Dalla proposta di Alfano alla chiusura di Renzi, la possibilità di un rinvio del referendum si è giocata nel giro di poche ore.
Aperta e chiusa quasi subito la possibilità di un accordo di tutto il parlamento su un rinvio della consultazione legato al terremoto, ora resta solo da attendere la decisione del Tribunale di Milano che se dovesse accogliere il ricorso di Onida, rinvierebbe la decisione alla Corte Costituzionale, e i tempi non sarebbero così stretti da poter arrivare al 4 dicembre, aprendo all’ipotesi di un rinvio, ma di altro tipo, e non legato al terremoto.
Il referendum sembra far paura al comitato del Sì, perché le opposizioni, che invece stanno facendo campagna per il No, non hanno avuto il minimo dubbio: rinviare il referendum è irresponsabile e sarebbe strumentale. Eppure in questi giorni l’ipotesi è circolata, prima da Pierluigi Castagnetti, che per vicinanza politica, qualcuno ha ricondotto addirittura al capo dello Stato, poi resa quasi reale dalle parole del ministro Angelino Alfano di mercoledì mattina, secondo il quale qualora ci fosse stata la disponibilità dell’opposizione l’ipotesi sarebbe stata presa, dice, in altissima considerazione. Quasi una speranza e un invito, visto che il ministro dell’Interno, si è appellato a Berlusconi e alla sua esperienza di governo durante il terremoto dell’Aquila.
Per il governo una posizione unanime del parlamento, sarebbe stato uno schermo dietro il quale nascondere la paura di non farcela ad affrontare la doppia scommessa, l’emergenza post terremoto, con il rischio di sforare il deficit, e una possibile sconfitta al referendum. Ma pochi minuti dopo, Brunetta chiude la porta, e ancora più rumorosamente la chiude il Movimento cinque stelle. Beppe Grillo che martedì appariva disponibile ad assumersi la responsabilità di un’emergenza, oggi fa capire chiaramente che il referendum è un’altra cosa. Renzi poche ore dopo l’uscita di Alfano aveva smentito, poi in un’intervista ha chiuso il caso e anzi ha infittito l’agenda della campagna per il Sì.