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    Roberto Franceschi: 50 anni, tanti e pochi

    A cura di:

    Redazione

    50 anni tanti o pochi è il titolo della serata di ricordo per Roberto Franceschi, ucciso da un colpo di pistola alla nuca, sparato da un poliziotto senza nome, la sera del 23 gennaio 1973 a Milano, davanti alla Università Bocconi. Roberto Franceschi era il leader del Movimento studentesco dell’università privata per eccellenza e quella sera aveva chiesto lui un’aula per un’assemblea che il rettore aveva concesso solo agli iscritti alla stessa università, chiedendo i rinforzi della polizia. Dopo 23 anni di battaglia giudiziaria, lo Stato italiano si è condannato per il suo omicidio, senza riuscire a dare un nome a chi ha sparato. Per questi 50 anni la famiglia di Roberto, più di tutti sua madre Lydia, la prima delle madri coraggio contro la violenza e la repressione di Stato (sempre solidale e vicina a tutte le altre) hanno tenuto viva la memoria di Roberto e l’impegno per verità e giustizia per tutte e tutti. Lo fanno con una fondazione, la Fondazione Roberto Franceschi Onlus (link), con delle borse di ricerca per giovani ricercatori impegnati nell’arduo compito di ridurre le diseguaglianze nella società, con interventi nelle scuole e con una serata ogni 23 gennaio che offre spunti e temi davvero interessanti. Quest’anno, più speciale di altri, ricorda anche che l’anno scorso Lydia è mancata a 99 anni, la sua vita è ricordata da ben due libri: uno promosso dalla Fondazione e scritto come un romanzo da molti che l’hanno conosciuta e amata, si chiama “Perché non sono nata coniglio” ed è edito da Alegre, l’altro scritto da una giornalista che è stata allieva di Lydia a scuola Tiziana Ferrario, “La bambina di Odessa”, Chiare Lettere. Questa è l’intervista a Cristina Franceschi, presidente della Fondazione che ci racconta dei cinquant’anni, dei progetti di memoria, di quelli futuri.

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    Fratelli Ingegnoli, 150 anni di impresa, dall’agricoltura al florovivaismo, intrecciati allo sviluppo urbanistico di Milano. Dai primi vivai, accanto all’attuale Stazione Centrale, fino all’attuale sede in via Salomone, zona Mecenate, passando per Cologno Monzese e Lambrate, di cui Francesco Ingegnoli fu anche sindaco dal 1914 al 1919. Qui, durante l’occupazione tedesca, i nazisti usarono uno dei laghetti del centro sportivo e di svago come tomba per i partigiani fucilati. Per Le Storie Agroalimentari di Paolo Ambrosoni recensione del libro Quando il fascismo dettava la dieta di Enzo La Forgia sul cibo autarchico e le controsanzioni linguistiche, il cocktail era la polibibita. Nell’Abc dei Domini Collettivi la professoressa Marta Villa dell’Università di Trento racconta come durante il regime le proprietà delle comunità siano state privatizzate, e come alcune siano riuscite a rimanere in sonno. Da rifugio anti aereo costruito dai nazisti a cantina per la stagionatura del formaggio. Avviene sotto il Castello di Breno, in Valcamonica, Brescia, per la maturazione del Bre, prodotto in alpeggio. La Parola dell’Agroecologia del professor Stefano Bocchi dell’Università degli Studi di Milano è coltivazione, le campagne sono state tra i rifugi per i Partigiani, spesso affamati, e i luoghi della conservazione dei semi, necessari al futuro. Per Il Belvedere sui Giardini Storici e sugli Alberi l’agronomo Daniele Zanzi racconta il Parco di Villa Meier nella Tremezzina, sul Lago di Como, dedicato al Partigiano cattolico Teresio Olivelli, ucciso nel capo di sterminio di Herbruck.

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    Oggi Luca Parena ci ha portati nel centro sportivo XXV Aprile di Milano. Col Naga abbiamo raccontato il rapporto "Soli e male accompagnati" dedicato agli stranieri minori non accompagnati che arrivano a Milano. Infine Roberto Maggioni ci ha portati a Dongo per raccontare la presa e la fucilazione di Benito Mussolini, con un'intervista alla partigiana Wilma Conti. Per comunicare con la redazione, per segnalazioni, spunti: metroregione@radiopopolare.it

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