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Draghi contro una tassazione ai grandi patrimoni, Salvini mostra i muscoli sull’immigrazione e le altre notizie della giornata

Draghi ANSA

Il racconto della giornata di giovedì 20 maggio 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Il governo Draghi vara il Decreto Sostegni e prova mitigare la fine del blocco dei licenziamenti, ma questo rischia di non essere sufficiente a risolvere il problema. E si schiera con Salvini, Tajani, Meloni e anche con Renzi contro una tassazione ai grandi patrimoni. Dopo aver fallito con Speranza, Matteo Salvini usa la stessa strategia contro la titolare del Viminale Luciana Lamorgese nel tentativo di frenare l’ascesa di Giorgia Meloni. 55 milioni di sfollati nel mondo nel 2020: è quanto emerge dal rapporto del consiglio norvegese dei rifugiati e della Ong internazionale “Centro di monitoraggio degli sfollati”. Il cantautore Roberto Angelini si prende una pausa da Propaganda Live dopo aver ammesso di aver fatto lavorare una ragazza in nero ed averla attaccata per avergli fatto prendere una multa. Infine, i dati di oggi sull’andamento dell’epidemia da COVID in Italia.

Draghi si schiera con Salvini, Tajani, Meloni contro una tassazione ai grandi patrimoni

(di Anna Bredice)

Se l’intenzione di Draghi era quella di rimanere a metà sul tema fisco, con un colpo al cerchio e una alla botte, questa volta non gli è andata per niente bene. In conferenza stampa ha difeso il principio di progressività delle tasse, ma ha rimandato al mittente con una frase secca la proposta di Letta, e cioè quella di aumentare la tassa di successione per i patrimoni che superano il milione di euro, per creare una dote per i giovani destinati al precariato soprattutto dopo la pandemia. “Non è tempo di chiedere soldi ai cittadini, ma di darli“, ha detto Draghi, chiudendo di fatto l’argomento. Una frase che ha suscitato una ola generale di tutto il centrodestra, lasciando il PD di Letta con il cerino in mano e l’immagine di essere quello che vuole aumentare le tasse agli italiani dopo il COVID. La riforma del fisco, necessaria per ottenere i soldi del Recovery Plan, mette in evidenza una spaccatura nella maggioranza di governo, sui principi stessi: da un lato la progressività delle imposte e dall’altro la flat tax, che renderà tutto più complicato, ma da oggi Draghi si è schierato con Salvini, Tajani, Meloni e anche con Renzi contro una tassazione ai grandi patrimoni, lo spauracchio della destra che la chiama patrimoniale e che il PD finora non ha mai voluto adottare, nemmeno come obiettivo. Ora Letta fa diventare l’aumento della tassa di successione oltre i patrimoni di un milione, con l’aliquota massima oltre i cinque milioni, uno dei temi identitari del PD, come il ddl Zan, non a caso entrambi allontanati da Draghi anche come temi non inclusivi del suo governo. Oggi Salvini ha riproposto la flat tax e ad ascoltarlo c’era anche Marattin di Italia Viva che ha detto di condividere questa linea. Renzi quindi sul tema fisco si schiera con il centrodestra, ma per il PD c’è anche la freddezza degli ex renziani di Base riformista che hanno applaudito alla risposta di Draghi, che chiudendo la porta a Letta lo ha lasciato più isolato nel suo partito, ma forse più vicino al resto della sinistra.

Il governo prova a mitigare la fine del blocco dei licenziamenti

(di Massimo Alberti)

Nel Decreto Sostegni c’è anche un pacchetto di 6 miliardi destinato a cercare di mitigare la fine del blocco dei licenziamenti. Sono, sostanzialmente, contributi alle imprese, ed una breve proroga di due mesi del blocco, in scadenza al 30 giugno, che non era prevista nella bozza iniziale e che è stata inserita durante il Consiglio dei Ministri. Ma non è detto che basti a risolvere il problema.
Alla fine il Ministro del Lavoro Orlando strappa il contentino: blocco dei licenziamenti prorogato di 2 mesi per le aziende che chiedono la cassa COVID entro fine giugno. [CONTINUA A LEGGERE]

Salvini mostra i muscoli sull’immigrazione per rallentare l’ascesa di Meloni

(di Michele Migone)

Quando è entrato nella maggioranza del governo Draghi, Matteo Salvini aveva due obiettivi da colpire per spostare l’asse dell’esecutivo verso le sue posizioni politiche: Roberto Speranza per le riaperture e la titolare del Viminale Luciana Lamorgese per l’immigrazione. Nonostante si sia intestato il calendario di ripresa delle attività, in realtà, l’offensiva di Salvini contro il Ministro della Sanità non ha funzionato. Lui rimane al suo posto e, grazie alle decisioni di Draghi, le riaperture sono state molto più graduali di quanto la Lega volesse. Chiuso quel capitolo, Salvini ha riaperto quello dell’immigrazione. E ha adottato con Luciana Lamorgese le stesse armi che ha usato contro Speranza: gli enti locali a guida leghista. Dietro indicazione del capo, i sindaci del Nord, hanno fatto sapere al Viminale che non intendono accogliere quote dei migranti sbarcati sulle nostre coste. Un vero e proprio muro. Che mette in difficoltà il Ministero degli Interni. Il gioco, insomma, è sempre quello. A Roma, Salvini è al governo, ma contemporaneamente, attraverso i suoi che si trovano in periferia, attacca le politiche dell’esecutivo: prima Speranza con i Governatori e ora la Lamorgese con i sindaci. Per parare l’ascesa di Giorgia Meloni, Salvini mostra i muscoli sull’immigrazione. E per emergere colpisce la Lamorgese. Così facendo però provoca un altro effetto: indebolisce lo stesso Draghi. Che si è rivolto all’Europa, ma che dall’Europa non ha ancora avuto risposte. Per il giocatore di poker sovranista, una mano non difficile. Vediamo le contro mosse di Draghi.

Record di sfollati nel Mondo nel 2020

(di Alessandro Principe)

55 milioni di sfollati nel mondo nel 2020. Una cifra da record. È quanto emerge dal rapporto del consiglio norvegese dei rifugiati e della Ong internazionale “Centro di monitoraggio degli sfollati”.
L’anno scorso 30 milioni e 700mila persone hanno lasciato le proprie case a causa di disastri naturali e altre 9,8 milioni a causa di conflitti e violenze. “I numeri quest’anno sono insolitamente alti“, ha detto la direttrice della ong, Alexandra Bilak. L’aumento degli sfollati – ha detto – è stato “senza precedenti”: il numero è ora più del doppio dei circa 26 milioni di persone che sono fuggite oltre i confini come rifugiati. Perché scappano le persone? Per le guerre e per i disastri ambientali. “È scioccante che lo scorso anno qualcuno sia stato costretto a fuggire dalla propria casa all’interno del proprio Paese ogni secondo“, sostengono gli autori del rapporto – “Non stiamo proteggendo le persone più vulnerabili del mondo da conflitti e disastri“. Il clima impazzito ha un ruolo impressionante.
Il rapporto ha rilevato che tre quarti delle persone che sono fuggite all’interno del proprio Paese lo scorso anno è stato vittima di disastri naturali, in particolare quelli legati a condizioni meteorologiche estreme. Cicloni intensi, piogge monsoniche e inondazioni hanno colpito aree altamente esposte e densamente popolate in Asia e nel Pacifico, mentre la stagione degli uragani atlantici “è stata la più attiva mai registrata”
Ed è preoccupante che queste cifre siano state registrate sullo sfondo della pandemia. Le restrizioni – sottolinea il dossier – hanno ostacolato la raccolta dei dati e meno persone hanno cercato rifugi di emergenza per paura del contagio. E quindi le cifre reali potrebbero essere ancora più alte.

Angelini si prende una pausa da Propaganda Live

(di Niccolò Vecchia)

Il cantautore romano Roberto Angelini non sarà domani sera in onda a Propaganda Live: il musicista, titolare anche di un ristorante, si è messo da solo nei guai con un post sui social in cui dichiarava di aver fatto lavorare una ragazza in nero e la attaccava per avergli fatto prendere una multa.
Chiedo scusa. Ho sbagliato e mi dispiace. Ripongo la chitarra nella custodia e mi prendo una pausa”.
Ha scritto così Roberto Angelini, cantautore e primo musicista della trasmissione Propaganda Live, sui propri canali social, gli stessi che l’hanno messo nei guai. Proprio una settimana fa Angelini, che è anche socio e direttore di un ristorante romano, aveva accusato pubblicamente una ragazza, definendola un’amica che
l’aveva tradito, causandogli una multa di 15mila euro per lavoro nero. “Mi ero offerto di aiutarla nel momento del bisogno”, aveva scritto. “L’hai aiutata facendola lavorare in nero”, avevano iniziato a obiettare un po’ di persone, dopo una prima ondata di generica solidarietà ottenuta dai fan e da una nutrita schiera di colleghi dello spettacolo.
La vicenda in breve tempo è scoppiata tra le mani di Angelini: è infatti emerso che la ragazza messa alla gogna dal musicista era stata fermata per un controllo e che era stata la Guardia di Finanza a scoprire il rapporto di lavoro irregolare e a diffidare la ragazza dall’avvertire il ristorante. Angelini aveva maldestramente provato a fare un passo indietro, a chiedere scusa, senza però dar segno di aver capito quale fosse stato davvero il suo principale errore: aver fatto lavorare una persona in nero. Prendersi una pausa dalla musica, ora che stava per fare uscire un disco, sarà sicuramente doloroso, ma inevitabile. Come inevitabile anche l’assenza dal palco di Propaganda Live, spesso impegnata a denunciare il lavoro nero: con quale coerenza si poteva sorvolare su una vicenda del genere? E anche chi ha offerto solidarietà al musicista forse dovrebbe riflettere: dare lavoro in nero è sempre sbagliato, soprattutto se ci si riconosce in certi valori.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

Oggi in Italia sono stati accertati 5.741 nuovi casi di coronavirus ed è risultato positivo il 2,3% delle persone che hanno fatto il tampone, contro l’1,9% registrato ieri. Ancora 164 le morti comunicate, mentre continuano a diminuire le persone ricoverate, sia nelle terapie intensive sia negli altri reparti COVID. Il miglioramento dei dati delle ultime settimane fa sì che da lunedì prossimo tutta Italia sarà in zona gialla, compresa la Valle d’Aosta, al momento unica eccezione arancione. Dal 31 maggio alcune regioni potrebbero avere un ulteriore allentamento delle restrizioni con l’ingresso in fascia bianca, obiettivo che in altre zone potrebbe essere raggiunto in seguito (per la Lombardia si parla del 14 giugno). Per quanto riguarda i vaccini, tra oggi e domani si dovrebbe arrivare a 20 milioni di persone che hanno avuto almeno una dose: si tratta di un terzo della popolazione. Poche ore fa la fondazione sanitaria Gimbe ha pubblicato il suo rapporto settimanale.

(di Diana Santini)

Le buone notizie riguardano l’andamento della malattia: i nuovi casi sono diminuiti del 30% rispetto alla settimana precedente, i decessi del 21, i ricoverati del 22, i pazienti in terapia intensiva del 17%. Tutte le regioni sono sotto le soglie critiche di occupazione dei posti letto, per la prima volta. Diminuiscono, e questo è decisamente meno positivo, anche i tamponi effettuati, del 15% in una settimana: sembra un paradosso, ma proprio adesso che i nuovi casi calano sarebbe importante aumentare testing e tracciamento. E non è quello che sta succedendo.
Quanto ai vaccini, scrive ancora il Gimbe nel suo report, risultano ad oggi consegnate solo il 40% delle dosi previste per il primo semestre. La quasi totalità è già stata somministrata. Dopo un picco di forniture alla fine di aprile, nelle ultime settimane arrivano in italia circa due milioni e mezzo di dosi la settimana. Secondo gli annunci del commissario figliolo, nel mese di giugno ne dovrebbero arrivare altri 25 milioni: se così fosse, il secondo semestre di chiuderebbe con circa 13 milioni di dosi in meno rispetto ai 62 previste dal piano vaccinale, circa il 20% in meno.
I dati sulla campagna vaccinale elaborati e forniti dal Gimbe certificano successi ma anche alcune vistose criticità. Un italiano su tre ha ricevuto almeno una dose e poco meno della metà di questi (il 15 %) ne ha ricevute due. È importante concentrarsi però sulle categorie fragili: gli ultraottantenni sono coperti, oggi, al 90 percento, la stragrande maggioranza dei quali con due dosi. Quasi l’80 percento degli ultrasettantenni ha ricevuto almeno una dose. La copertura dei 60-69enni invece è ancora molto indietro: 4 su dieci non hanno avuto nemmeno una dose e il dato preoccupa alla vigilia di nuove riaperture perchè questa fascia d’età è a forte rischio ospedalizzazione. Pur non incidendo troppo sui decessi, può certamente portare a una nuova saturazione degli ospedali: l’età mediana di ingresso in terapia intensiva è infatti 67 anni. Le ragioni di questo ritardo sono molteplici e difficilmente verificabili. Tutto è complicato dal fatto che non esiste, nella realtà, un piano nazionale ma 21 piani regionali. L’Umbria ha per esempio aperto solo oggi a questa fascia d’età e dunque non c’è da stupirsi che sia ultima in classifica. Le forniture probabilmente non c’entrano: gli ultrasessantenni possono ricevere tutti i vaccini, a differenza dei più giovani. Quel che è certo è che l’adesione è stata inferiore alle attese, tant’è che per mantenere il ritmo delle inoculazioni quotidiane si è reso necessario aprire le prenotazioni alle fasce d’età inferiori. Un’ipotesi è che in questa fascia d’età ci sia la falsa percezione di rischiare meno e quindi meno interesse, o meno fretta, a prenotarsi: per questo il Gimbe suggerisce una campagna vaccinale più proattiva, che cioè vada a sollecitare e se necessario rassicurare chi non ha ancora aderito alla campagna.

Oggi il direttore europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità, Hans Kluge, ha detto che finora i vaccini anti-COVID si sono dimostrati efficaci contro tutte le varianti del virus. Un tema importante resta quello dei brevetti: nelle scorse ore il parlamento europeo ha votato a favore di una loro sospensione, che permetterebbe di ridurre le disuguaglianze nella distribuzione delle dosi a livello globale. La questione sarà toccata domani durante il Global health summit, un vertice organizzato dal G20 e in particolare dall’Italia, che ha la sua presidenza di turno. Sentiamo il nostro collaboratore Vittorio Agnoletto:


 

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