Il racconto della giornata di giovedì 9 febbraio 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. “La libertà dell’Europa dipende da quella dell’Ucraina”. Così ha detto Zelensky oggi a Bruxelles. Due le sue richieste: una corsia preferenziale per Kiev per entrare nell’Unione europea e i caccia. Intanto il governo italiano appare sempre più isolato ed è saltato il bilaterale tra Meloni e Zelensky. Più di 20mila morti nel terremoto che ha devastato Turchia e Siria: dall’Onu l’appello per far arrivare gli aiuti nel minor tempo possibile. Per il governo di Meloni, Alfredo Cospito può anche morire. L’atteso parere del ministro della Giustizia è arrivato oggi e resta solo la decisione della Corte di Cassazione, che arriverà il 24 febbraio. Il destino del reddito di cittadinanza e la terza serata di Sanremo, con la pallavolista Paola Egonu. Addio al maestro Burt Bacharach.
Com’è andato il viaggio a Bruxelles di Zelensky
Mentre la guerra in Ucraina potrebbe essere ad un nuovo momento di svolta, Zelensky oggi era a Bruxelles, dove prima al Parlamento europeo e poi al Consiglio è tornato a chiedere jet da combattimento all’Ue. “La libertà dell’Europa dipende da quella dell’Ucraina”, ha detto rivolgendosi agli europarlamentari, ribadendo la necessità di invii rapidi. Il viaggio a Bruxelles del presidente ucraino conclude le sue 48 ore in Europa, dopo essere stato ieri prima a Londra e poi a Parigi, dove ha incontrato Macron e il cancelliere tedesco Scholz. Cosa porta a casa Zelensky da questo viaggio?
(di Martina Stefanoni)
Il viaggio di Zelensky in Europa non è iniziato casualmente da Londra. Downing Street è fin dall’inizio uno dei più grandi sostenitori di Kiev e sulle armi hanno in più momenti aperto la strada per un cambio qualitativo degli invii. Da qui è partito con la richiesta di caccia militari che ha poi portato prima a Parigi e poi oggi a Bruxelles. A Bruxelles, oggi, ha fatto appello al senso di appartenenza ad un progetto comune. Sostenuto da valori democratici e umanitari condivisi ai quali ha opposto la Russia. Il suo discorso ha strappato molti applausi e standing ovation, ma quando si è arrivati alle richieste concrete, le risposte dei leader europei sono state un po’ più tiepide. Due erano gli obiettivi di Zelensky: una corsia preferenziale per l’ucraina per entrare nell’unione europea, e l’invio di jet militari. Sul primo punto, la posizione europea rimane la stessa: per l’ingresso l’ucraina deve rispettare i criteri e portare avanti le riforme richieste, nessuna accelerazione. Per quanto riguarda i caccia militari, nonostante Zelensky abbia parlato di “segnali positivi”, e nonostante il parere più che positivo in questo senso di Metsola, Von Der Leyen e Michel, i paesi membri sembrano più cauti. A partire da Berlino e Parigi, che dicono che al momento è più importante concentrarsi sulle necessità immediate. Il viaggio di Zelensky è stato un successo a livello simbolico e politico, ma non dal punto di vista concreto delle sue richieste, che per ora rimangono ancora solo promesse.
L’urgenza di Zelensky sui jet da combattimento, come dicevamo, è legata anche all’imminente nuova offensiva russa attesa da settimane. Inizialmente sembrava che sarebbe stata un’offensiva di primavera, ma dagli spostamenti sul campo, sembra che possa essere più imminenente. Oggi il governatore della regione di Lugansk ha detto che è già in corso e che i russi stanno cercando di sfondare le linee ucraine a Kreminna. Anche secondo il think tank statunitense l’istituto per lo studio della guerra, le forze russe hanno ripreso l’iniziativa e iniziato la grande offensiva.
Chi non si fida di Meloni
(di Luigi Ambrosio)
E’ una questione di affidabilità, oltre che di credibilità. I paesi europei che hanno escluso Meloni non si fidano. Non puoi rivendicare di essere sovranista e poi pretendere di sederti allo stesso tavolo di Francia e Germania. L’Italia è un paese fondatore dell’Unione Europea e la sua svolta politica è un problema serio che pone il nostro paese ai margini.
Il governo italiano oscilla tra l’ambizione al protagonismo, basti pensare ai viaggi di Meloni in Nord Africa per i contratti energetici e la voglia di rompere, come quando la premier ha affermato che vuole fare prevalere l’interesse nazionale sull’Europa o come quando ha iniziato a scontrarsi con la Francia sui dossier economici tanto da costringere Mattarella a intervenire per scongiurare una gravissima crisi politica e diplomatica.
Poi c’è un altro piano, che diventa cruciale quando si parla di guerra in Ucraina: qual è la linea del governo italiano? Da un lato c’è Fratelli d’Italia che cerca di accreditarsi come una destra filo occidentale e filo Nato, nonostante le origini culturali del partito di Meloni. Dall’altra il governo annovera Salvini e Berlusconi, due che non nascondono simpatie e rapporti con la russia putiniana.
Quando Salvini ripete le battute sulla partecipazione di Zelensky a Sanremo non sta solo cercando di guadagnare visibilità. Sta dicendo cosa pensa della guerra. Pretendere che il governo italiano partecipi a riunioni delicate dove si parla di aiuti militari e strategici all’Ucraina è complicato date queste premesse. Fino a quando Meloni non metterà a tacere i suoi alleati, ammesso che le interessi farlo, di lei non ci si fiderà all’estero. Le sue espressioni corrucciate di fronte a Macron e Scholz non cambieranno questo dato di fatto.
Ci sono più di 20mila vittime in Siria e Turchia
Dopo quattro giorni, il numero dei morti in Siria e Turchia per il terremoto ha superato quota 20mila. Le ricerche continuano per la quarta notte consecutiva, mentre pian piano svanisce la speranza di trovare altri sopravvissuti, anche a causa del freddo e della neve.Centinaia di migliaia di persone sono rimaste senza casa e hanno bisogno urgente di aiuti. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, ha definito il sisma “il più grande disastro naturale del nostro tempo”, facendo un appello all’unità e alla necessità di mettere le persone davanti alla politica. Oggi sono arrivati in Siria i primi aiuti umanitari delle Nazioni Unite, ma le sanzioni rendono più complicate le operazioni di invio. Estremamente complicata anche la situazione in Turchia, dove alcune zone rimangono ancora completamente isolate.
Nordio ha deciso che Cospito deve restare al 41bis
Per il governo, dunque, Alfredo Cospito può anche morire. L’atteso parere del ministro della Giustizia è arrivato oggi: Carlo Nordio ha deciso che il detenuto anarchico deve restare al regime di 41 bis stabilito dal suo predecessore Marta Cartabia. Cospito sta scontando l’ergastolo ostativo per due pacchi pieni di polvere pirica esplosi di notte all’esterno della caserma dei carabinieri di Fossano.
Il ministro della Giustizia spiegherà il 15 febbraio le ragioni per cui non ha revocato il 41 bis al militante anarchico, per ora note solo a fonti del ministero in cui si parla del rischio di comunicazioni con l’esterno, del fatto che Cospito avrebbe istigato le azioni di violenza di questi giorni – il che è un paradosso sublime: sarebbe la dimostrazione che il 41bis non funziona, visto che Cospito avrebbe istigato da sottoposto a quel regime -, e sulla base dei pareri dei magistrati. Solo che Nordio sul tavolo ne aveva due: uno della direzione nazionale antimafia ed antiterrorismo che apriva ad una possibile revoca del 41bis, ed uno della procura di Torino, per mantenerlo. Ha scelto quest’ultimo. “ il governo ha inventato un nemico, l’inesistente pericolo di un assalto anarchico allo stato, per giustificare la propria linea ideologica sulla giustizia” commenta l’ex senatore Luigi Manconi. Cospito intanto continua lo sciopero della fame ed ha perso quasi 50 chili, le sue condizioni sono sempre più a rischio, ha riferito il suo avvocato che lo ha visitato ieri nel carcere di Opera, ed ha ribadito il rifiuto di trattamenti sanitari obbligatori. L’ultima strada è la Cassazione, che il 24 febbraio deciderà del ricorso sulla legittimità del 41 bis. Ricorso basato sulla sentenza di un processo contro attivisti anarchici, tra cui Cospito, in cui la corte d’appello nega l’esistenza di un’associazione, e sostiene che Cospito non avrebbe influenza su altri attivisti, proprio i due presupposti su cui era stato deciso il carcere duro dall’ex ministra Cartabia.
A luglio mezzo milione di famiglie perderanno il reddito di cittadinanza
(di Massimo Alberti)
“Il reddito di cittadinanza sarà sostituito da misure concrete” ha ripetuto la presidente del consiglio Giorgia Meloni in un’intervista al Sole 24 ore, aggiungendo l’ovvio: che saranno misure contro la povertà. A luglio quasi mezzo milione di famiglie perderanno il sussidio. A oggi, degli annunci di Meloni non si vede traccia.
Se la prende comoda Giorgia Meloni, che evidentemente non considera un problema come centinaia di migliaia di persone mangeranno da luglio in poi. Non è un mistero che la soluzione possibile sia quel settore turistico che cerca lavoratori a basso costo, senza diritti e con bassi stipendi. Sempre che funzioni, considerando la platea. Ad esser privati del reddito saranno il 23% dei beneficiari, 6-700mila, il 38.5% delle famiglie, circa 440mila: non solo i cosiddetti occupabili, ma tutti i beneficiari senza figli minori, disabili e anziani. Sono persone con bassissima qualifica e scolarità, spesso senza reti di sostegno, di fatto occupabili solo sulla carta. Per ora si sa solo che nelle prossime settimane riceveranno un modulo web da compilare -sempre che lo possano fare: Il 70% non ha nemmeno la terza media o l’alfabetizzazione informatica di base – che sarà condiviso con le agenzie private per incrociarlo con le offerte di lavoro e formazione. Il governo aveva promesso di potenziare la formazione. Non che avrebbero risolto il problema, ma i corsi non sono mai partiti. Anzi, il governo pensa di cancellare l’agenzia per le politiche attive, i cui lavoratori oggi hanno protestato. Non c’è nemmeno il protocollo col Miur per i corsi scolastici dei percettori più giovani. Potrebbe entrar tutto nel decreto lavoro – quello che precarizza ancor più il mercato tornando al jobs act sui contratti a termine – o forse in un decreto apposito entro fine mese. A quel punto però di mesi ne resterebbero 5. dal 1° gennaio 2024 il reddito dovrebbe poi esser sostituito da un altro indefinito sussidio, ma non si sa nulla anche di questo. I poveri per il governo Meloni, semplicemente non sono una priorità.
Il Festival di Sanremo non piace alla destra di governo
Tra circa un’ora la terza serata del Festival di Sanremo. I temi portati sul palco dell’Ariston non stanno piacendo alla destra di governo, dall’omaggio alla Costituzione ai temi della fluidità di genere. Il ministro della Cultura Sangiuliano oggi ha chiesto agli organizzatori di dedicare un momento del Festival al ricordo delle Foibe, mentre la Rai si è ufficialmente dissociata da Fedez. Ieri nel corso della sua esibizione il rapper ha strappato la foto del viceministro Bignami, di Fratelli d’Italia, vestito da nazista. Questa sera, come co-conduttrice, ci sarà la pallavolista Paola Egonu. La campionessa, indifferente alle critiche di Salvini, terrà un monologo sul razzismo, che lei stessa ha dovuto subìre. Oggi in conferenza stampa Egonu ha risposto al leader della Lega, dicendo che “Sì, l’Italia è un paese razzista”.
Addio al maestro Burt Bacharach
(di Niccolò Vecchia)
Burt Bacharach è stato uno dei personaggi più importanti della musica popolare del secondo novecento. La sua morte, arrivata per cause naturali all’età di 94 anni, viene accolta in queste ore dal cordoglio di pressoché tutto il mondo della musica e dei suoi nomi più illustri, molti dei quali sono stati fortemente influenzati dal lavoro del pianista e compositore americano. Uno dei suoi primi lavori importanti fu come pianista e arrangiatore della band di Marlene Dietrich, a fine anni ‘50, mentre negli anni ‘60 fu la collaborazione con il paroliere Hal David a creare una delle più straordinarie macchine da hit della storia della canzone. Gene Pitney, Dionne Warwick, Aretha Franklin, Tom Jones e decine di altri interpreti furono abbastanza fortunati da poter cantare una delle loro canzoni, che erano quasi una garanzia di scalare le classifiche. E poi ancora le colonne sonore, i tre oscar ad aggiungersi ai sei grammy conquistati nella sua lunga carriera. che non aveva mai davvero abbandonato: tra qualche settimana infatti uscirà un cofanetto, a cui Bacharach ha collaborato in prima persona, che celebrerà lo splendido incontro con Elvis Costello, nel 1998, che diede vita all’album Painted from Memory. Burt Bacharach ci lascia un repertorio enorme, la cui influenza sulla grammatica e l’estetica della musica pop è davvero incomparabile, che non smetteremo di celebrare e raccontare.