Era già successo in Ucraina e ora sta succedendo anche in Siria. Di fronte ai dubbi e alle indecisioni dell’occidente Vladimir Putin ha dimostrato nuovamente che il mondo deve fare i conti con la Russia. In questo momento di disordine internazionale, e nonostante la crisi economica dovuta alle sanzioni per l’annessione della Crimea e al calo del prezzo del petrolio, Mosca è l’unico attore sulla scena globale ad avere obiettivi chiari, che oltretutto riesce anche a raggiungere.
In Ucraina Putin, contrariamente a quanto dicevano in molti, non aveva alcun interesse ad annettere le regioni dell’est. Il presidente russo puntava a sottrarre a Kiev il controllo del Donbass, in modo da mantenere un’instabilità costante sulla quale, al bisogno, poter esercitare la sua influenza. In qualche modo il Cremlino ha usato i ribelli filo-russi per indebolire il nuovo governo ucraino. Obiettivo raggiunto. Ancora oggi Donetsk e Luhansk sono formalmente territorio ucraino, ma nella pratica sono un’entità indipendente.
In Siria la situazione è completamente diversa. Il conflitto è molto più complesso e gli attori in campo sono molti di più. Ma anche qui il Cremlino aveva un obiettivo preciso, evitare la caduta di Assad e garantirsi una centralità diplomatica in prospettiva futura. E anche qui l’obiettivo è stato raggiunto. Visto che la guerra siriana è una guerra aperta la Russia è intervenuta direttamente, con una strategia militare su larga scala. I raid aerei che stanno supportando l’avanzata delle truppe di Assad su Aleppo hanno colpito indiscriminatamente anche la popolazione civile. Ma questo non ha cambiato la situazione.
Da settembre a oggi, proprio grazie all’intervento dell’aviazione russa, il regime di Damasco ha ripreso una parte importante del territorio che aveva perso in precedenza e ora sta avanzando verso il confine turco. L’ultimo ostacolo è Aleppo. Come era già successo alla periferia di Damasco e nelle province di Latakia e Idlib, nel nord-est, i raid russi stanno facendo parecchie vittime civili. Ma nessuna pressione diplomatica è riuscita a bloccare Putin. Anzi, in questa situazione il fronte anti-regime si sente definitivamente abbandonato dall’occidente.
“L’amministrazione Obama sta mentendo – ci ha detto un esponente dell’opposizione siriana da Huritan, una delle poche città a nord di Aleppo ancora in mano ai ribelli. Non ci sarà nessun cessate il fuoco e i russi continueranno a bombardarci”. In questa situazione non stupisce che diverse milizie dell’opposizione abbiano rifiutato, alle condizioni attuali, la tregua concordata questa settimana a Monaco di Baviera dalle potenze mondiali. “Nessuno ha più a cuore la sorte del popolo siriano – ci ha raccontato un ex-miliziano dell’Esercito Libero da Aleppo. Russia e Stati Uniti hanno piano comune, peccato che in mezzo ci siano i civili”.
In effetti due settimane fa quando il segretario di stato americano John Kerry provava a far partire i colloqui di Ginevra tra regime e opposizione, l’aviazione russa lanciava la massiccia offensiva su Aleppo. Se non hanno un accordo sottobanco, con i russi gli americani stanno mostrando tutta la loro debolezza. La cosa è sempre più evidente. Gli Stati Uniti dicono di supportare i ribelli moderati quando è ormai impossibile, e in realtà nemmeno troppo utile, distinguere tra milizie laiche e islamiste. Anche al-Nusra, il braccio siriano di Al Qaida – cosa diversa dall’ISIS – sta combattendo contro Assad. I principali alleati regionali del governo americano sono Turchia e Arabia Saudita, ma mentre la priorità di Washington è sconfiggere lo Stato Islamico, quella di Ankara e Riyad è fare cadere Assad. Infine Obama ha puntato molto sui curdi per combattere sul campo i miliziani dell’ISIS, ma i curdi sono i principali nemici della Turchia, alleato americano nonché membro della NATO.
La guerra siriana non è ancora finita e al momento è impossibile prevedere l’esito di questo conflitto. Ma per ora un vincitore c’è: Vladimir Putin.