ilaria Salis in Italia ha prodotto ancora più dubbi. La Cassazione ha bloccato la norma che impone ai migranti il pagamento di 5mila euro per non essere rinchiusi nei Cpr. La protesta dei trattori si muove verso Sanremo dopo che la Rai ha annunciato che Amadeus si limiterà a leggere un comunicato, senza avere sul palco uno o più rappresentati della protesta.
I negoziati per un cessate il fuoco sembrano continuare
(di Martina Stefanoni)
In quattro mesi di conflitto, i morti palestinesi nella striscia di Gaza sono quasi 28mila. Nelle ultime 24 ore più di 100 sono stati uccisi e l’esercito israeliano sta intensificando gli attacchi sulla città di Rafah, al confine con l’Egitto. Tra la popolazione della città crescono i timori di una possibile invasione di terra. Rafah è l’ultimo luogo nell’enclave dove le truppe israeliane non sono entrate e ospita più di un milione e mezzo di persone, sfollati dal resto della striscia. L’Onu ha avvertito che l’ingresso a Rafah con i carri armati complicherebbe il già difficilissimo ingresso degli aiuti umanitari nella striscia e la sua conseguente distribuzione e il segretario generale Guterres ha detto che “aumenterebbe l’incubo umanitario già in corso”.
Intanto nonostante il netto no di ieri del premier israeliano Netanyahu sulla proposta fatta da Hamas per un cessate il fuoco, i negoziati per trovare un accordo sembrano continuare. Oggi una delegazione di Hamas è andata al Cairo, in Egitto, per proseguire la discussione e fonti israeliane lasciano intendere che una finestra per i negoziati resta aperta.
Le parole di Tajani su Ilaria Salis lasciano ancora più dubbi
(di Anna Bredice)
L’informativa del ministro Tajani anziché rassicurare circa le azioni del governo per riportare Ilaria Salis in Italia ha prodotto ancora più dubbi, proteste, sospetti di voler mantenere un profilo basso non solo per le trattative, ma soprattutto per far dimenticare questa vicenda e lasciare Ilaria Salis al suo destino, che in questo momento e chissà per quanto è rappresentato dalla galera ungherese, senza nessuna possibilità di arresti domiciliari. Anzi, una delle uscite del ministro degli Esteri che ha irritato di più tutte le opposizioni è stata quella che riguarda la possibilità di scontare gli arresti domiciliari nell’ambasciata italiana, una proposta che era stata fatta anche dalla maggioranza, lo stesso La Russa l’aveva considerata dopo il colloquio con il padre della detenuta. Ebbene per Tajani non se ne parla, nemmeno per una questione di sicurezza di tutti gli atti riservati presenti in ambasciata, neanche la donna fosse una terrorista che metta in pericolo lo Stato. Ma forse il punto di tutta questa vicenda è che la cittadina italiana in prigione da un anno all’estero con il suo antifascismo e le proteste verso le manifestazioni neonaziste a Budapest, per Roma rappresenta qualcosa di cui sospettare, non affine alla linea politica, lontana da Orban e quindi lontana dagli amici di Giorgia Meloni.
Il garantismo di cui Tajani si è detto difensore in Italia non si vede poi molto in questa vicenda, bisogna solo fidarsi delle rassicurazioni date dal governo per cui Ilaria Salis avrebbe ora condizioni di detenzione migliori. Le opposizioni oggi, il PD, i Cinque Stelle, hanno protestato fortemente, sui domiciliari in ambasciata hanno ricordato che tutta questa attenzione per gli atti riservati non c’erano con il caso Del Mastro e Cospito. Che l’indipendenza della magistratura in Ungheria non esiste e che il caso Salis si conosceva da mesi, eppure il governo è rimasto in silenzio e ora alcuni esponenti dell’opposizione chiedono di poter accedere a tutti gli atti sulle comunicazioni che ci sono state tra il governo ungherese e quello italiano.
La Cassazione stoppa il decreto Cutro
La Cassazione ha bloccato la norma che impone ai migranti il pagamento di 5mila euro per non essere rinchiusi nei Cpr. È una delle previsioni più odiose del cosiddetto decreto Cutro. Che è stata contestata da molti e che ora è arrivata davanti alla Corte di Cassazione. La quale ha “congelato” la norma e ha chiesto l’intervento della Corte di giustizia europea.
(di Alessandro Principe)
È una cauzione stile scafisti: ci dai 5mila euro e ti eviti il Cpr. Qualcuno l’ha chiamata “pizzo di Stato”. Funziona così: il migrante che arriva in Italia e avanza richiesta d’asilo, per evitare di essere portato nei centri per il rimpatrio, può versare una somma di quasi 5 mila euro. Sono 4.938 euro, con la precisione della burocrazia. La deve fornire – citiamo il decreto attuativo – “entro il termine in cui sono effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico”: cioè mentre un agente gli prende le impronte. Come? “in unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa ed è individuale e non può essere versata da terzi”. Insomma deve aver in tasca i documenti rilasciati da una banca del suo paese che garantisce per lui. Surreale.
Dopodiché deve fornire un alloggio adeguato per 28 giorni. Trascorsi i quali la domanda di asilo viene accolta, e allora la prefettura si incamera i 5mila euro. Oppure respinta e allora la cauzione viene usata per pagare le spese del rimpatrio. Ammesso che il migrante si trovi ancora. Altrimenti i 5mila euro vanno in cassa. Da notare che normalmente le domande vengono evase non in 28 giorni ma in due anni. “Garanzia finanziaria”, l’ha definita così il ministro Piantedosi. Tutto grottesco, probabilmente incostituzionale. Ora la Corte europea dirà se è anche contro le norme comunitarie monetizzare il fallimento dell’accoglienza
La protesta dei trattori si muove verso Sanremo
La protesta dei trattori. Riscatto Agricolo, una delle sigle che rappresenta gli agricoltori, ha annullata la manifestazione di Roma prevista per domani. Alla fine ci sarà solo un presidio con una delegazione di 10 trattori in piazza San Giovanni. Prima la sigla aveva però avvisato il governo, chiedendo al ministro Lollobrigida un incontro. La protesta intanto è arrivata anche a Sanremo. Alla fine domani sera Amadeus leggerà un loro comunicato, ma nessun loro rappresentante salirà sul palco dell’Ariston, ha spiegato la Rai. “Se non potremo salire, da domani tutti i trattori dei presidi di Lombardia, Piemonte e Liguria raggiungeranno Sanremo”, ha fatto sapere sempre Riscatto Agricolo.