Il 10 agosto sono 80 anni dall’orrenda strage di piazzale Loreto. Le SS aiutate dai repubblichini fucilarono 15 partigiani lasciando i cadaveri al sole in strada tutto il giorno, perché i milanesi vedessero cosa i nazifascisti avrebbero fatto a chi non accettava l’occupante coi suoi sgherri e avesse simpatizzato per la Resistenza. L’intento di terrorizzare ebbe a pretesto l’attentato a un camion tedesco che non aveva provocato vittime però.
Dopo le polemiche sui nessi tra destra di governo ed eredità post repubblichina l’80° di piazzale Loreto cade all’indomani dello scontro di Meloni e dei suoi coi rappresentanti delle vittime della Strage neofascista di Bologna, da ricondursi per FdI a un «terrorismo che le sentenze attribuiscono a esponenti di organizzazioni neofasciste». Nel clima d’una rivalsa degli sconfitti dalla storia che cercan di riscriverla e di assolvere sé e antenati bisognerebbe non lasciarsi dettare l’agenda politica e culturale. Possiamo cambiare noi, non gli altri.
Se ce la facciamo forse possiamo riuscire ad innescare un circuito virtuoso. Quasimodo scrisse una poesia: “Ai quindici di piazzale Loreto”, che chiude: «Temono / da voi la morte, credendosi vivi. / La nostra non è guardia di tristezza, / non è veglia di lacrime alle tombe: / la morte non dà ombra quando è vita». Sono versi pasquali, di morte e rinascita. Son convinto che continueremo a non essere in pace sino a che non riconosceremo il nero che abita anche noi. Rintuzzare le provocazioni adombra un «credersi vivi», ridursi a «veglia di lacrime alle tombe», celebrare Resistenza e Costituzione senza fare il dovuto per la Repubblica «fondata sul lavoro». Si fa «guardia di tristezza» se si sta al gioco di chi solo computa i morti, usa sentenze, rinvia all’appiccicoso “E voi?”.
Sassu dipinse I Martiri di piazzale Loreto (ora a Roma) di getto e annotò: «Vi era in me, nel fuoco e nell’ansia che mi agitava, nel cercare di esprimere quello che avevo visto, una grande pace e non odio, ma una tristezza immensa per la lotta fratricida. Da quei corpi sanguinanti e inerti sorgeva un monito: pace, pace». La poesia dà idee, forza, passione a ognuno per trasformare in vita la morte. Chi cambia è alternativo alla destra.