Una pressione internazionale cui è difficile resistere, dal mondo politico e da quello finanziario.
Il rischio, esplicito, che il quadro economico-finanziaria possa precipitare se la crisi non si risolvesse nei tempi e nei termini auspicati.
Se alla fine Matteo Salvini cambierà idea, mollando il candidato ministro all’economia Paolo Savona, sarà soprattutto per questo.
Ieri sera a un certo punto Salvini si è sfogato: “Non è che se uno si alza male a Berlino o a Parigi la mattina salta un ministro del governo italiano“.
Salvini attaccava polemicamente le cancellerie di Francia e Germania ma aveva appena finito di dire che stava valutando di rivedere la posizione del ministro dell’economia in pectore.
Salvini era in Liguria, per la campagna elettorale. A Roma, negli stessi minuti, Di Maio era in riunione con dirigenti della Lega. Tema: come trovare una soluzione la più possibile indolore, per i due partiti e in particolare per la Lega.
Nelle ore precedenti, contatti più diretti ci sarebbero stati con gli emissari del mondo finanziario. In particolare, ci sarebbe stata una telefonata dei massimi vertici della Bce, la Banca Centrale Europea, a uno degli uomini più fidati di Salvini. Tema: la tenuta del sistema finanziario italiano e dell’area Euro se la crisi non terminasse in fretta e si concludesse con la formazione di un governo che non mettesse in discussione né l’Euro né l’architettura delle istituzioni europee.
E anche in ambiti istituzionali italiani, ieri pomeriggio, si cominciava a temere un ulteriore, catastrofico scenario. Lo scenario di quella che viene definita la ‘tempesta perfetta’: un declassamento, da parte delle agenzie di rating, dei titoli italiani, cui seguirebbe un peggioramento complessivo degli indicatori finanziari tale da innescare una spirale che potrebbe portare a un ulteriore declassamento e, alla fine, alla sospensione dell’acquisto dei titoli di Stato italiani da parte della Banca Centrale Europea.
Sono questi gli argomenti che potrebbero alla fine far cambiare idea a Salvini, se la cambierà, e non le insistenze di Di Maio il quale, pure, ieri pomeriggio prima di rendere pubblica la sua nuova proposta era salito al Quirinale per un colloquio definito ‘informale’ con il Presidente della Repubblica.
Di Maio nei giorni scorsi aveva chiesto la messa in stato di accusa per Sergio Mattarella poi, all’improvviso, ha cambiato idea.
Ma anche la Lega è arrabbiata con il Quirinale, Salvini lo aveva detto domenica sera dopo il No di Mattarella a un governo con Paolo Savona all’economia. L’accusa al Quirinale è quella di ‘subire’ troppo l’influenza di Mario Draghi, il governatore della Banca Centrale Europea.
Secondo i leghisti, Draghi avrebbe troppa voce anche nella Banca d’Italia, dalle cui fila arrivano tra l’altro due tra i consiglieri più importanti di Mattarella al Quirinale: il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Ugo Zampetti e la consigliera economica del Capo dello Stato, Magda Bianco, già ‘allieva’ di Cottarellli in Bankitalia.
La scorsa settimana, prima di andare a illustrare a Sergio Mattarella le ipotesi di assegnazione dei ministeri, il presidente del Consiglio incaricato, Conte, era stato in via Nazionale a colloquio con il governatore della Banca d’Italia, Visco.