Un nuovo libro per l’autore di Gomorra. A dieci anni dallo scritto che impose a Roberto Saviano di vivere sotto scorta esce La paranza dei bambini (Feltrinelli), un romanzo ambientato a Napoli con le storie di un gruppo di ragazzi sotto i sedici anni, che si affiliano alla camorra.
Hanno soprannomi improbabili, ma molto realistici: Maraja, Pesce Moscio, Briatò, Lollipop, Drone. Tranne Nicolas, quello più quotato a diventare boss della nuova generazione di criminali. Figlio di un professore e di una sarta, vede i genitori faticare per portare a casa un misero stipendio e non vuole seguire la loro strada; preferisce tutto e subito, anche a costo di rischiare la galera.
Una generazione di giovanissimi camorristi, che non vedono un futuro per se stessi; sognano auto, vestiti firmati, scarpe alla moda e con una partita di droga venduta si assicurano l’ingresso nei locali più costosi della città. Luoghi frequentati da politici, avvocati e che con un lavoro normale devi lavorare due mesi per pagarti l’ingresso. Fanno paura, rabbia, ma fanno anche pena. Sono lo specchio di una società, che aspira alla ricchezza e al successo e l’unico modo che conoscono per ottenerli è attraverso l’illegalità.
A differenza di Gomorra, Zero Zero e di altri libri precedenti, Saviano ha scelto il romanzo, con una scrittura che rende la lettura scorrevole e appassionante, pur restando ancorata alla realtà. Sono tutte storie vere e plausibili e che prendono spunto da un’inchiesta denominata la ‘Paranza dei bambini’.
“Questi paranzini combattono con le armi da guerra ma hanno tanto, tutto in comune con i ragazzi di Rio o della Colombia, di Molenbeek a Bruxelles o di Madrid – spiega Saviano”. Ma vivono a Napoli e si muovono da Forcella, periferia situata nel cuore del centro della città, alla cintura più umile di San Giovanni a Teduccio; una Napoli che ogni tanto ricorda quella descritta nelle pagine di Elena Ferrante.
Ospite a Radio Popolare, all’indomani del suo ritorno pubblico a Napoli nel Nuovo Teatro del rione Sanità, con i giovani attori che hanno interpratato pagine del libro, coda e folla per ascoltarlo, in contrapposizione allo striscione che lo accusa: “Saviano, Napoli non ha bisogno di fango” e a cui lo scrittore risponde che gli autori di queste accuse, confondono chi illumina il fango con chi lo crea.