Il racconto della giornata di giovedì 22 dicembre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Caso Hasib Omerovic, arriva la svolta nelle indagini che ha portato all’arresto di Andrea Pellegrini con l’accusa di tortura. Lo scorso 25 luglio Omerovic, che ha 36 anni, è di etnia rom ed è sordo dalla nascita, precipitò dalla finestra della sua casa durante una perquisizione. Da cinque mesi è ricoverato in ospedale. A raccontare tutto agli inquirenti sarebbe stato uno dei poliziotti coinvolti. “Ho provato vergogna per non essere intervenuto”, ha detto. Legge di bilancio, la destra allo sbaraglio e ancora non ce la fa: la ragioneria dello Stato ha chiesto altre decine di correzioni, perché mancano le coperture. Confusione, inesperienza e errori, anche eclatanti. E il voto sulla fiducia si potrà dare solo domani sera, l’antivigilia di Natale. Resta in carcere ancora un mese Eva Kaili, l’ormai ex vice presidente del Parlamento europeo coinvolta nel Quatergate. Il punto sulla guerra in Ucraina.
Ecco cosa è successo a Hasib Omerovic
(di Mattia Guastafierro)
Prima è stato legato a una sedia con un filo elettrico. Poi preso a schiaffi. Infine minacciato con un coltello da cucina. A quel punto, terrorizzato, Hasib non ha visto altra via di fuga sensata se non quella di saltare dalla finestra, gettandosi nel vuoto.
Dopo cinque mesi di silenzi, la procura di Roma ha ricostruito quanto accaduto ad Hasib Omerovic, il 36enne sordomuto di etnia rom, tutt’ora ricoverato per la caduta lo scorso 25 luglio dal secondo piano del suo appartamento nel quartiere Primavalle di Roma, periferia ovest della Capitale.
Una vera e propria irruzione “punitiva” – così la definisce il Gip – quella che dovette subire, organizzata dall’agente di polizia Andrea Pellegrini, finito ora ai domiciliari con la pesante accusa di tortura. Violenze compiute senza motivo – scrive il giudice – e senza alcuna remora di fronte a un uomo sordomuto e alla sorella, affetta da disabilità cognitiva, che si trovava in quel momento nella stanza con lui. Pellegrini aveva messo in piedi la spedizione insieme ad altri tre agenti perché su Facebook erano comparsi dei post in cui si accusava Omerovic di aver molestato delle ragazze e di aver scattato loro delle foto. La procura contesta agli agenti di aver scritto il falso nella nota di servizio sull’attività svolta. E soprattutto il reato di depistaggio. “Pariamoci il culo dall’onda di merda che quando arriva sommerge tutti”, scriveva in una chat finita agli atti un ispettore in servizio presso la Squadra Mobile.
A raccontare tutto agli inquirenti sarebbe stato uno dei poliziotti coinvolti. “Ho provato vergogna per non essere intervenuto”, ha detto. Ora la speranza della famiglia è che il muro di silenzio sia definitivamente caduto.
La manovra tra sospensioni, rinvii e polemiche
Il caos sulla manovra economica. Nel pomeriggio nell’aula della Camera è stato deciso il ritorno del testo in commissione bilancio, tra sospensioni dei lavori, rinvii e polemiche. Dopo il caso dell’emendamento sui Comuni approvato senza i fondi necessari, la Ragioneria dello stato ha chiesto altre decine di correzioni e la questione principale è proprio quella delle coperture finanziarie.
(di Anna Bredice)
Giorgia Meloni lo chiama “rodaggio”. Ma quello che sta andando in scena in queste ultime ore in Parlamento è molto peggio, è la dimostrazione dell’inesperienza, della confusione, degli errori, della mancanza di un coordinamento tra ministri, maggioranza e governo e di una manovra di bilancio, prima vera prova del governo della destra, raffazzonata, riscritta, piena di errori anche eclatanti, come i 450 milioni per i Comuni, una cifra enorme, che equivale al tesoretto messo a disposizione dal governo per i gruppi di maggioranza e opposizione per la manovra. E poi la Ragioneria dello Stato che ha sollevato obiezioni su parecchi emendamenti che il presidente della Commissione Bilancio elenca in maniera così confusa che nessuno in aula capisce. E così, di ora in ora, la legge di bilancio non è ancora arrivata in aula per un voto, quindi al momento non è stato ancora chiesto il voto di fiducia, forse accadrà questa sera e visto che devono passare 24 ore la fiducia si voterà domani sera, con un prolungamento della discussione e del voto finale alla vigilia di Natale, chi spera il mattino, chi invece con molto pessimismo già intravede svanire il ritorno a casa entro sera. Certamente i tempi strettissimi erano noti, lo sapeva bene Giorgia Meloni un minuto dopo aver vinto le elezioni che a fine anno si sarebbe concentrate tutte le prove del fuoco di questo governo di fronte all’Europa, la manovra, criticata da Bruxelles, tant’è che il limite al Pos è finito in archivio e i circa 40 progetti da presentare entro fine anno per avere i soldi del Pnrr. A Montecitorio intanto va in scena una galleria degli errori, la Ragioneria dello Stato ha bloccato molti emendamenti che sono da riscrivere e che hanno a che fare con due questioni, l’app 18 e il lavoro agile, questioni che riguardano le coperture, i soldi che non bastano. E così la manovra è tornata in Commissione bilancio, con le opposizioni che hanno chiesto di ridiscutere la norma sulla caccia, ma inutilmente. Rimane la fine del reddito di cittadinanza, spogliato quasi di tutto, unica promessa elettorale che la destra porta a casa, a danno dei più poveri, ai quali Durigon dice: “anche se sei laureato puoi fare lo stesso il cameriere”.
Cosa succederebbe se ci fosse un’opposizione?
(di Luigi Ambrosio)
Viene da chiedersi: pensate cosa succederebbe se ci fosse una opposizione. Una cosa così non si era mai vista, la Ragioneria dello Stato che rimanda indietro 44 misure previste nella Legge di Bilancio perché prive di copertura. Mai una maggioranza come quella che sostiene il governo Meloni aveva dimostrato di essere tanto approssimativa e incapace.Già da sola la maggioranza si sta connotando come quella dei passi indietro: sul Pos, sul condono, sulla carta giovani, sullo smartworking, sulle ricette dei medici. Uno sparare alto per dare ai propri elettori l’illusione del fare e un farsi smentire per poi dire “avete visto è colpa degli altri. Non ci lasciano lavorare”. Beh, non sono sicuramente le opposizioni a non lasciare lavorare questo governo. Conte è impegnato a fare concorrenza al Pd. Il Pd è impegnato a cercare di non esplodere. A sinistra del Pd si vede poco o nulla. Nel complesso un po’ di guerriglia parlamentare si sta vedendo. Minimo sindacale. Ma più di questo nulla. E quando la maggioranza avrà sfangato in qualche modo lo scoglio della manovra economica sarà ancora più evidente il vuoto di proposta e di visione delle opposizioni. “Bisogna fare in fretta per non morire” dicono nel Pd in vista del congresso. Pensano ai sondaggi. Il problema è che il dibattito, se così lo si può chiamare, è tutto fuorché centrato su programmi concreti per il Paese. Fino a che sarà così, Meloni dovrà preoccuparsi di Bruxelles, della Corte dei Conti, magari della Ragioneria dello Stato e di qualche altra istituzione economica. Pensate cosa succederebbe se ci fosse una opposizione.
Mosca non ha nessuna intenzione di dialogare
Mosca reagisce all’invio da parte di Washington di missili patriot all’Ucraina: “sono obsoleti, troveremo un antidoto ” ha detto oggi Vladimir Putin. Il presidente russo è tornato poi però ad evocare l’apertura di un tavolo di pace: “Tutti i conflitti armati finiscono con un negoziato diplomatico. E noi non abbiamo mai rifiutato”, ha detto, accusando il governo ucraino di non voler dialogare. “Vogliamo porre fine a questa guerra, prima finisce, meglio è; i nostri avversari si devono rendere conto che è necessario trattare”, ha quindi concluso il presidente russo. A stretto giro è arrivata la replica degli Stati Uniti: “La Russia non ha dimostrato una reale volontà di negoziare” secondo il segretario di Stato americano Antony Blinken. Quello a Washington è stato il primo viaggio all’estero del presidente ucraino dallo scoppio della guerra; prima di tornare a Kiev, Zelensky ha incontrato anche il suo omologo polacco Duda. Intanto a Mariupol, la città ucraina considerata martire della guerra, le immagini satellitari e le riprese con i droni hanno permesso di individuare nuove fosse comuni: ci sarebbero almeno 10.300 tombe. Un’altra fossa comune è stata ritrovata a Kherson, città ripresa dalla forze ucraine a inizio novembre; qui sono stati trovati una quarantina di corpi.
Con il Qatargate abbiamo visto la punta dell’iceberg. Ma l’iceberg esiste davvero?
(di Alessandro Principe)
La punta dell’iceberg l’abbiamo vista. Quello che tutti si chiedono è se l’iceberg ci sia davvero. I nomi per il momento restano quelli dei primi giorni. La ormai ex vicepresidente Eva Kaili, l’ex eurodeputato Panzeri, il portaborse Giorgi, il capo della Ong “No peace without justice”, Talamanca. Il sindacalista Visentini. Quattro italiani, una greca. Loro sono gli indagati. Poi c’è l’eurodeputato del Pd Andrea Cozzolino, non indagato, che sarebbe stato tirato in mezzo dallo stesso Panzeri durante l’interrogatorio. E che per questo ha chiesto di essere ascoltato dai magistrati. Altro nome citato da Panzeri è quello dell’eurodeputato belga Tarabella, anche lui al momento non è indagato. Si parla poi di altri assistenti parlamentari di cui però non sono stati fatti i nomi. Tutti i coinvolti appartengono al gruppo dei Socialisti e Democratici.
La Commissione guidata da Ursula Von der Leyen non risulta toccata dall’inchiesta. L’ex commissario greco Avramopulos ha fatto parte del comitato etico della Ong “Fight Impunity” di Panzeri dopo il suo mandato. Tutto dichiarato regolarmente, ma l’attuale Commissione ha annunciato verifiche. Commissione che con la Ong di Panzeri non aveva rapporti ufficiali. Li ha avuti invece con l’altra Ong coinvolta nelle indagini, quella di Talamanca. “No peace without justice”, iscritta nel registro della trasparenza, ha completato 7 progetti con risorse della Commissione per oltre 5 milioni di euro. Altri due lavori in corso, per un totale di 2,7 milioni di euro.
I tempi dei magistrati non sono quelli dei media. L’indagine è delicata, tocca il cuore delle istituzioni europee. L’indipendenza degli inquirenti guidati da Michel Claise – anche di fronte a un possibile terremoto politico – è la premessa necessaria per accertare se l’iceberg ci sia davvero.