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Tratto dal podcast
Fino alle otto di mar 12/01/21
Fino alle otto | 2021-01-12
Il nuovo piano pandemico dell’Italia è in via di definizione in questi giorni e da ieri sta circolando una prima bozza. Oggi a Fino Alle Otto abbiamo chiesto in primo parere a Vittorio Agnoletto, medico e nostro collaboratore. Cosa emerge da quella prima bozza?
L’intervista di Barbara Sorrentini.
I quotidiani stanno aprendo oggi con un punto in particolare emerso da quella bozza: “salvare chi si può salvare”. Prevederà anche questo il nuovo piano pandemico?
Non possiamo sapere cosa prevederà il piano pandemico nella sua versione finale. La frase che viene riportata, e che sarebbe nella bozza, è un invito ad utilizzare prima di tutti i trattamenti per quei pazienti che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio. Non è una novità. Ricalca un orientamento che è stato sancito già mesi fa dalla Svizzera, ad esempio, e che è in discussione anche in altri Paesi. È una frase che un medico non dovrebbe mai assolutamente sentire, perché il medico ha fatto il giuramento di Ippocrate e deve cercare di salvare assolutamente tutti, però ci si è trovati di fronte a delle scelte veramente drammatiche. La presenza di questa frase nel piano pandemico è un po’ come se lo Stato si voglia assumere un po’ di responsabilità e togliendone un po’ ai singoli medici.
Cosa vuol dire “pazienti che hanno maggiori probabilità di trarre beneficio” dai trattamenti? Hanno maggiori probabilità di trarre beneficio le persone anziane, che sono le persone che se vengono colpite dal coronavirus hanno più facilità di arrivare al decesso per cui un intervento può salvare una vita? C’è una probabilità minore di salvarle se tale trattamento venisse applicato, invece, ad una persona più giovane che ha molto meno possibilità di evolvere e che quindi ha davanti a sé tutta una vita. È una frase molto generica che dovrà essere per forza articolata perché non si può pretendere che sia il singolo medico a fare la scelta col rischio poi che gli arrivino una serie di denunce. Certo è che dietro questa frase ci sono tutta una serie di altre vicende che non vengono analizzate, da interventi di prevenzione che non sono stati compiuti ad un approccio ai farmaci del tutto subalterno alle aziende farmaceutiche. È come dire “siamo arrivati a questa situazione, non discutiamo del perchè ci siamo arrivati”. Non mi sembra corretto: dobbiamo andare a vedere perché siamo arrivati a questa situazione e cosa ci sarebbe da modificare per non arrivarci di nuovo.
Nel piano pandemico, sempre secondo le bozze, ci sono altre indicazioni che sarebbero importanti. Sono quelle indicazioni che sarebbero dovute essere nel piano pandemico precedente, mai rinnovato né a livello nazionale né a livello regionale. È presente, ad esempio, la necessità che ci siano sempre tutti i dispositivi di protezione individuale indipendentemente dalla presenza o meno di una pandemia. C’è, ad esempio, il fatto che tutto il sistema sanitario venga sottoposto a condizioni di sperimentazione di situazioni di allarme, una prova generale come se ci fosse una pandemia. Queste cose, se venissero inserite e praticate, potrebbero portare in futuro un beneficio a fronte di eventuali nuove pandemie.
Quando si vedranno gli effetti dei vaccini?
Chiariamo bene la situazione. In questo momento è impossibile vedere già dei benefici dei vaccini: le persone che sono state vaccinate sono un numero assolutamente esiguo rispetto ai 60 milioni di italiani. Ad oggi non c’è nessuna persona in Italia che è stata vaccinata due volte e che quindi ha terminato il percorso di vaccinazione previsto dalla Pfizer. Le persone vaccinate finora hanno ricevuto una sola dose, la quale secondo la stessa azienda ha un’efficacia intorno al 50%. La discussione che si è aperta ieri a me sembra estremamente pericolosa: vi è stata anche un’esponente del governo che ha detto “aumentiamo il numero di persone con una sola vaccinazione e rimandiamo la seconda vaccinazione a più avanti“, come è stato già fatto in Gran Bretagna ed è stato criticato dalla stragrande maggioranza degli esperti perché quello che noi sappiamo, o che l’azienda dice, è che c’è un 94% di efficacia contro l’evoluzione della patologia per chi ha fatto due vaccinazioni. Noi rischiamo di avere tante gente che abbassa la guardia e diminuisce il comportamento di prevenzione perché ritiene comunque dentro di sè di esser stata vaccinata anche se l’efficacia è limitata. In più noi non sappiano cosa accade con la seconda vaccinazione se questa è spostata di diverse settimane nel tempo, cioè se l’efficacia rimane al 94% o diminuisce. Stando a quanto detto da Pfizer, se si distanziano troppo i tempi la prima e la seconda vaccinazione l’efficacia diminuisce.