Assieme a Oum Kalsoum, a Farid El Attrache e a Mohamed Abdel Wahab, Abdel Halim Hafez è stato uno dei grandi che nel secolo scorso hanno fatto epoca rivoluzionando la musica egiziana, e hanno raggiunto nel mondo arabo una statura monumentale, circondati di una venerazione di massa che ha pochi paragoni nella musica del Novecento.
Proseguendo il suo importante lavoro di valorizzazione del modernariato arabo, l’etichetta francese Wewantsounds fa adesso uscire in vinile nella sua serie dedicata alle ristampe di musica araba Mawood, un classico di Hafez registrato nel 1971 e che non veniva ripubblicato in Lp dagli anni settanta.
Nato nel 1929 a una ottantina di chilometri dal Cairo, e morto prematuramente nel 1977, Abdel Halim Hafez aveva studiato all’Istituto di musica araba della capitale, distinguendosi nell’interpretazione di brani di Mohamed Abdel Wahab, che, nato nel 1902, era già un compositore affermato.
Hafez iniziò la sua carriera al principio degli anni cinquanta, diventando rapidamente una star della radio egiziana grazie all’impronta romantica del suo stile di cantante e a una musica che fondeva tradizione e modernità.
Dopo il colpo di stato degli ufficiali liberi e la presa del potere nel 1953 da parte di Nasser, Hafez diventò uno dei grandi artisti identificati con la rivoluzione egiziana guidata dal colonnello.
Forte del suo successo come cantante e favorito dall’aspetto attraente, alla metà degli anni cinquanta Hafez si lanciò anche in una carriera cinematografica, diventando un attore molto popolare.
Hafez lavorò con i maggiori compositori egiziani dell’epoca, fra i quali, oltre allo stesso Mohammed Abdel Wahab, Baligh Hamdi, l’autore della musica di Mawood, firmata per le parole dal poeta Mohamed Hamza: Baligh Hamdi è l’autore anche di Khosara Khosara, altra canzone interpretata da Abdel Halim Hafez che è stata campionata in Big Pimpin’, brano pubblicato nel 2000 dal rapper statunitense Jay-Z, con strascichi giudiziari sul copyright.
In Mawood Hafez parla al proprio cuore delle vicende sentimentali che ha vissuto, scusandosi per averlo portato di fallimento in fallimento, e arrivando alla conclusione che bisogna tenersi alla larga dall’amore. Il brano, alternando parti strumentali e cantate, con il respiro melodico della grande musica egiziana ma anche con aspetti di grande vivacità e dinamismo ritmici, ha la lunghezza chilometrica tipica delle canzoni egiziane dell’epoca, e occupa interamente le due facciate dell’album, per un totale di circa 47 minuti.
Altrettanto tipico della musica egiziana dei decenni ruggenti è l’impiego di una orchestra con strumentazione sia tradizionale che moderna, con coro e dovizia di archi ma anche con organo elettrico e chitarra elettrica: quest’ultima suonata da Omar Khorshid, giovane e innovativo chitarrista che negli anni sessanta e nei primi settanta accompagna oltre che Hafez anche Oum Kalsoum e Farid El Attrache, e che nel 1973 per ragioni politiche prende il largo e prosegue la sua carriera in Libano (ma che poi nel 1977 viene mandato dal presidente egiziano Sadat ad esibirsi alla casa Bianca per il presidente Carter in una delle cerimonie per la pace fra Egitto e Israele).
Infine, altro fatto tipico, il brano – come era abituale per i grandi della musica egiziana moderna, che raramente realizzavano album in studio – fu inciso dal vivo. Così, oltre ad offrirci una magnifica prestazione canora di Abdel Halim Hafez, l’album è un emozionante live, che fra ascolto assorto, esclamazioni di approvazione e incitamento, applausi, ovazioni, battimani nei passaggi ritmici, ci dà la misura della partecipazione appassionata del pubblico e del suo fantastico rapporto con la musica egiziana degli anni d’oro.
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