Il racconto della giornata di mercoledì 2 novembre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Decreto sui rave party, primo atto del governo Meloni, primo scontro sui diritti: i costituzionalisti avvertono che viola la Costituzione e può essere usata anche per chi occupa università e piazze. Restano in attesa dell’assegnazione di un porto sicuro tre navi umanitarie di altrettante ong. A bordo ci sono 985 persone salvate in mare e in attesa di poter sbarcare, mentre il ministro Piantedosi dice: “Noi non ce ne faremo carico”. Letizia Moratti sbatte la porta e si dimette da assessore: rompe con la giunta lombarda guidata da Fontana e anche con il nuovo governo.
Forza Italia parla di emendamenti al decreto sui rave
(di Anna Bredice)
Forza Italia già parla di emendamenti, spera condivisi anche dal governo, comunque emendamenti per cambiare un decreto che semina dubbi anche dentro ai partiti della maggioranza. Il che vuol dire che il decreto potrebbe uscire dal Parlamento in maniera parecchio diversa da come è entrato. Forza Italia è il partito che, primo tra gli altri, ha fatto emergere dubbi, soprattutto su un aspetto, le intercettazioni, che con una pena che arriva a sei anni sono previste automaticamente nel corso delle indagini. Per un partito che si è sempre detto garantista, non fosse altro per difendere gli interessi del capo, è troppo, visto che ha già dovuto accettare un ministro della Giustizia scelto da Meloni. Francesco Sisto, viceministro alla Giustizia, questa mattina lo ha detto chiaramente: “si può modificare il testo”, come dire è stata scritto male e ipotizza di abbassare la pena sotto i cinque anni in modo che non scattino le intercettazioni. Ma sotto i 5 anni altro non è che le pena prevista attualmente, di 4 anni, per invasione di terreni ed edifici. Enrico Costa che ora è passato con Calenda, ma è stato per anni per Forza Italia il relatore di leggi come il lodo Alfano, ora si sente libero di dir la sua: “Hanno scritto questo reato come fossero al bar e ora fanno retromarcia”. Ci sono anche problemi di numeri, se Forza Italia non votasse il decreto così come è, difficilmente passerebbe al Senato. Giorgia meloni si dice fiera del suo decreto, rassicura che non verrà negato a nessun il diritto di esprimere il dissenso, ma non dice nulla però su eventuali modifiche. Se dovesse però insistere su questo testo, potrebbe essere costretta a chiedere la fiducia per il suo primo decreto e poi rischiare di farlo bocciare dalla Corte Costituzionale. Il testo, come è in vigore attualmente, potrebbe applicarsi a tanti tipi di proteste. Si parla generalmente di raduni. Mattarella l’ha firmato, il suo intervento eventualmente sulle parti a rischio di bocciatura da pare della Consulta, potrebbe arrivare dopo, in fase di conversione in legge, entro 60 giorni da oggi. Le opposizioni che denunciano l’incostituzionalità del decreto e ne chiedono il ritiro, puntano il dito sulle divisioni anche dentro la maggioranza. Mobilitazioni per protestare contro il decreto per ora non ne sono previste.
Ci sono 985 persone salvate in mare e bloccate sulle tre navi che le hanno soccorse
(di Alessandro Principe)
Sono 985 persone. Salvate in mare e ora bloccate sulle tre navi che le hanno soccorse. La Ocean Viking di Sos Mediterranee, attualmente è al largo di Malta. I naufraghi a bordo sono 234. Tra loro 43 minori non accompagnati. Otto le richieste di un porto già inviate. Senza risposta.
“Senza un posto sicuro la salute dei sopravvissuti rischia di deteriorarsi”, afferma la responsabile dell’equipe medica: diversi riportano segni evidenti di torture e violenze subite in Libia. La Geo Barents di Medici senza frontiere, si trova nel tratto di mare a sud-est della Sicilia, ha a bordo 572 persone, compresi 66 minori e 3 donne incinte. Quattro richieste sono state inviate a Malta e tre all’Italia: a oggi, nessuna risposta.
Sono 179 invece, dopo l’ultima evacuazione medica, sulla Humanity 1, al largo delle coste catanesi. Sette le richieste di «luogo sicuro di sbarco» avanzate dalla Ong. La prima il 22 ottobre. Per ora nessuna risposta dal Viminale. All’ultima richiesta è stato allegato un report completo sulle condizioni psicofisiche delle persone. A bordo – racconta lo staff medico della nave – c’è anche un neonato di sette mesi. La madre ha 17 anni e non riesce più ad allattare.
Le dimissioni di Moratti lasciano la destra senza centro
(di Claudio Jampaglia)
Letizia Moratti sbatte la porta della Regione in mancanza di risposte alla sua candidatura e soprattutto consumata la fiducia in Attilio Fontana (e forse anche quella in Silvio Berlusconi) si è dimessa. Le ragioni addotte sono tutte interne al ruolo per cui è stata chiamata, in mezzo alla pandemia per far dimenticare Giulio Gallera, ma “questa Amministrazione, scrive, non risponde più all’interesse dei cittadini lombardi” anche in considerazione dei provvedimenti contraddittori assunti in materia di lotta alla pandemia”. Una vera e propria rottura, anche col governo, visto che i provvedimenti sono quelli del rientro dei medici noi vax in servizio, vaccinazioni facoltative per il personale sanitario e depenalizzazione delle multe. Moratti apre così la prima separazione tra centro e destra, ipotizzando quello che l’autonominato terzo polo di Renzi e Calenda prova a dire da quando è nato. C’è una porzione di elettorato conservatore che non può riconoscersi alla lunga in questa destra a trazione Salvini e Meloni con Berlusconi ormai fuori gioco. Non a caso la destra e Fontana in primis la trattano come una traditrice, è andata con la sinistra, dicono e l’hanno prontamente sostituita con l’onnidisponibile Guido Bertolaso. Il presidente uscente della Lombardia resta così il solo candidato in lizza nella destra. Mentre Moratti potrebbe correre con la sua lista Lombardia Migliore, con Gabriele Albertini, un po’ di ex di Forza Italia e allearsi con il terzo Polo che la blandisce con Calenda e Gelmini. Dal Pd, invece, fanno sapere che certificata la crisi della destra in Lombardia Moratti rimane un’avversaria. Per non parlare di Sinistra Italiana o 5Stelle che non la vogliono nemmeno sentire nominare. Sarebbe un buon momento per rilanciare alleanze e programmi per riconquistare dopo 28 anni la Lombardia.
La marcia indietro di Putin
(di Emanuele Valenti)
Quella di Putin è una vera e propria marcia indietro, che messa nel contesto degli ultimi otto mesi di guerra ci dice una serie di cose. Il Cremlino ha fatto una scelta razionale. Probabilmente l’unica possibile dopo aver alzato la voce con uno strumento di pressione potentissimo per tutta la comunità internazionale, i prezzi dei cereali, che in questi giorni sono prima saliti e poi – adesso – nuovamente scesi.
L’alternativa sarebbe stata quella di bloccare il corridoio marittimo. Ma la Russia non ha i mezzi e soprattutto avrebbe provocato una condanna unanime, da parte di tutti i governi del mondo. Quindi, appunto, la marcia indietro.
I tempi sono stati molto rapidi. E qui ha giocato un ruolo importante la mediazione di Nazioni Unite e Turchia. Ancora una volta Erdogan esce come l’unico possibile mediatore tra Mosca e Kyiv. Anzi, il fatto che sia stato proprio lui ad annunciare il ritorno della Russia all’accordo deve essere stato concordato con Putin. Un premio per la neutralità di Ankara, che rimane uno dei pochi canali aperti tra la Russia e il resto della comunità globale.
Le zone d’ombra rimangono. L’accordo andrà in ogni caso rinnovato entro il 19 novembre, tra meno di due settimane. Lo stesso Putin ha detto che la Russia potrà ritirarsi ancora. Da capire poi se la scelta razionale di oggi indichi una specie di tendenza e se si possa ripetere anche sul campo di battaglia – soprattutto viste le tante difficoltà delle truppe di Mosca nel sud e nell’est dell’Ucraina – quindi un eventuale ritiro. Da segnalare infine il comunicato del ministero degli esteri: la Russia lavora per evitare una guerra nucleare e continuerà a rispettare tutti gli accordi in materia. Salvo – per lasciare tutte le opzioni sul tavolo – salvo che venga messa a rischio la sua sicurezza nazionale.