Decine di migliaia di persone che hanno visto crollare il valore delle loro azioni. Il caso della Banca Popolare di Vicenza è riemerso dopo il suicidio di Antonio Bedin, un pensionato che aveva investito circa mezzo milione. La vicenda dell’istituto di credito ricorda quella dei quattro salvati a novembre dal governo: cittadini che dicono di non essere stati informati correttamente e accuse sulla vigilanza di Consob e Bankitalia.
In due anni il valore di una singola azione della Popolare è crollato da 62 euro a 10 centesimi. In mezzo c’è stata un’ispezione della Banca centrale europea. “La Bce ha accertato che agli investitori venivano fatti firmare documenti non adeguati al loro profilo di rischio”, ci dice l’avvocato Renato Bertelle, che guida l’associazione degli azionisti dell’istituto. Il meccanismo sarebbe stato applicato a decine di migliaia di persone che hanno comprato titoli della Popolare.
“I piccoli soci sono i più disastrati – spiega Bertelle. – Il pensionato che si è ucciso non andava al bar, non spendeva, non faceva le ferie. Metteva via i soldi per la propria sicurezza e ha visto azzerati i risparmi di una vita. Lo stesso è successo a tanti come lui. Si va da chi possedeva 100 azioni a chi ne aveva acquistate per centinaia di migliaia di euro. Al momento le denunce presentate a Vicenza sono 1.500, di cui più di 200 seguite da me”.
Secondo l’avvocato l’unico modo per provare ad avere indietro i soldi è proprio andare in tribunale. Il governo è intervenuto sulle perdite di chi aveva comprato obbligazioni dalle banche salvate a novembre, ma stavolta sembra più difficile che succeda. “La situazione di quei quattro istituti era diversa, perché erano falliti. Nel caso della Popolare un risarcimento deciso dalla politica è vietato dalla Bce, nonostante in passato lo abbia consentito in Germania”.
Ascolta l’intervista a Renato Bertelle