Posizioni a confronto. Il referendum sulle trivelle divide anche i sindacati dei chimici. La Cisl voterà compatta no al quesito referendario, che in sostanza chiede se i cittadini, alla scadenza delle concessioni già in atto, vogliono impedire che si rinnovino le trivellazioni al di sotto delle 12 miglia fino all’esaurimento dei giacimenti di gas e petrolio. In tutto, sono 92 (su 135) le concessioni che tra il 2018 e il 2034 potrebbero essere messe in discussione. I vertici della Cgil la pensano come i colleghi della Cisl, ma nelle sezioni regionali si respira un’aria diversa. In Veneto, per esempio, voteranno per il sì.
Al Demone del tardi a confronto le posizioni di Paolo Righetti, chimico della segreteria regionale della Cgil Veneto e Angelo Colombini, segretario generale dei chimici della Cisl.
Quali sono le posizioni?
Righetti: “La nostra posizione si fonda sulla direzione che vogliamo far imboccare al Paese nelle politiche energetiche. Il referendum ha un basso valore tecnico, ma è importante sul piano simbolico e concretamente incide. La scelta del no è una scelta precisa in direzione del risparmio energetico e delle rinnovabili, sulla scia della Conferenza di Parigi, contro un percorso che è vecchio e superato. C’è poi un problema specifico per il nostro territorio: quali sarebbero le conseguenze in caso di incidente? A questo si aggiungono le perdite quotidiane che inquinano l’ecotessuto dell’Adriatico”
Colombini: “Siamo per il no al quesito referendario perché non vogliamo essere troppo dipendenti dalle importazioni di energia. Già l’Italia è un Paese che importa molto, ora si tratta di decidere se proseguire con i giacimenti fino all’esaurimento oppure noi. Il punto è se noi vogliamo o meno estrarre ancora gas che, dicono gli esperti, è prevalentemente a energia pulita. Secondo noi dobbiamo proseguire per non essere dipendenti o meglio, per esserlo meno. Noi impiegati del settore petrolifero già chiediamo di trasformare raffinerie, come accaduto a Venezia e come accadrà a Gela”.
Ascolta la risposta dei due ospiti. L’intervista è a cura di Lorenza Ghidini e Gianmarco Bachi
Sindacati dei chimici: a confronto sul referendum
Qual è il pericolo per i posti di lavoro nel settore? Quanti sono a rischio?
Righetti: “In prospettiva, dobbiamo riconvertire i posti di lavoro del settore petrolifero in impiegati del settore energie rinnovabili. Questo settore porterà anche più posti di lavoro. In più, dobbiamo considerare l’impatto che il nostro settore ha sugli altri, con i danni ambientali che provoca”.
Colombini: “Il settore dell’upstream (l’insieme dei processi operativi da cui ha origine l’attività di produzione di gas naturale, olio combustibile e petrolio, ndr) ha 60 mila dipendenti, tra diretti e indiretti. Il rapporto è di un lavoratore diretto per quattro indiretti. Dico solo questo per far capire l’impatto”.