Ultimo week end prima del voto.
I due candidati sono impegnati nello sprint finale, con una serie di comizi negli Stati contesi. Donald Trump, com’è sua tradizione, fa tutto da solo, con il sostegno minimo di familiari e amici politici (la moglie Melania ha tenuto un rally isolato in Pennsylvania e hanno parlato a suo favore in qualche comizio Newt Gingrich e Rudy Giuliani). Per il resto, nelle prossime ore, il candidato repubblicano sarà in Iowa, Minnesota, Michigan, Pennsylvania, Virginia, Florida, North Carolina, New Hampshire.
Stesso programma fitto di appuntamenti anche per Hillary Clinton, che però conta su un’ampia schiera di surrogates, Bill e Chelsea Clinton, e poi Bernie Sanders, Elizabeth Warren, Michelle e Barack Obama, Joe Biden, e ancora la massa di artisti e cantanti che hanno dichiarato il loro appoggio per Clinton e che proprio come i politici girano di comizio in comizio cercando di conquistare voti: Beyoncé, Jay Z, Katy Perry, Cher, Bon Jovi, Stevie Wonder, Jennifer Lopez.
Le ultime ore hanno portato una serie di notizie positive per Hillary Clinton – e altre invece che destano qualche preoccupazione. Iniziamo dalle positive. Circa 34 milioni di persone hanno sinora votato nell’early voting, il voto anticipato. In Florida hanno già espresso la loro preferenza oltre 5 milioni di elettori, il 52 per cento in più rispetto al 2012. Hanno votato 700 mila persone in Nevada, più di due milioni e mezzo in North Carolina. In Florida c’è stato un eccezionale afflusso di ispanici. Anche il North Carolina, che in primo tempo suscitava preoccupazioni (qui Obama è tornato con molti comizi, sino a un incontro affollatissimo alla University of North Carolina), pare avere imboccato una strada più favoravole ai democratici. Migliaia di afro-americani stanno recandosi ai seggi: in misura minore rispetto al 2012, quando il candidato era Obama, ma comunque in numero sufficiente da far ben sperare i democratici.
Sapremo alla fine di questo week end come è andato l’early voting. E’ però evidente che una maggiore affluenza al voto è un dato sicuramente positivo per Hillary Clinton. Dai singoli Stati arrivano però notizie non sempre buone. Alcuni tra questi, che sino a qualche giorno fa sembravano sicuri per i democratici, non lo sono più. In Pennsylvania, Clinton dovrebbe essere avanti di tre punti (dati di Fivethirtyeight); era avanti, due settimane fa, di nove punti. Il vantaggio democratico si sta erodendo anche in Michigan, in Colorado, in New Mexico. Il vero campanello d’allarme è però stato rappresentato dal New Hampshire. Qui Clinton per settimane ha potuto godere di un solido vantaggio. Gli ultimi numeri sono preoccupanti, con due sondaggi che danno la partita in parità o addirittura a favore di Trump.
Questo fa sì che Clinton e i suoi siano costretti a riaprire la sfida dove pensavano di averla già chiusa. Tim Kaine torna in Wisconsin. Bernie Sanders va in Colorado. Joe Biden e Chelsea Clinton girano la Pennsylvania (e l’ultimo grande evento della campagna, Hillary e Bill Clinton insieme a Michelle e Barack Obama, si terrà a Philadelphia). Clinton batte in modo incessante soprattutto la Florida. Nella notte tra lunedì e martedì, a poche ore dall’apertura dei seggi, terrà un midnight rally a Raleigh, North Carolina.
Vale comunque la pena di aggiungere che – dopo l’arretramento di Clinton per la riapertura dell’inchiesta dell’FBI sulle mail – la situazione si è stabilizzata. Clinton, su base nazionale, è avanti di un paio di punti: 1,7, secondo la media di un sito specializzato, Real Clear Politics. Secondo le stime più realistiche, Clinton si trova a questo punto a 268 voti elettorali – contando gli Stati che sono sicuramente democratici e quelli che invece sono orientati verso i democratici: Virginia, Colorado, Michigan.
Il numero fatidico per conquistare la presidenza è, come sappiamo, 270. A Clinton mancano quindi due voti, che potrebbe trovare in uno degli Stati contesi: Arizona (11 voti), Nevada (6 voti), Florida (29 voti), New Hampshire (4 voti), North Carolina (15 voti). Trump, per vincere, dovrebbe invece aggiungere tutti gli Stati contesi ai 204 voti su cui al momento può contare. Per questo la sua strada alla vittoria, oggi, appare più complicata rispetto a quella di Clinton.