Il governo italiano non deve essere complice; non deve accettare una verità sulla morte di Giulio Regeni che appare chiaramente falsa, frutto di una messa in scena del regime di Al Sisi. La versione avallata dal ministero dell’Interno egiziano non è credibile.
Il ricercatore italiano sarebbe stato ucciso da una banda di criminali comuni specializzata in sequestri di persona, tutti uccisi, guarda a caso, durante l’operazione di polizia organizzata per catturarli. E quale sarebbe la prova, secondo le autorità de Il Cairo? Il portafogli e i documenti di Giulio ritrovati in un appartamento collegato alla banda, fotografati su un piatto d’argento (letteralmente) e postati sulla pagina Facebook del ministero dell’Interno egiziano. In più, secondo fonti della Procura generale, i parenti degli uccisi avrebbero affermato che Regeni sarebbe stato ucciso perché aveva tentato di resistere a una rapina.
Come è possibile accreditare questa versione visto che l’autopsia sul corpo del giovane ricercatore ha provato che Regeni è stato torturato a lungo primo di subire il colpo che lo ha ucciso? Per quale motivo la banda di criminali avrebbe dovuto tenere sequestrato per diversi giorni un occidentale senza chiedere un riscatto, torturarlo e poi ucciderlo?
Come era prevedibile, il regime egiziano ha presentato un capro espiatorio (anzi, cinque), una versione di comodo nella speranza (o nella certezza) che le autorità italiane, in nome della Realpolitik, l’accettino. Palazzo Chigi ha fatto sapere che il governo “continua a essere determinato affinché le indagini in corso facciano piena, totale luce, senza ombre o aloni, sulla morte del giovane ricercatore italiano”.
Una posizione che appare timida. La versione accreditata dalle autorità egiziane è un insulto alla verità. Il governo italiano non deve essere complice. Deve rispondere con forza a questo tentativo di seppellire sotto una coltre di bugie le vere responsabilità della morte di Giulio Regeni, responsabilità che – sembra sempre più evidente – devono essere fatte risalire allo stesso regime egiziano. Non ci si può accontentare di una versione di comodo. Non si deve.