E’ forse il neologismo più fulminante inventato negli ultimi tempi.
Webeti. Web-ebeti. Lo ha reso famoso Enrico Mentana, per definire un utente di Facebook che ripeteva le peggiori e più aggressive pulsioni che si sono scatenate in rete nelle ore successive al terremoto: da “buttare gli immigrati fuori dagli alberghi a 5 stelle per metterci gli sfollati” a “dare i 35 euro al giorno ai terremotati e non ai profughi” fino a “tagliamo i maxi stipendi dei dirigenti Rai e diamoli a chi ha perso tutto”, solo per fare gli esempi più vistosi.
Il populismo è la capacità del politico di “fiutare l’aria” e indirizzare la propria azione, assecondando o stimolando i sentimenti più caldi.
Oggi la rete, i social, le tecnologie della comunicazione hanno esasperato le pulsioni populiste. Le hanno rese pervasive e ubique. E la politica si adegua. Deve essere capace di correre alla stessa velocità. C’è questo nella proposta del presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, di smontare i prefabbricati del Campo Base di Expo per inviarli ai terremotati. Quei prefabbricati non sono certo indispensabili, nel piano di aiuti alle popolazioni colpite dal sisma. Ma rappresentano un simbolo e in quanto simbolo hanno un valore grandissimo. Il Campo Base di Expo è il luogo dove il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, aveva proposto di ospitare i profughi e i richiedenti asilo, scontrandosi con il no di Maroni. Al quale ora non deve parere vero di poter dire: “Avete visto? E’ più giusto usarli per i terremotati”. I webeti hanno la possibilità di mettere il loro like su Facebook. Maroni può sperare in qualche voto in più.