Solo Salvini difende il suo cavallo di battaglia (“faremo le barricate”, ha detto) e lo fa in modo poco convinto, sapendo che Draghi userà con lui il metodo Green pass, che ormai è collaudato: lasciarlo sfogare, poi parlargli e spiegargli che la realtà è diversa, prendendo tempo e casomai concedendo qualcosa.
In questo caso il concedere qualcosa potrebbe essere una soluzione buona per tutti i partiti: piccoli aggiustamenti per evitare lo scalone, il salto ai 67 anni per andare in pensione che colpirebbe molto lavoratori a cui la finestra di opportunità si chiuderebbe in faccia magari per poche settimane. Gli uffici del ministero dell’economia studiano il modo per uno scivolo, magari fino ai 63.
I sindacati vorrebbero almeno 41 anni e 10 mesi di contributi invece dei 42 anni e 10 mesi della legge Fornero.
Sono ipotesi. Quel che è certo è che quota 100 è finita. Dalle stanze del governo dicono: il ministro dell’Economia Franco è perfino più ortodosso di Draghi, e i dati resi noti dall’Inps ieri sono un formidabile argomento a suo favore: quota 100 ha mandato in pensione 341mila persone per un costo di 184 miliardi di Euro fino al 2030.
E però, è la strategia che trapela, no anche a buttare tutto via senza misure di mitigazione. Da questo punto di vista un dialogo potrebbe persino avvenire con i sindacati che chiedono di intervenire sui lavori usuranti.
Sulle pensioni si fa come è già stato definito con Bruxelles nel patto per il recovery fund. Ma senza andare alla guerra. E sterilizzando Salvini in vista della campagna elettorale