
Dopo tutto quello che è successo dal 7 ottobre 2023 è difficile da immaginare, ma dalla ripresa della guerra a Gaza, il mese scorso, la condizione della popolazione civile è peggiorata ulteriormente.
Gli aiuti umanitari sono bloccati da oltre un mese, gli attacchi israeliani e i movimenti delle truppe di terra sono ancora più invasivi, tranne alcune eccezioni la comunità internazionale – preoccupata dai dazi di Trump e dall’infinita guerra in Ucraina – è ormai in silenzio.
A dare il senso della brutalità dell’azione militare israeliana l’uccisione dei quindici operatori della Mezzaluna Rossa Palestinese a Rafah il 23 marzo. Ma anche il bombardamento della notte scorsa sul compound dell’ospedale Nasser di Khan Yunis, nel quale è stata colpita anche la tenda che ospitava dei giornalisti, almeno due sarebbero morti.
Contenere l’impatto della guerra sulla popolazione civile non è tra le priorità di Israele. I messaggi con i quali i civili vengono avvisati delle azioni militari sono molto più ravvicinati rispetto a prima. A volte non arrivano proprio.
Anche la gestione del territorio non tiene conto delle esigenze di pura sopravvivenza della popolazione.
Da alcuni giorni è stato creato un nuovo corridoio, nel sud, che isola la città di Rafah, a ridosso del confine egiziano, una delle località più colpite in questi ultimi giorni. Il corridoio Morag sembra simile al corridoio Netzarim, che chiude invece il nord della Striscia, la zona più martoriata nei primi mesi di guerra.
Oggi l’organizzazione israeliana Breaking the Silence, Rompere il Silenzio, ha pubblicato un nuovo rapporto, dal titolo emblematico, “Il Perimetro”.
Breaking the Silence raccoglie in forma anonimia le testimonianze dei soldati che vogliono raccontare la brutalità dell’occupazione israeliana nei territori palestinesi.
Questo nuovo documento racconta quello che è stato fatto lungo tutto il confine – il perimetro appunto – tra Israele e Gaza: è stata creata una zona cuscinetto profonda circa un chilometro, un’area di terra aperta, terra di nessuno, dove tutto quello che c’era è stato raso al suolo. Case, scuole, moschee, fabbriche. Sono stati resi inagibili anche i campi agricoli, circa il 35% delle poche aree coltivabili della Striscia.
Chi entra in quella zona cuscinetto – hanno raccontato i soldati – diventa immediatamente un obiettivo e se si tratta di un uomo viene ucciso all’istante.
Netanyahu, che oggi fa nuovamente visita a Trump alla Casa Bianca, è determinato ad andare avanti fino a quando non saranno liberati tutti gli ostaggi. Sarebbero ancora cinquantanove, solo venti o ventuno quelli vivi.
Hamas risponde però che li rilascerà solo con un cessate il fuoco e con il ritiro dell’esercito israeliano.
Posizioni lontane.
Tra le poche voci della comunità internazionale quella di Macron, che oggi si trova al Cairo e che domani dovrebbe andare nel porto egiziano di Al-Arish, nel Sinai, da dove di solito partono gli aiuti umanitari per Gaza, adesso però come dicevamo bloccati da oltre un mese.