“Sto guardando il mare da qui, da Lampedusa. È un cimitero questo mare, una mare che ha dato sempre la vita, che ha fatto incontrare popoli, culture. Vorrei invece che il mare fosse la vita per noi lampedusani, e soprattutto per i migranti. Invece non è così”.
Pietro Bartolo parla con noi mentre ha appena finito di cercare il padre di una bambina siriana, perso durante la traversata.
Bartolo lo chiamano “il medico dei migranti”. Negli ultimi 25 anni ha accolto e curato migliaia e migliaia di persone che sono fuggite da guerre, fame, dittature. Ha gioito quando è riuscito a salvare delle vite o a far nascere dei bambini; ha sofferto quando si è trovato davanti ai cadaveri. “Tanti cadaveri, troppi purtroppo”, ci dice amareggiato. Nei suo occhi resterà per sempre la strage del 3 ottobre 2013, dove 366 vite vennero spazzate. “Mai più” fu detto dalla politica e dalle istituzioni. Ma da allora a oggi si continua a morire.
Solo nelle ultime 36 ore hanno perso la vita 200 migranti, mentre a Lampedusa sono giorni di nuovi e continui arrivi. “C’è un novità che mi preoccupa – racconta Bartolo – sono tornati ad arrivare tanti siriani, con famiglie numerose, effetto di quella vergognosa chiusura della rotta balcanica, con l’accordo con la Turchia”.
Sono giorni di lavoro intenso per Bartolo e tutto il suo staff medico che con generosità affrontano continuamente situazioni difficili. Ma Bartolo non fa solo questo. Gira l’Italia, va nelle scuole, nei convegni, nelle manifestazioni pubbliche per spiegare chi sono i migranti che rischiano la vita e spesso la perdono per cercare un futuro per sé, per la propria famiglia. Racconta le loro storie, fa controinformazione contestando molte falsità che si raccontano sui migranti, spiega l’importanza della solidarietà, del ruolo salva vite delle Ong, richiama in modo severo un’Europa che ha lasciato soli Italia e Grecia, chiede corridoi umanitari come priorità. E sulla manifestazione del 20 maggio a Milano ‘Insieme senza muri‘ dice: “È importante partecipare, bisogna essere in tanti”.
Dottor Bartolo, qual è la situazione in questi giorni a Lampedusa?
“Non è cambiato nulla, in questi giorni abbiamo avuto tanti arrivi, con un fatto preoccupante:ieri, dopo tanto tempo, abbiamo rivisto l’arrivo massiccio dei siriani, questo è preoccupante perché significa che dopo il blocco della Turchia, sono costretti ad affrontare il mare pericoloso, con il rischio di morire. Tutto ciò è avvenuto come conseguenza dell’accordo tra Europa e Turchia che gli ha chiuso, devo dire vergognosamente, quella strada, la rotta balcanica”.
In questo contesto mi diceva che le donne e gli africani sono quelle più pesantemente colpiti. Ci spiega cosa sta accadendo?
“Sì, le donne sono quelle che subiscono, soffrono di più. Questo è quello che io ho verificato sul campo. Molte donne sono trattate come degli esseri inferiori, spesso sono violentate e non solo dai trafficanti, ma da persone che sono rinchiuse con loro nelle prigioni in Libia. E poi si prendono la ‘malattia dei gommoni’, come la chiamo io”.
Di che si tratta?
“È una malattia che provoca ustioni spesso mortali che colpiscono in particolare le donne. Nei gommoni, gli uomini si mettono sui bordi, in modo da evitare il rischio che le donne e i bambini, piazzati al centro, cadano in mare. Purtroppo nel corso della traversata, una parte della benzina che i migranti mettono nei motori si riversa dentro il gommone, per poi mescolarsi con l’acqua salata proveniente dalle onde del mare. Questa miscela è micidiale per chi rimane più esposto. Molte donne perdono la vita, altre rimangono deturpate dalle ustioni. Tutto questo avviene dal 2013, dalla strage di Lampedusa, da quando i trafficanti usano i gommoni”.
Cosa pensa dell’accordo con la Libia, per fermare il flusso di migranti?
“La situazione politica in Libia è inaffidabile e poi se fermiamo i migranti sulle coste libiche, troveranno il modo di passare altrove. Quello che per me è comunque inaccettabile è abbandonarli a se stessi. I migranti vanno protetti. La via da seguire sono per esempio i corridoi umanitari, in modo da far evitare a queste persone il tratto di mare del Mediterraneo che è diventato un cimitero. Mentre per noi il mare è la vita e lo deve essere anche per i migranti”.
Quali sono i momenti più difficili che ha affrontato?
“Parto dai momenti belli, quelli che mi danno la forza di continuare, come quando facciamo nascere un bambino, una bambina, o salviamo una persona o riusciamo a far ricongiungere una coppia. Questo mi riempie il cuore, perché per il resto ho visto tanti cadaveri, un cadavere singolo, 25 cadaveri insieme, 29 cadaveri, 366 cadaveri. Ma fosse anche uno, è un vita, perché dobbiamo permettere che muoiano, dopo tutto quello che hanno già sofferto, per le guerra, le persecuzioni, la fame? E poi se sono andati via da casa loro qualche responsabilità l’abbiamo anche noi”.
Dottor Bartolo, in queste settimane ci sono state accuse, attacchi alle Ong. Lei cosa pensa?
“Io sono un medico, e so solo che queste persone delle Ong sono andate a coprire un vuoto che l’Europa ha lasciato, e io devo dire solo grazie a queste persone, che rischiano anche la vita per andare a prenderle in mare, per evitare che affoghino. Per me quelle delle Ong sono persone che salvano altre persone, i migranti, e quindi meritano tanto, tanto rispetto. Tanto onore a loro”.
Il 20 maggio a Milano ci sarà la manifestazione “Insieme senza muri”. Lei pensa che queste iniziative servano?
“Eccome se servono! La gente si deve svegliare. E’ da un anno e mezzo che io vado in giro per tutta l’Europa a raccontare, a far sapere, a far capire. E più siamo, meglio è. Dobbiamo svegliare questi orsi dormienti, queste persone indifferenti, queste persone egoiste. Il papa l’ha detto in tutte le lingue. Se lo diciamo tutti insieme, chissà se possiamo fare qualcosa. Quindi ben vengano queste manifestazioni. Dobbiamo diventare sempre di più ed essere dalla parte giusta”.
Vuole fare un appello alla partecipazione?
“Ma certo che faccio un appello. Tutti dovremmo partecipare. Ognuno per quello che può fare, partecipazndo alle manifestazioni, andando a spiegare nelle scuole, anche incontrando altre persone, un amico, per dire: ‘Guardate che vistanno prendendo in giro, guardate che chi fa terrorismo mediatico è un criminale. E’ un criminale chi butta fango sui migranti facendoli apparire come bestie feroci, come degli appestati, come dei terroristi. Sono persone come noi ma con la sfortuna di essere dall’altra parte, di venire dall’Africa, il continente più ricco del mondo dove vive la gente più povera del mondo. Forse la responsabilità è anche nostra. E quindi abbiamo il dovere di accoglierli e dobbiamo contribuire come possiamo – anche con una manifestazione – per mettere fine a questa vergogna”.
Dottor Bartolo, lei il 20 maggio riuscirà a venire alla manifestazione di Milano?
“Spero di esserci ma capisce bene che qui a Lampedusa c’è da lavorare. In questi giorni sono arrivati veramente tanti ma tanti bambini. Ma con il cuore e con la mente sarò là. Tutto quello che si fa a favore di queste persone mi trova coinvolto fino alla morte”.