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La minaccia di Putin alla Nato, la commemorazione di Matteotti alla Camera e le altre notizie della giornata

Matteotti Camera ANSA

Il racconto della giornata di giovedì 30 maggio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Il fronte di chi vuole togliere le restrizioni alle armi ucraine si allarga e anche la Casa Bianca sarebbe pronta a dare il suo via libera. L’offensiva militare di Tel Aviv si concentra su Rafah, nel sud, dove sono ancora in corso violenti combattimenti tra miliziani di Hamas e soldati israeliani. Nel centenario del delitto Matteotti, se non fosse stato per l’intervento di Emilio Gentile, la Camera lo avrebbe commemorato senza ricordare chi cento anni fa lo abbia voluto uccidere. La riforma della Giustizia inizierà il suo cammino alla Camera dei Deputati in coda all’Autonomia, che tornerà in Parlamento l’11 giugno. Tra le ragazze e i ragazzi di 15 e 16 anni quasi uno su dieci vive in povertà in Italia.

Il fronte di chi vuole togliere le restrizioni alle armi ucraine si allarga

La guerra in Ucraina. Mentre nella regione di Kharkiv, nell’est del paese, è in corso una feroce battaglia tra i russi che cercano di avanzare e gli ucraini che oppongono un’accanita resistenza, a Praga i ministri degli esteri dei paesi Nato discutono della possibilità che Kiev colpisca obiettivi militari in territorio russo. “È arrivato il momento di rimettere in discussione le restrizioni sull’uso delle armi occidentali da parte di Kiev per consentire agli ucraini di difendersi”: ha detto il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, “Kiev può ancora prevalere, ma solo con il forte aiuto dagli alleati Nato”, ha aggiunto, esortando i membri dell’alleanza a sostenere l’Ucraina.
Il fronte dei paesi favorevoli a questa prospettiva cresce, ma ci sono molte nazioni ancora contrarie, per esempio l’Italia: “Per noi la Costituzione impedisce di fare la guerra ad altri Paesi, quindi le armi italiane devono essere usate nel territorio ucraino per difendersi”, ha detto il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani a Praga.
Mosca ha già avvertito che se l’Ucraina fosse autorizzata a colpire il suo territorio, la risposta sarà immediata: “Causerà gravi danni”, ha fatto sapere il Cremlino. Nonostante il timore di un’escalation, a questa ipotesi sarebbero favorevoli anche gli Stati Uniti.

“Vovchansk è in fiamme, si combatte casa per casa”, così fonti militari ucraine descrivono la battaglia nella cittadina della regione di Kharkiv, presa d’assalto dalle truppe di Mosca dopo che il 10 maggio l’esercito russo ha lanciato una nuova offensiva. Combattimenti sono in corso però anche in altre località.

Israele intensifica le operazioni su Rafah

La guerra a Gaza. Nelle ultime 24 ore i bombardamenti israeliani hanno provocato la morte di oltre 50 persone secondo le autorità locali.
L’offensiva militare di Tel Aviv si concentra su Rafah, nel sud, dove sono ancora in corso violenti combattimenti tra miliziani di Hamas e soldati israeliani. L’esercito afferma di aver preso il controllo del corridoio Filadelfia, la stretta zona cuscinetto che è l’unica via di accesso terrestre alla Striscia senza passare da Israele, che comprende il cruciale valico di Rafah e che, in base agli accordi stretti negli anni, è considerata una zona smilitarizzata.

Poco fa la Casa Bianca ha annunciato che sta lavorando a un incontro trilaterale tra funzionari statunitensi, egiziani e israeliani al Cairo la prossima settimana per discutere la riapertura dei valichi e un piano per proteggere il confine tra Egitto e Gaza. 
Da Rafah intanto quasi tutta la popolazione è ormai evacuata, e si è stabilita nel centro della Striscia, nella zona attorno a Khan Yunis. La situazione umanitaria resta gravissima.

Nel centenario del delitto Matteotti il governo fatica a parlare di fascismo

(di Michele Migone)

L’unico a ricordare la responsabilità piena del fascismo e di Benito Mussolini è stato lo storico Emilio Gentile. Se non fosse stato per il suo intervento, la Camera oggi avrebbe commemorato Giacomo Matteotti senza ricordare chi cento anni fa lo abbia voluto uccidere. Il suo discorso è stato seguito con composto, ma evidente fastidio da Giorgia Meloni e da Ignazio La Russa, seduti uno accanto all’altro. Alla loro sinistra, Sergio Mattarella. Poco prima, la stessa Meloni aveva fatto diffondere una nota in cui parlava di Matteotti come uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti. La stessa formula usata dal Presidente della Camera Fontana. Quindi, gli squadristi, non il fascismo, sono gli autori. In questa lettura storica, il mandante rimane ignoto, la natura del regione nascosta. La cerimonia a Montecitorio è iniziata con un documentario di Rai Cultura: c’è Matteotti, la sua biografia, ma anche qui non c’è il fascismo. La storia scompare in un testo manipolatorio, da Istituto Luce. Bruno Vespa parla del Matteotti privato, si sofferma sulla mancanza di erotismo nell’epistolario con la moglie Velia Titta. Ne esce, volutamente, il ritratto di un ragazzo generoso ed esuberante, non certo del più efficace oppositore politico del fascismo. Poi Emilio Gentile. Con lui si torna ai fatti, al mandante, il Duce, all’essenza del fascismo come violenza. È qui che Meloni, finora immobile, fa un paio di commenti a La Russa. Infine Luciano Violante. Attualizza. Parla del parlamento. Che deve rimanere vivo. Sembra una velata critica al Premierato. Giorgia Meloni applaude per cortesia. E se ne va.

Il silenzio del Quirinale davanti allo scontro tra governo e magistrati

(di Anna Bredice)

Nelle parole, soprattutto di Forza Italia, si intravede lo spirito di vendetta che quel partito sta per portare a compimento nei confronti della magistratura. Ad esempio Maurizio Gasparri parla di sciopero dei magistrati minacciato con spirito eversivo e anticostituzionale. È come se con questo anticipo di riforma annunciata da Nordio si iniziasse a consumare la vendetta che è stata l’obiettivo per trenta anni di Berlusconi con le sue leggi ad personam. Ora c’è una riforma che dividerà le carriere dei magistrati, i togati sono contrari, gli avvocati penalisti si dicono invece favorevoli alla divisione. C’è anche altro nel progetto di Nordio: la scelta a sorte dei membri togati per togliere potere alle correnti, obiettivo rivendicato dalla destra, e poi il Csm che sarà spaccato in due. Risalta il silenzio di Sergio Mattarella, che il governo ha tentato di coinvolgere in questa fase, molto elettorale, di annuncio di una riforma per poterla portare negli ultimi comizi prima del voto. Nordio ha incontrato il Capo dello Stato e la visita è stata pubblicizzata dal ministro. Il Quirinale si è chiuso nel silenzio, segno che dirà quello che dovrà dire più avanti quando saranno chiari tutti gli aspetti del disegno di legge. La riforma inizierà il suo cammino alla Camera dei Deputati in coda all’Autonomia, che tornerà in Parlamento l’11 giugno, dopo il voto. L’Autonomia differenziata è la bandiera che Salvini deve issare per gli ultimi comizi prima delle europee. L’iter della riforma della giustizia sarà lungo, ma il governo già si attende l’aiuto dei renziani, per poter arrivare ai due terzi ed evitare il referendum.

Quasi un adolescente italiano su 10 vive in povertà

Tra le ragazze e i ragazzi di 15 e 16 anni quasi uno su dieci vive in povertà. E quasi tutti temono che in futuro il lavoro non consentirà loro di uscire dalla povertà. Lo denuncia Save The Childern. Chi è povero abbandona di più la scuola: uno su quattro pensa che lascerà gli studi. Tra chi non è in povertà la percentuale degli abbandoni è del nove per cento.
Antonella Inverno, responsabile delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza di Save The Children:


 

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    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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    1) L’incubo di Gaza visto con gli occhi di una 23enne. In esteri la testimonianza da Deir el Balah: “Mi manca ballare e ridere con le amiche”. (Aya Ashour) 2) Washington potrebbe abbandonare gli sforzi per la pace in Ucraina. Marco Rubio da Parigi lancia un avvertimento che lascia più domande che risposte. (Emanuele Valenti) 3) Stati Uniti. Harvard dice no a Trump, lui congela i fondi. Lo scontro del presidente con le università americane è sempre più pericoloso. (Roberto Festa) 4) Un posto sicuro per la scienza. L’università di Marsiglia offre asilo accademico ai ricercatori in fuga dagli Stati Uniti. Quasi 300 fanno domanda in un mese. (Francesco Giorgini) 5) Messico, mentre il governo nega la responsabilità dello stato nelle sparizioni forzate, nel week end le famiglie dei desaparecidos si preparano alle giornate nazionali di ricerca delle persone scomparse. (Andrea Cegna) 6) Mondialità. La vittoria schiacciante di Daniel Noboa e la sconfitta del “Correismo” in Ecuador conferma i cambiamenti politici in corso in America Latina. (Alfredo Somoza)

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