Quante volte abbiamo sentito parlare dei parametri di Maastricht, di quei numeri su cui è stata costruita tutta l’impalcatura delle politiche di austerità di questi anni in Europa? Tante!
Maastricht e il rapporto deficit-pil, Maastricht e il rapporto debito-pil. E poi ancora il Patto di stabilità, quel patto “studipo, ma necessario” come lo aveva definito Romano Prodi quasi quindici anni fa. Fino ad arrivare all’ultima creatura dell’austerità europea, il famigerato Fiscal compact.
Cosa succederebbe se tra i parametri del rigorismo europeo al posto del pil ci mettessimo un’altra misura della ricchezza? Ad esempio, se anziché parlare di deficit-pil, parlassimo del rapporto deficit-felicità o debito-felicità?
Oggi a Memos abbiamo parlato degli strumenti alternativi al Pil per misurare la ricchezza, lo stato di salute di un paese.
Il nostro ospite è stato Stefano Zamagni. Economista, Zamagni ha insegnato all’Università di Bologna e alla Bocconi. E’ uno studioso dell’economia civile, grande esperto del terzo settore.
A cosa è servito l’uso del Pil come misura della ricchezza di un paese? Perché il Pil non basta più? Come si definisce e si misura la felicità? Come ascolterete, le risposte del professor Zamagni, sono anche l’occasione per una ricostruzione storica del pensiero economico dell’ultimo secolo. Zamagni nelle sue argomentazioni si muove tra autori importanti anche della letteratura economica degli ultimi decenni: da Wassily Leontief a John Hicks, da Amartya Sen a Martha Nussbaum, da Joseph Stiglitz a Paul Krugman.
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