Il racconto della giornata di giovedì 28 marzo 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Ilaria Salis resta in carcere in Ungheria. Oggi c’è stata l’udienza a Budapest, il giudice ha respinto la richiesta di arresti domiciliari dei difensori. Sta suscitando un’ondata di proteste il decreto che modifica ulteriormente le regole di accesso al Superbonus per le ristrutturazioni edilizie. Il Tar del Lazio ha dato torto a Salvini e ragione ai sindacati di base per lo sciopero del 15 dicembre scorso. I sindacati del settore della distribuzione hanno proclamato una giornata di sciopero per il 30 marzo, vigilia di Pasqua. Dopo l’Università di Torino altri enti prendono posizione sui bandi di ricerca che possono comportare una collaborazione anche in ambito militare con Israele.
Le responsabilità del governo nel caso di Ilaria Salis
Ilaria Salis resta in carcere in Ungheria. Oggi c’è stata l’udienza a Budapest, il giudice ha respinto la richiesta di arresti domiciliari dei difensori.
Salis è di nuovo stata portata in tribunale in catene, con i ceppi ai polsi e al guinzaglio, com’era già successo due mesi fa, in un clima pesante di violenza e di intimidazione.
L’avvocato Eugenio Losco, uno degli avvocati della difesa di Ilaria Salis, ha detto di aver subito delle minacce prima di entrare in aula da un gruppo di militanti di estrema destra.
Questo è il racconto che ci ha fatto questa mattina, pochi minuti dopo l’accaduto:
A denunciare una situazione di violazione aperta del diritto europeo anche i parlamentari italiani di opposizione presenti oggi in aula a Budapest, che hanno attaccato il governo di non fare abbastanza per avere un cambio di atteggiamento da parte dell’Ungheria di Viktor Orbán, alleato di Giorgia Meloni. Per il padre di Ilaria, Roberto Salis le responsabilità del governo sono evidenti e gravi:
Per tutto il giorno il governo non ha battuto ciglio. Le uniche dichiarazioni sono state quelle del ministro Antonio Tajani. Silenzio invece da Giorgia Meloni, che ha incassato un nuovo schiaffo da Orbán. Luigi Ambrosio:
Le proteste dopo le nuove modifiche alle regole di accesso al Superbonus per le ristrutturazioni edilizie
(di Massimo Alberti)
Sta suscitando un’ondata di proteste il decreto che modifica ulteriormente le regole di accesso al Superbonus per le ristrutturazioni edilizie. Il nuovo decreto modifica quello del febbraio scorso, cancellando sostanzialmente tre delle eccezioni che ancora consentivano la cessione del credito: gli enti del terzo settore per le strutture per anziani e disabili, le case popolari, le strutture danneggiate da eventi sismici. A guidare la protesta sono proprio le regioni e i sindaci di queste aree, anche di centrodestra: dalle Marche, all’Umbria, al Lazio, ma anche il forum del terzo settore ha chiesto al governo di ripensarci. Il governo ha giustificato l’intervento con la necessità di controllare i conti pubblici in vista della presentazione ad aprile del documento di economia e finanza, ma così va ancora a colpire le fasce più deboli. Il ministro Giorgetti ha parlato di 40 miliardi di extradeficit, ma non ha chiarito quanti di questi siano generati dal superbonus. Ed è la prima questione. La seconda è una corsa del governo a blindare alcuni provvedimenti come il taglio contributivo, senza cui si giocherebbe un bel pezzo del proprio blocco socio elettorale. Ma per farlo sceglie un provvedimento bandiera attorno all’odiato superbonus.
Facciamo un passo indietro: il superbonus 110% ha un peccato originale: consentiva la cessione del credito, con sconto in fattura, a tutti, e non soltanto a chi non potesse permettersi lavori onerosi. E cosi ne hanno usufruito subito proprietari di villette, e in seguito anche molti condomini di abitanti ad alto reddito, o addirittura di seconde case al mare o montagna. Questa eccezione, contenuta nel decreto del febbraio scorso, non è stata toccata, ed è quella che più dovrebbe preoccupare Giorgetti anche perché i conti su queste strutture non sono ancora chiari. Si sceglie invece di toccare la case popolari, che rappresentano una quota minima del patrimonio edilizio e comportano lavori meno costosi, le strutture per anziani e disabili del no profit, e le vittime dei terremoti. Una scelta apparentemente illogica sul fronte dei conti, se non, appunto, per preservare i propri riferimenti elettorali. Da cui le proteste di sindaci, enti, che di fatto sarebbero del tutto impossibilitati a fare i lavori. E’ chiaro che si tratti di una scelta politica, che comunque sta fecendo discutere anche la stessa maggioranza. Giorgetti ha preso tempo per dare i numeri definitivi, si aspettano i dati di marzo. Poi dovrà scoprire le carte nel primo documento di programmazione economica, che arriva a due mesi dalle elezioni, in una fase di crescita ancora assai traballante. C’è da credere che col voto alle porte tra i partiti di governo non saranno giorni tranquilli.
Il Tar del Lazio dà torto a Salvini per lo sciopero del 15 dicembre
Il Tar del Lazio ha dato torto a Salvini e ragione ai sindacati di base per lo sciopero del 15 dicembre scorso. Il ministro con una ordinanza aveva ridotto lo sciopero nazionale dei trasporti dei sindacati di base a 4 ore. Il Tar ha accolto i ricorsi dei sindacati e annullato l’ordinanza per eccesso di potere.
“Il ministro Salvini con il suo intervento a gamba tesa su uno dei diritti fondamentali – afferma il segretario nazionale Cub Trasporti, Antonio Amoroso – ha scelto di beffare un’intera categoria di lavoratori”.
Il settore della distribuzione in sciopero il 30 marzo
I sindacati del settore della distribuzione hanno proclamato una giornata di sciopero per il 30 marzo, vigilia di Pasqua, dopo la rottura delle trattative con Federdistribuzione. Cgil Cisl e Uil hanno indetto 8 ore di sciopero in tutta Italia a cui si aggiunge la mancata disponibilità al lavoro per il 31 marzo e il 1 aprile, Pasqua e Pasquetta. Ci saranno iniziative in diverse città. Il contratto dei lavoratori e le lavoratrici del settore è scaduto da più di 4 anni. Per i sindacati, Federdistribuzione ha chiesto un ulteriore precarizzazione dei contratti, maggiore flessibilità del lavoro a fronte di un aumento insufficiente.
Anche il CNR di Pisa non collaborerà ai bandi “dual use” con Israele
Dopo l’Università di Torino altri enti prendono posizione sui bandi di ricerca che possono comportare una collaborazione anche in ambito militare con Israele. Il senato accademico della Scuola Normale superiore di Pisa ha votato una mozione di indirizzo per riconsiderare la partecipazione ad un bando di cooperazione con Israele. Ma soprattutto, il Consiglio di Amministrazione del CNR, il principale ente di ricerca pubblico italiano, ha approvato nel pomeriggio una delibera che impegna a non collaborare su bandi cosiddetti “dual use”, cioè che possano avere implicazioni anche militari, con paesi in conflitto. La presidente del CNR Carrozza si è impegnata ad una revisione dei bandi esistenti per verificarne le implicazioni. La richiesta era nata dall’appella di oltre duemila accademici italiani. Tra questi il fisico Luca Galantucci, che parla di un atto politico molto rilevante: