Quelli del Partito Democratico seguiranno oggi con particolare attenzione la conferenza stampa di Draghi.
Letta aveva puntato su di lui per il Quirinale ma nel frattempo Draghi si è compromesso o quasi. Prima quella incauta uscita quando, nei fatti, si è autocandidato definendosi a disposizione delle Istituzioni. Cosa che ha fatto arrabbiare i politici gradi e piccoli che nella partita per il Quirinale hanno la loro riserva di caccia e di potere. Poi il modo in cui ha lavorato alle ultime misure per contenere la pandemia.
L’uomo che arrivò chiamato da Mattarella a salvare il Paese forte di una superiorità e di una intoccabilità che gli avrebbero consentito di decidere senza doversi abbassare al livello dei mercanteggiamenti quotidiani, senza dover tenere conto degli interessi elettorali di nessuno, senza dare ascolto a nessun centro di potere, ha invece dovuto accettare di fare da mediatore tra interessi e visioni.
Alla fine ne sono venuti fuori un obbligo vaccinale a metà, misure prese tardi, una posizione sulla scuola che rischia di saltare travolta dai contagi.
Draghi è indebolito e le parole che pronuncerà oggi, il modo in cui lo farà, l’orizzonte che riuscirà a creare saranno un momento cruciale. Se riacquisterà l’autorità appannata sarà di nuovo il nome spendibile, in primis per il Pd. Altrimenti, sarà ancora tutto più difficile di quanto già non lo sia oggi
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