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Pubblica di giovedì 23/03/2023
A cura di:Raffaele Liguori
La stretta continua, nonostante la crisi bancaria. Negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha proceduto ad un nuovo rialzo dei tassi di interesse, questa volta più contenuto (solo +0,25%) dei precedenti nell’ultimo anno. Anche se il rialzo dei tassi è tra le cause del crack bancario “regionale” negli Usa (Silicon Valley Bank, Signature Bank), la banca centrale ha deciso ugualmente di stringere i cordoni della politica monetaria. In questo modo la Fed ha segnalato di essere più interessata alla riduzione dell’inflazione, piuttosto che alle crisi di liquidità delle banche. Secondo una ricerca della University of Massachusetts, “le imprese stanno spingendo in alto i prezzi e i loro margini di profitto, piuttosto che i salari”. E in Europa, secondo dati della Bce (vedi Philip R. Lane, membro consiglio direttivo, su https://ecb.eu), le variazioni dei profitti nel periodo I TRIM 2022/IV TRIM 2022 sono state doppie rispetto ai salari. In questo quadro, servirà la stretta monetaria per ridurre l’inflazione? E’ una delle domande che Pubblica ha fatto all’economista Gianmarco Ottaviano, docente di economia internazionale all’università Bocconi.
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