
Doveva “salvare Milano” dalla paralisi edilizia ma sta per trasformarsi in monumento alla memoria di centrosinistra, Sala, Pd che furono e nel piano inclinato verso una giunta di destra. Se pesano Magistratura e indagati ancor più disorienta il modo in cui la crisi è stata gestita. Si può sbagliare, doversi ricredere sull’affidabilità di collaboratori, quando però la realtà rivela errori e perseveranza una sola via può salvare faccia: andare in Consiglio, chieder scusa alla città, riconoscere dove s’è sbagliato, mettere nero su bianco iniziative, risorse, tempi per invertire la rotta. Invece s’è finito per rattoppare lo sbrego a istituzioni, politica, etica, lungimiranza con nuovo assessore e giro di deleghe. Han prevalso logiche che allontanano sempre più i cittadini e creano le condizioni per i trumpismi di chi promette «Verremo noi tutto sarà diverso»; canto delle sirene suadente per due motivi: le persone han memoria corta sui guasti del centrodestra che fu; chi voterà porrà nelle urne il non realizzato, il fatto male, attese tradite, supponenza. Peserà su Palazzo Marino la rassegnazione che pervade e frustra Milano. Si può credere di ammaliare una città con nuove skyline, parole d’ordine su piste ciclabili e mobilità in pochi minuti, Olimpiadi. Ma se la polis non è pensata, amata, discussa, se non si hanno e quindi non si condividono speranze e sogni, se non si attesta a chi la abita che la sua opinione conta creando luoghi in cui verificare i servizi e confrontare progetti, idee, stili di vita, se si lascia ai fondi di far shopping di palazzi (e il mercato sale), se si fa credere che la ricchezza della città non sia la gente nella sua originalità pluralità socialità (periferie, giovani, donne, chi è lasciato indietro) ma imprese immobiliari e turismo a molte stelle, Palazzo Chigi confermerà Milano una provincia di La Russa, Regione, Salvini coi social. A meno che non compaia un ritrovato Turoldo che canti “Torniamo ai giorni del rischio”, alla Resistenza non con le armi per carità (c’è già Von der Leyen!), ma con buone pratiche di libertà, dignità, democrazia partecipata, welfare, giustizia, ambrosianità. Un “Miracolo a Milano” per gli 80 anni del 25 aprile? Siamo fatti della stessa materia dei sogni. Vorrei tanto crederci!