Approfondimenti

La nuova fase del Partito Democratico, un altro naufragio ignorato dalle autorità italiane e le altre notizie della giornata

Elly Schlein ANSA

Il racconto della giornata di domenica 12 marzo 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. “È una nuova primavera”: Elly Schlein descrive così l’inizio di una nuova fase del partito che da oggi è nelle sue mani, con l’Assemblea che l’ha acclamata e che ha applaudito i tanti suoi passaggi. In settimana in Consiglio dei Ministri potrebbe arrivare la legge delega per la riforma del fisco, e dai primi dettagli si prospetta una redistribuzione verso i redditi più alti. Ad una settimana dalla strage di Cutro, un altro naufragio nel Mediterraneo su cui l’italia poteva intervenire ma non lo ha fatto: un gommone con a bordo 47 persone si è ribaltato tra la Libia e l’Italia. 30 le persone disperse, 17 quelle salvate.

Cosa emerge dalla bozza della legge delega per la riforma del fisco

(di Massimo Alberti)

Il governo l’ha promessa entro metà marzo: in settimana in Consiglio dei Ministri potrebbe quindi arrivare la legge delega per la riforma del fisco. Ancora diversi i dettagli da chiarire su quella che si prospetta come una redistribuzione verso i redditi più alti. Mettendo da parte per ora quello che non c’è, ovvero un’azione sulle rendite. Punto che il governo evidentemente non vuol proprio toccare, visto che nei 21 articoli divisi in 4 parti, dove si toccano diversi punti del sistema di riscossione, sparisce ad esempio ogni riferimento alla revisione del catasto. La riforma fiscale va in sostanza sui due fronti delle tasse alle imprese e alle persone fisiche, schiacciando verso il centro le aliquote che passeranno a 3. Questo ad oggi è il punto certo. Le bozze ad ora ipotizzano uno schema con aliquota al 23% per redditi fino a 15mila euro, al 27% per redditi da 15mila a 50mila, e 43% oltre i 50mila. Se così fosse, ci guadagnerebbero i redditi medio-alti. Le prime simulazioni della Fondazione nazionale commercialisti prevede fino a 1.150 euro di tasse in meno per chi redditi intorno a 50mila euro. Ma è ancora presto, perché detto che l’obiettivo dichiarato di legislatura è il massimo della regressività fiscale, ovvero la flat tax. Molto si giocherà sull’annunciato riordino di detrazioni e deduzioni: secondo il governo sarebbe ciò che garantirà l’equità del sistema, coprendo la riforma da interventi di incostituzionalità della consulta, ma servirà anche a capire chi e quanto davvero ci guadagnerà dalla riforma. Che di fatto sarà finanziata col taglio della spesa sociale: dalla fine del reddito di cittadinanza col passaggio al MiA, al risparmio sui crediti di imposta del superbonus, e in parte con la prevista revisione degli incentivi fiscali alle imprese, sulla quale però non solo non c’è ancora alcun piano che vada oltre agli annunci, ma che sarà ampiamente ricompensata dalla revisione dell’Ires e l’abolizione dell’Irap .

La “nuova primavera” del Partito Democratico guidato da Schlein

(di Anna Bredice)

“È una nuova primavera”: Elly Schlein descrive così l’inizio di una nuova fase del partito che da oggi è nelle sue mani, con l’Assemblea che l’ha acclamata e che ha applaudito i tanti suoi passaggi soprattutto quelli nei quali definisce la linea e il programma di un PD che guarda nettamente a sinistra, soprattutto in tre punti che per la neo segretaria ora sono prioritari: lotta alle diseguaglianze, lavoro e lotta ai cambiamenti climatici. E su questo cerca l’unità del partito, ma non di facciata. “Mi aspetto lealtà”, dice, e sfida il partito sul superamento delle correnti e dei capibastone, alcuni dei quali però per la sua parte l’hanno sostenuta alle primarie. Ma la forza di Schlein che porta oggi all’assemblea è il consenso delle primarie, l’avvicinamento di chi aveva voltato le spalle al partito, e che, annuncia, si sono tradotti finora in circa diecimila nuovi iscritti. Nel suo lungo discorso ha parlato di molti temi, dalla guerra in Ucraina sulla quale ha ribadito che si continuerà pienamente a sostenere il paese aggredito, non rinunciando al ruolo che deve avere l’Europa per la fine del conflitto e per una pace giusta, dice. Poi il lavoro, la battaglia contro il Jobs Act, la difesa del reddito di cittadinanza, la lotta per il salario minimo, che vede già un inizio di collaborazione con le altre opposizioni. E all’opposizione si rivolge Elly Schlein chiedendo di provare a unirsi contro un governo che si è comportato in maniera non umana a Cutro, che sul fisco crea maggiori diseguaglianze, che ha deciso di premiere i più ricchi. Si è soffermata sui diritti, quelli civili e sociali camminano insieme, perché chi non vede riconosciuta la propria identità è una persona che comunque lavora e paga le tasse. Una legge contro l’omofobia, il riconoscimento delle coppie omogenitoriali, “Ci sarebbe da non dormire la notte per queste battaglie”, dice, e poi lo Ius soli. Battaglie di sinistra che ora trovano nella prima segretaria donna chi le difende, con qualche mugugno dell’area più cattolica del partito. Paola De Micheli l’ha avvertita di essere attenta al mondo cattolico, ma in questo momento è difficile contrastare l’onda lunga di una vittoria così netta.

Un altro naufragio ignorato dalle autorità italiane

(di Massimo Alberti)

Ad una settimana dalla strage di Cutro, un altro naufragio nel Mediterraneo su cui l’italia poteva intervenire ma non lo ha fatto: un gommone con a bordo 47 persone si è ribaltato tra la Libia e l’Italia. 30 le persone disperse, 17 quelle salvate.
Il primo allarme era avvenuto quasi 36 ore prima del naufragio. Ma le autorità italiane, avvertite, non sono intervenute. Anzi: il coordinamento italiano ha dato indicazioni ad un mercantile di attendere la cosiddetta guardia costiera libica per respingerli, ma non è mai arrivata. Mentre le motovedette veloci italiane sono rimaste in porto e le navi militari in zone non coinvolte. Il mercantile ha poi recuperato alcuni superstiti, ma ormai era troppo tardi.
Ci sono molte cose che le autorità italiane dovranno spiegare a proposito di questo ennesimo naufragio, e che emergono dagli elementi disponibili nella ricostruzione.
Il primo allarme alle 2.28 nella notte di sabato 11 marzo, dalla Ong Alarm Phone, che contattata da due persone a bordo riferiva di un gommone con 47 persone, il motore in avaria, in balia delle onde n zona Sar Libica, 120 miglia a nord di Bengasi. Il barcone era stato avvistato anche da un aereo di monitoraggio della ONG Sea Watch che ha subito contattato la sala operativa del centro di coordinamento di Roma. La quale ha riferito di aver chiesto ad un mercantile di navigare in zona ma di non intervenire se non per monitorare la situazione, ed attendere invece l’intervento della cosiddetta guardia costiera libica, i gruppi di miliziani incaricati dall’Europa di intervenire per cercare di fermare le partenze o riportare indietro le navi intercettate. Quindi di fatto un respingimento. Contattato sempre da See Watch, il centro di soccorso libico ha confermato che non avrebbero mandato una nave. “Quando raggiungiamo di nuovo il centro di coordinamento di soccorso italiano con la domanda su chi assumerà il coordinamento e la responsabilità delle persone – racconta ancora Sea Watch – l’ufficiale responsabile riattacca”. Tutto mentre le motovedette veloci della guardia costiera italiana restavano in porto a Lampedusa, dice ancora See Watch. E non solo: nella zona sono operative navi militari italiane per le missioni Eunavformed e Irini; non risulta siano mai state mobilitate. Insomma l’Italia lascia il gommone al suo destino. In nottata Alarm Phone lancia una altro allarme, spiegando di aver perso i contatti con le persone a bordo. Fino a questa mattina, quando un nuovo contatto indica che le persone non ce la fanno più. Poi il ribaltamento, con i superstiti presi a bordo proprio da uno dei 3 mercantili in zona, quando ormai però era troppo tardi.
Le prime reazioni sono quelle delle ONG che hanno dato gli allarmi: “Siamo scioccati – scrivono su Twitter da Alarm Phone – Decine di persone di questa barca sono annegate. Dalle 2.28 dell’11 marzo le autorità erano informate dell’urgenza e della situazione di pericolo. Le autorità italiane hanno ritardato deliberatamente i soccorsi, lasciandoli morire”. Poi in un altro Tweet: “temiamo che i sopravvissuti, che hanno visto i loro amici morire prima di essere soccorsi da una nave mercantile, saranno costretti ad andare in Libya o Tunisia dove li attendono condizioni disumane. Chiediamo che tutti i sopravvissuti siano portati in un posto sicuro in Europa” continua alarm phone. Anche Sea Watch accusa l’Italia: “Il barchino avvistato ieri dal nostro aereo di ricognizione Seabird non è stato soccorso in tempo. Ancora un’omissione di soccorso. Ancora tragedie”.
“Altre vittime evitabili, Piantadosi lasci” la dichiarazione del verde Bonelli. “Questa è una vergogna ed è una vergogna anche per l’Europa” le parole della neo segretaria PD Schlein.
La reazione del governo italiano è un ritornello già sentito: ‘Non bisogna mai strumentalizzare quello che accade, l’Italia non lascia nessuno senza soccorso” ha detto il Ministro degli Esteri Tajani che parlava da Tel Aviv, dove è in visita.

I timori per le conseguenze del fallimento della Silicon Valley Bank

Domani riaprono i mercati finanziari con i timori delle conseguenze del fallimento della Silicon Valley Bank, la banca di riferimento per le imprese tecnologiche, le cosiddette startup. A venire allo scoperto sui timori di un cosiddetto contagio, sul sistema del credito e di questo genere di imprese, è la Gran Bretagna: “Le imprese britanniche attive nei settori della tecnologia e delle scienze naturali sono a serio rischio” ha detto il cancelliere dello Scacchiere Jeremy Hunt, perché la banca californiana gestisce il denaro di alcune delle aziende del settore in Gran Bretagna.
Intanto il governo degli Stati Uniti esclude un intervento pubblico. Lo ha detto la segretaria al Tesoro, Janet Yellen. Per il presidente dell’Associazione Bancaria Italiana Antonio Patuelli “nell’Unione Europea la situazione appare assai più tranquilla, ma secondo cui sulla bancarotta ha inciso anche la politica di aumento dei tassi.

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    Il conto alla rovescia è iniziato, tra un anno ci sarà l’inaugurazione dei Giochi olimpici invernali di Milano-Cortina. Erano stati assegnati all’Italia nel 2019 con un dossier di candidatura che puntava tutto sulla parola “sostenibilità”, sia ambientale che economica. Riutilizzo degli impianti sportivi esistenti, investitori privati, attenzione all’impatto ambientale, costi contenuti, eredità legata al territorio. Il piano economico aggiornato dal governo prevede 3,6 miliardi di costi. Rispetto al dossier di candidatura le spese sono generalmente triplicate, come nel caso della pista da bob passata da 46 a 120 milioni. Siamo andati a vedere come procedono i lavori a Cortina d’Ampezzo e in Valtellina, per capire da vicino la (in)sostenibilità di queste Olimpiadi. Questa è la seconda puntata, il reportage dalla Valtellina e da Bormio di Luca Parena.

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