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Il timore dell’allargamento del conflitto in Medioriente, la crisi umanitaria a Gaza e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di giovedì 21 ottobre 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Il livello di tensione è altissimo, e c’è il timore che il conflitto esca dai confini di Gaza e coinvolga altri paesi. Oggi per Gaza è stato il sesto giorno di bombardamenti. Come previsto il Cnel di Brunetta boccia il salario minimo. I giovani sono sempre meno e diventano adulti sempre più tardi. Potrebbe allargarsi lo scandalo scommesse nel mondo del calcio italiano.

Medioriente, il timore dell’allargamento del conflitto

Siamo al sesto giorno di guerra tra Hamas ed Israele. Il numero di vittime continua a crescere, la situazione umanitaria a Gaza si aggrava, gli appelli affinché Tel Aviv metta fine all’assedio nella striscia sono finora caduti nel vuoto.
Il livello di tensione è altissimo, e c’è il timore che il conflitto esca dai confini di Gaza e coinvolga altri paesi.
Sono oltre 1400 le vittime, migliaia i feriti a Gaza, dove la situazione è ormai insostenibile: da 36 ore non c’è più energia elettrica, cibo, mentre medicinali e acqua scarseggiano.
Gli ospedali non riescono a far fronte alla drammatica situazione umanitaria
è in questo contesto che oggi Hamas ha lanciato un avvertimento a Tel Aviv: “La battaglia non si limiterà alla Striscia di Gaza. Altri fronti si uniranno presto”.
Questa minaccia arriva poco dopo che il presidente iraniano Raisi ha ribadito, in una telefonata con l’omologo siriano Bashar al-Assad, che l’obiettivo dell’Iran è fermare i crimini di Israele, e che sta già lavorando per trovare una convergenza con tutti i paesi islamici.
A completare il quadro dobbiamo segnalare che oggi Israele ha condotto dei raid aerei sugli aeroporti siriani di Aleppo e Damasco, e che ci sono state scambi a fuoco al confine tra Israele e Libano.
Poco fa è intervenuta anche la Turchia “Invece di abbassare la tensione, gli stati uniti gettano benzina sul fuoco mandando navi da guerra nel Mediterraneo”. Ha detto il presidente turco Erdogan.

Sesto giorno di guerra, crisi umanitaria a Gaza

Oggi per Gaza è stato il sesto giorno di bombardamenti. La Striscia è sotto l’assedio delle forze israeliane che hanno tagliato i rifornimenti di acqua, cibo ed energia.
Karam è un cittadino palestinese che vive a Gaza. Oggi è riuscito a mandarci questa testimonianza.

Sono più di 300mila gli sfollati a Gaza che hanno perso la casa, come accaduto a Karam. Molti vengono aiutati in queste ore dagli operatori umanitari rimasti nell’enclave. Ma le scorte stanno per finire. Tommaso Della Longa è il portavoce della federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa.

L’unica via di fuga per la popolazione civile di Gaza sarebbe il valico di frontiera di Rafah, controllato dall’Egitto.
Oggi Il Cairo ha prima annunciato di essere disponibile ad aprirlo, ma solo se Israele accetta un cessate il fuoco, e ha poi dichiarato che in ogni caso il valico resta chiuso perché è inagibile a causa dei bombardamenti dell’aviazione israeliana.

 

Il Cnel di Brunetta boccia il salario minimo

(di Massimo Alberti)
Il Cnel di Brunetta fa quanto richiesto da Giorgia Meloni e boccia il salario minimo. Una parte dei consiglieri ha votato contro la relazione. La maggioranza ha già chiesto il rinvio della discussione in aula della proposta delle opposizioni.
Tutto era stato apparecchiato per il risultato chiesto dalla committente, la presidente del consiglio Meloni. Il salario minimo non serve, è la sentenza del Cnel. Per il suo presidente, l’ex ministro di Centrodestra Brunetta, contro il lavoro povero la via è la contrattazione, non la supplenza delle leggi, riferendosi anche alla cassazione che negli ultimi giorni ha riscritto le regole sul salario. La commissione del Cnel, affidata da Brunetta a Michele Tiraboschi, economista la cui contrarietà al salario minimo erano note e conclamate, ha parlato della necessità di una pluralità di strumenti. Tra cui però, proprio il salario minimo non trova spazio. Tiraboschi ha riproposto la tesi di Meloni secondo cui il salario minimo livellerebbe in basso i salari. Falsa perché l’esperienza reale, ovunque venga applicato, dimostra esattamente l’opposto. E che fosse un killeraggio “ad propostam” è stato reso chiaro dal fatto che sia stata bocciato l’emendamento di alcune consigliere, per una sperimentazione nei settori dove i contratti nazionali hanno retribuzioni sotto la soglia di povertà, dunque dove la contrattazione palesemente non basta a garantire salari dignitosi, come sancito anche dalla corte costituzionale e dalla cassazione. Unica concessione: una tariffa minima per gli autonomi, da basare però sui contratti collettivi di settore. E si riparte da capo. Dentro il Cnel hanno votato a favore del documento i rappresentati delle imprese, il terzo settore, la CISL. Contro Cgil e Uil. Ora sarà il parlamento a completare l’opera: mercoledì il tema doveva approdare alla camera, la maggioranza ne ha già chiesto il rinvio, tra le proteste dell’opposizione, in vista della bocciatura definitiva.
Le reazioni politiche dall’opposizione: “Sul salario minimo il governo fugge, abbia il coraggio di dire no” la reazione della segretaria PD Schlein, per il capo politico dei 5 stelle Conte “oggi si è+ consumato il delitto perfetto”

Istat, la situazione dei giovani in Italia

I giovani sono sempre meno e diventano adulti sempre più tardi. Sono 3 milioni in meno i ragazzi tra i 18 e i 34 anni rispetto al 2002. Nel 2021 l’Italia era lo Stato dell’Unione Europea con la percentuale più bassa di popolazione in questa fascia d’età: 17,5% contro il 19,6 della media UE. Al Sud il calo raggiunge quasi il 30%. Altro dato fondamentale è lo slittamento del passaggio alla cosiddetta età adulta, evidenziato dall’aumento di giovani che ancora vivono a casa dei genitori: il 71,5% al Sud e il 69,4% in Italia. E se un motivo di questo slittamento può essere anche la crescita di iscritti all’università e laureati, certamente l’alta disoccupazione giovanile non aiuta le persone a costruirsi una vita autonoma. Nel 2022 il 18% dei giovani tra i 15 e i 29 anni era senza lavoro.
Tutto questo si inserisce in un contesto politico in cui i giovani sono sì uno dei target considerati principali nel PNRR, come dice Istat, ma la comunicazione pubblica e politica li ignora o li contrasta. Si pensi alle costanti polemiche estive dei ristoratori sulla mancanza di lavoratori o all’età media del Parlamento supera i 50 anni e al fatto che alla Camera non ci siano under 30. Sarà per questo che la politica parla soprattutto a un elettorato anziano, vero blocco di maggioranza nel Paese, e sarà per questo che il provvedimento più pubblicizzato dell’attuale governo sui giovani ha soltanto aumentato le pene nei confronti dei minori.

Lo scandalo scommesse nel mondo del calcio

Potrebbe allargarsi lo scandalo scommesse nel mondo del calcio italiano, spuntano nuovi nomi dopo quello di Nicolò Fagioli. Il giovane calciatore della Juventus ha confermato volontariamente alla procura di Torino e a quella federale della Fgic le voci che lo coinvolgono, dopo che il suo nome era finito nelle carte giudiziarie per presunte scommesse su piattaforme clandestine, vietate dalla giustizia sportiva. Fagioli era stato nominato anche da Fabrizio Corona, che ora ha fatto anche i nomi di Nicolò Zaniolo e Sandro Tonali. Nel pomeriggio la polizia si è presentata al ritiro della nazionale a Coverciano per un colloquio con i due calciatori.

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    Finanza, banche, industria, governo e...cannoni. Il risiko bancario di questi giorni mostra l’attivismo straordinario dei grandi poli del credito e delle assicurazioni in Italia. Mediobanca, Generali, MPS e poi Unicredit e Intesa. Caltagirone e gli eredi di Del Vecchio. Il governo Meloni. Il campo da gioco è il triangolo Milano, Trieste e Roma. Chi comanderà sui miliardi dei “triestini” di Generali? Saranno ancora i “milanesi” di Mediobanca? Oppure saranni i “romani” Caltagirone e Delfin, con l’aiuto del governo Meloni? In questo caso Caltagirone e Delfin potrebbero finire per spartirsi un pezzo delle spoglie di una nuova Mediobanca, senza più le Generali in cassaforte. Manca solo Unicredit e, soprattutto, Intesa per capire se i cambiamenti saranno ancora più profondi. A fronte dell’attivismo bancario c’è poi un mondo industriale bloccato nella sua crisi. La produzione delle industrie italiane sembra non riprendersi più, cala da 25 mesi consecutivi. La politica industriale del governo è non-pervenuta. Unica speranza, le commesse militari, la spesa pubblica per la difesa che sosterrà un pezzo della ripresa dell’industria italiana. Ospiti a Pubblica Gianni Dragoni, giornalista del Fatto Quotidiano, esperto di economia e finanza; e Francesco Garibaldo, ricercatore, collabora con la Fiom Cgil su questioni di politica industriale.

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