Si avvicina il 20 gennaio, il giorno dell’inaugurazione della presidenza di Donald Trump, e cresce l’attesa, cresce soprattutto l’incertezza su cosa il presidente eletto vuole fare.
Un esempio è la questione delle tariffe. Nelle ultime ore sono uscite un paio di anticipazioni, una del Washington Post, l’altra di CNN, che raccontano dei piani della futura amministrazione in tema di dazi.
In campagna elettorale, Trump aveva promesso molto. Un aumento generalizzato delle tariffe, tra il 10 e il 20 per cento, su tutti i beni provenienti dall’estero e nei confronti di tutti i Paesi, con l’eccezione della Cina, che si beccherebbe un rialzo del 60 per cento. Sono aumenti che Trump ha giustificato con la volontà di riportare la produzione delle aziende americane negli Stati Uniti, ridando slancio all’occupazione. Ma sono aumenti che hanno suscitato critiche da parte di molti economisti, che mettono in guardia contro un aumento generalizzato dei prezzi e un rialzo dell’inflazione. Comunque, questo Trump ha promesso in campagna elettorale, e questo i suoi collaboratori stanno cercando di pianificare.
Non è un compito facile il loro. Aumentare le tariffe doganali nelle misure chieste da Trump condurrebbe a una serie di guerre commerciali da cui non è per nulla certo che gli Stati Uniti uscirebbero vincitori. Ci sono per altro commenti che in privato avrebbero formulato Jared Kushner, genero e consulente di Trump, e Scott Bessent, futuro segretario al tesoro, che si sarebbero appunto detti dubbiosi sulle politiche di aumenti tariffari. Sulla necessità di conciliare promesse di Trump e realtà politico economica stanno quindi lavorando i collaboratori di Trump, che sarebbero arrivati a un compromesso, di cui appunto parla il Washington Post.
Aumenti universali, quindi per tutti, ma per una serie di settori limitati. Tra questi, anzitutto la filiera della difesa, con aumento delle tariffe su acciaio, ferro, alluminio e rame. Sarebbe poi coinvolto il settore medico, con componenti farmaceutici, le siringhe, gli aghi, le fiale. E ancora, aumenti per i materiali energetici provenienti dall’estero, tra cui batterie e pannelli solari. Si tratterebbe dunque di un obiettivo diverso, meno ambizioso rispetto a quello prospettato da Trump in campagna elettorale.
Trump ha subito reagito a queste anticipazioni di stampa, definendole non vere e riaffermando che vuole fare quanto promesso. Aumenti delle tariffe tra il 10 e il 20 per cento per tutti. Aumenti ancora più sostanziosi per la Cina. Staremo a vedere.
Certo è che la questione dazi è solo uno dei tanti temi su cui in queste ore ci si interroga. Cosa farà per esempio il futuro presidente in tema ambientale? Ieri, per esempio, per prevenire o almeno ritardare futuri interventi sugli spazi costieri statunitensi, Joe Biden ha emesso un bando alle trivellazioni per il 20 per cento della costa degli Stati Uniti.
Ci si chiede cosa farà Trump in tema di deportazioni. Partiranno davvero? Saranno simboliche o reali? Ci si chiede, ancora, quanto sarà vasto il perdono per parte di coloro che sono stati condannati per l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Ieri, mentre era in corso la certificazione del voto del 5 novembre al Congresso, sotto la presidenza di Kamala Harris, in un hotel poco lontano da Capitol Hill si teneva una riunione di supporter trumpiani, che chiedono un perdono il più vasto possibile.
Insomma, sono tante le incognite, i dubbi, i punti interrogativi. Per capirne di più, non resta che attendere il 20 gennaio.