Approfondimenti

Le proteste contro la riforma delle pensioni di Macron, l’intervento di Greta Thunberg a Davos e le altre notizie della giornata

Greta attacca Davos,è il forum di chi distrugge il pianeta

Il racconto della giornata di giovedì 19 gennaio 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Quella di oggi in Francia è stata una giornata di mobilitazione contro la riforma delle pensioni di Macron. In Italia, invece, il primo tavolo sulla riforma pensionistica è servito soltanto a convocare altri tavoli. L’attivista Greta Thunberg è intervenuta a Davos attaccando i grandi gruppi energetici. Durante l’incontro di Ramnstein di domani, numerosi governi occidentali potrebbero annunciare l’invio di carro armati a Kiev. Alla camera si è discusso il tema delle intercettazioni telefoniche. Il tribunale di Bruxelles ha confermato la detenzione per l’ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva kaili. È passato un anno dall’accordo sulla reindustrializzazione della GKN di Campi Bisenzio.

Francia, centinaia di migliaia di persone in piazza contro la riforma delle pensioni di Macron

(di Luisa Nannipieri)

“Dobbiamo mandare un segnale, sbattere il pugno sul tavolo. Perché è la prima manifestazione e dobbiamo far capire che il popolo dev’essere preso sul serio. Il governo cerca già di colpevolizzarci perché scioperiamo ma sarà più difficile far passare quel tipo di messaggio se siamo così numerosi e determinati a far fallire questa riforma”. Vincent ha 30 anni, fa l’assistente sociale nella regione di Parigi e, come tanti, in questo gelido giovedì 19 gennaio ha risposto all’appello dell’unione intersindacale a scioperare e manifestare contro la riforma delle pensioni. Il progetto del governo, che prevede di portare l’età pensionabile dai 62 anni di oggi ai 64 entro il 2030 e che sopprimerebbe alcuni regimi speciali, è particolarmente impopolare. Ma tra il rifiuto del testo e la decisione di scendere in piazza, c’è una bella differenza. E per i sindacati, che per molti francesi in questi anni hanno più collaborato con il governo che protetto gli interessi dei lavoratori, il successo della giornata di mobilitazione nazionale era un po’ una scommessa. Visti i numeri, 400 mila a Parigi e decine di migliaia anche negli oltre 200 eventi nelle piccole e medie città, è riuscita ben oltre le aspettative. Gli organizzatori parlano di più di un milione di manifestanti in totale.
“Mi sembra ci sia molta gente”, dice Gaudine, 61 anni, insegnante: “Si vede che le persone hanno bisogno di esprimersi. è da un pezzo che c’è un malessere diffuso che ora sta esplodendo un po’, nel buon senso del termine, ovviamente.” Contraria alla riforma e al governo, lei non esclude la possibilità che si debba lavorare più a lungo, ma “bisogna adeguare gli orari e le modalità di lavoro e per il momento non è così”

Francette, pensionata, è venuta perché se ha avuto una pensione decente lo deve alle lotte dei suoi genitori. Ora vuole fare lo stesso per assicurare gli stessi diritti ai suoi figli e ai suoi nipoti. E poi, sottolinea: “abbiamo veramente l’impressione che ci stiano fregando. Intanto perché tra chi ha più di 50 anni sono in pochi quelli che possono continuare a lavorare. E poi perché le donne hanno una speranza di vita di 64 anni e gli uomini di 63. Quindi chi andrà in pensione non potrà nemmeno approfittarne.”
Per Christophe, pensionato, ex gilet giallo venuto dal mondo della finanza, si tratta di una riforma ingiusta e inutile. Addirittura, si chiede se non sia una provocazione del governo. Perché: “finanziariamente non ce n’è bisogno e spingere la gente a lavorare più a lungo, nelle condizioni di lavoro attuali, non serve a nulla. E poi abbiamo altre cose da fare: non dobbiamo concepire la pensione come un momento in cui non si fa nulla ma possiamo fare altro, continuando ad essere utili alla società in un modo diverso, anche da pensionati.”
Nonostante il sollievo di vedere che la giornata di mobilitazione è riuscita, aleggia sulla folla il dubbio di quello che succederà nei prossimi giorni. Per Christophe, e per gli altri, è una delle poste in gioco. In pochi pensano che la manifestazione possa far cambiare idea al governo, anche se la pressione della piazza è necessaria e, come si è visto con i gilet gialli, qualcosa è ancora in grado di ottenere. Ma la contestazione va costruita sulla durata e non sarà facile. Nelle prossime settimane sono previste nuove giornate di sciopero, soprattutto nelle raffinerie, e il partito La France Insoumise organizza una nuova manifestazione parigina sabato. Un’azione vista da molti, soprattutto dai più giovani, come complementare a quella di oggi. Anche perché, tra chi non ha potuto scioperare e chi non ha potuto raggiungere Parigi per la paralisi dei trasporti, rimane un’alternativa per far sentire la propria voce.

Il governo italiano sulle pensioni tentenna

(di Massimo Alberti)
In campagna elettorale la destra ha promesso di superare la riforma Fornero, ma oggi al primo tavolo con le parti sociali si è presentato a mani vuote. I sindacati volevano dati e proposte che non ci sono state. Non è chiaro se per coprire le carte sull’ennesima promessa mancata, o perché a mancare siano le idee. Ma il governo ha fatto però intuire, nelle dichiarazioni, che la strada è quello di un peso sempre minore della previdenza pubblica. Che tra disoccupazione e precariato, dice l’INPS, non se la passa bene
Come per altri temi, il primo tavolo sulla riforma delle pensioni è servito a convocare altri tavoli, da febbraio uno a settimana per definire il dopo quota 103. Come sarà, non si sa. I ministri al tavolo non hanno nemmeno visto la piattaforma sindacale. Molti lavoratori hanno votato la destra proprio per le promesse di invertire la rotta sull’aumento dell’età pensionabile della Fornero. Ma per ora il governo non ha detto né se intende farlo, né come o con quali risorse. Se non mostrare le carte sia tattica, o davvero non sappiano che fare, non è dato saperlo. Nelle dichiarazioni della ministra del lavoro Calderone successive all’incontro trapela che il peso della previdenza pubblica sarà sempre minore, a fronte di una forte spinta verso l’integrativa privata. Per chi se la può permettere, ovviamente. Insomma è chiaro che, come avvenuto nell’ultima manovra nonostante le promesse, la previdenza servirà ancora per fare cassa, nel nome della “tutela dei giovani”. Solo che l’Inps, allo stato attuale, prevede che la pensione rischiano di non vederla né i più né i meno giovani. Perché l’Inps prevede che nel 2050 il rapporto tra pensionati e lavoratori sarà di uno a uno. Insomma, causa disoccupazione e lavoro precario, non ci sono lavoratori, e non ci sono contributi. Nonostante al netto dell’assistenza i conti Inps continuino ad essere in equilibro. Insomma il problema leggendo i dati INPS è a monte, e tenere le persone al lavoro a lungo è un palliativo che evidentemente non regge. In ogni caso tutto rimandato a febbraio, tra sindacati scontenti e Confindustria che sorride.

Davos, Greta Thunberg contro i grandi gruppi energetici

L’attivista Greta Thunberg è intervenuta a Davos, attaccando prima i grandi gruppi energetici e poi lo stesso forum: “Sappiamo tutti che le persone che partecipano mettono il profitto economico a breve termine al di sopra delle persone e del pianeta”.
Thunberg è arrivata a Davos con altre tre attiviste: l’ugandese Vanessa Nakate, Luisa Neubauer dalla Germania e Helena Gualinga dall’Ecuador. Insieme hanno presentato al forum una petizione da 900 mila firme in cui si chiede ancora una volta lo stop ai combustibili fossili. “ i top-manager dell’energia “sapevano da decenni che causano catastrofici cambiamenti climatici”, si legge sulla lettera “hanno ingannato i politici e il pubblico”.

Kiev torna a chiedere carri armati all’Occidente

(di Roberto Festa)
“L’ucraina riceverà centinaia di carri armati da diversi paesi”. Lo ha detto il ministro della difesa lituano, spiegando che “sicuramente” domani, durante l’incontro di Ramnstein, numerosi governi occidentali annunceranno l’invio di carro armati Leopard 2.
Il rifornimento di Tank all’ucraina è da giorni al centro delle discussioni. Poco fa il consigliere della presidenza ucraino, Podolyak ha scritto su twitter: “l’Ucraina ha bisogno di carri armati. Che sono la chiave per porre fine alla guerra in modo appropriato. È ora di smettere di tremare davanti a Putin e fare il passo finale”. Anche la Nato è tornata sulla questione, e il presidente del comitato militare, al termine del vertice dei capi dello Stato Maggiore ha detto “Gli obiettivi strategici dei russi non sono cambiati e dunque è probabile che in primavera monteranno una nuova offensiva. I carri armati sono un mezzo importante, soprattutto per poter riprendere i territori occupati.”
Proprio sui carri armati, però, sembra si alimenta un braccio di ferro tra berlino e washington. La nato continua il pressing su berlino, che però sembrerebbe non intenzionato all’invio se prima gli stati uniti non forniranno a kiev gli Abrams, tank di ultima generazione.
Washington, per il momento, lo esclude menzionando difficoltà nella manutenzione. È pronto però un nuovo maxi pacchetto di aiuti militari, che sembra indicare anche un cambio di strategia.

Giustizia, scontro alla Camera sulle intercettazioni telefoniche

(di Anna Bredice)
“Un Parlamento supino e acquiescente alle posizioni dei Pm.” Lo ha detto il ministro della giustizia Carlo Nordio alla Camera dei deputati dove ha ribadito la volontà di intervenire sui cosiddetti abusi nell’uso delle intercettazioni, ma non contento di questo l’ex magistrato, ora passato dall’altra parte, ha attaccato i parlamentari nell’autonomia delle loro funzioni accusandoli, naturalmente riferendosi all’opposizione, di essere supini ai Pm. Il ministro della Giustizia a Montecitorio ha presentato la sua relazione, come aveva fatto ieri al Senato, ma considerate le critiche, oggi aggiusta il tiro e garantisce che le intercettazioni si faranno anche sui reati spia, quelli che potrebbero essere collegati a fenomeni mafiosi. Non è entrato molto nello specifico di quali reati siano però. Le opposizioni, a parte il terzo polo, quindi Pd, Cinque stelle e Sinistra italiana hanno fatto sentire oggi una voce abbastanza unitaria nei confronti delle posizioni della destra sulla giustizia, anche il partito di Giorgia Meloni ha dimostrato di non avere le idee molto chiare su questo, con la candidatura di Giuseppe Valentino indagato in un processo per ‘ndrangheta, alla vicepresidenza del Csm, nome poi ritirato in tutta fretta. Chi ha parlato con voce più forte è stato Conte per i Cinque stelle, che ha invitato Nordio ad avere un maggiore rispetto verso il Parlamento usando anche un linguaggio consono, ha attaccato il governo accusandolo di depotenziare gli strumenti per combattere la mafia. Il Pd ha messo in luce le contraddizioni di Nordio, che sulle intercettazioni ha avuto posizioni diverse nel corso dei mesi.

Eva kaili dovrà rimanere in carcere per almeno un altro mese

Lo ha deciso nel pomeriggio il tribunale di Bruxelles, confermando la detenzione per l’ex vicepresidente del Parlamento europeo, arrestata a dicembre nell’inchiesta per corruzione che coinvolge anche l’ex eurodeputato italiano Antonio Panzeri. Prima della sentenza oggi gli avvocati di Kaili hanno sostenuto che abbia subito atti di tortura: “Dall’11 al 13 gennaio è stata in isolamento, per 16 ore è stata al freddo” hanno detto i legali, secondo cui all’ex vicepresidente sarebbe stata negata una seconda coperta, le sarebbe stato tolto il cappotto e le sarebbe stato impedito di dormire e lavarsi. Gli stessi avvocati hanno aggiunto che in sei settimane di carcere non ha potuto vedere la figlia.

GKN, come ti distruggo un’eccellenza industriale

(di Massimo Alberti)
Un anno fa, dopo mesi di presidio permanente, l’accordo sulla reindustrializzazione della GKN di Campi Bisenzio, acquisita dalla società QF dell’imprenditore Francesco Borgomeo. Ma da allora non è mai stato presentato un piano industriale. E da mesi non arrivano gli stipendi. La ex GKN diviene così simbolo dell’assenza di una politica industriale. Nel disinteresse delle istituzioni, mentre i lavoratori continuano a resistere.
Quando sentite politici o imprenditori che usano fiumi di parole sull’industria da rilanciare, sull’eccellenza italiane da valorizzare, ricordategli della GKN, oggi QF. Stabilimento fiorentino di semiassi considerato fiore all’occhiello dell’industria, che nel luglio 2021 l’allora proprietario, il fondo finanziario britannico Melrose – che nel frattempo sta chiudendo un altro stabilimento europeo -, tentava di chiudere dopo aver licenziato con un WhatsApp gli oltre 300 lavoratori. Dopo mesi di lotta, un anno fa l’accordo con la QF che si impegnava a convertire la produzione e reindustrializzare il sito. Ma da quel patto solenne davanti alle istituzioni, il vuoto. Subito il collettivo di fabbrica ha fiutato il possibile inganno: che l’acquisizione non servisse a rilanciare, ma a chiudere. Quanto successo in questi mesi sta rendendo realtà quel sospetto: il piano industriale non è mai arrivato, Borgomeo ha più di una volta disertato i tavoli istituzionali, un paio di tentativi goffi di svuotare i capannoni, richieste di soldi pubblici per casse integrazione ritenute illegittime, e da alcuni mesi gli stipendi che non arrivano “nel tentativo di prenderci per fame” accusa il collettivo. Qualche lavoratore nel frattempo ha ceduto, ma la stragrande maggioranza sono ancora li. A curare i capannoni, col bar alla portineria. E non sono stati fermi; hanno presentato un piano di rilancio industriale chiedendo al pubblico di finanziarlo, hanno creato una società di mutuo soccorso, sempre con l’appoggio del territorio e la solida rete di solidarietà creata in quest’anno e mezzo. Ma ciò che sconcerta è lo stare a guardare delle istituzioni il deperire di un’eccellenza industriale, il cui salvataggio sembra interessare solo ai suoi operai Quando sentite promessi di politici o imprenditori su rilanci industriali o posti di lavoro, ricordatevi l’ex GKN.

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