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Legalità violate e politica: anche il caso Roma docet. Intervista a Piergiorgio Morosini.
A cura di:Raffaele Liguori
Piergiorgio Morosini è un magistrato. E' consigliere al Csm. E’ stato giudice delle indagini preliminari al Tribunale di Palermo, ha scritto l'ordinanza con cui l'anno scorso sono stati rinviati a giudizio gli imputati del processo sulla trattativa stato-mafia. Morosini è stato anche segretario di Magistratura democratica. Ospite di Memos ha raccontato la sua idea sulla legalità violata: le mafie prosperano grazie alle relazioni strette con la politica, ma la politica resta la soluzione principale del “problema” mafioso, dipende dalla politica la possibilità di ripristinare in Italia un senso di legalità diffuso. Cosa ne pensa dell'inchiesta di Roma su “Mafia Capitale”? Morosini è colpito dalle rivelazioni di questi giorni. «E' un'indagine paradigmatica rispetto ai sistemi di criminalità organizzata presenti oggi in Italia. E' antistorico – dice il magistrato - pensare oggi ad organizzazioni mafiose presenti solo in alcune regioni del sud. Le mafie sono presenti in ogni angolo del nostro paese». L'inchiesta dei magistrati della Procura di Roma rivela, secondo Morosini, un carattere particolare di questa mafia della capitale: «E' una nuova forma di associazione mafiosa: la componente del controllo capillare del territorio – che era stata decisiva nella formulazione originaria dell'articolo 416-bis all'inizio degli anni ottanta – è un requisito che va evaporando, mentre si rafforza il requisito dei rapporti sistematici con la pubblica amministrazione e con il circuito economico-finanziario della capitale. In altre parole – conclude Morosini – emerge che a contare è soprattutto il capitale sociale», più che il controllo del territorio.
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