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Per la manutenzione ferroviaria i lavoratori li fornisce la ‘ndrangheta

manutenzione ferroviaria ANSA

Undici milioni di euro sequestrati a 11 aziende italiane di primo piano della manutenzione ferroviaria stamani dalla Guardia di Finanza di Milano, l’accusa è di aver evaso l’Iva attraverso società cartiere, legate alla ndrangheta. Basterebbe questo, ma la storia è molto più grave e purtroppo ormai consueta nella logistica come nella sanità, ovunque ci sia la possibilità del subappalto e comandi il ribasso. Potremmo chiamarlo “il vuoto della Repubblica” quello spazio dove si incontrano come dimostrato ormai da decine di inchieste passate in giudicato economia legale e criminalità organizzata sulla pelle di lavoratori e lavoratrici. Una vergogna nazionale, passata sotto silenzio.

Veniamo alla storia di oggi: la Guardia di Finanzia sequestra 11 milioni a 11 società che si occupano di armamento e manutenzione ferroviaria. L’inchiesta è il proseguimento di un’indagine dell’anno scorso (già passata al primo grado in tribunale) che aveva scoperto come per anni un gruppo di soggetti contigui alla cosca Nicoscia-Arena di Isola di Capo Rizzuto fosse finita a occuparsi di manutenzione della rete ferroviaria italiana attraverso una fitta rete di aziende, tra Varese, Verona e Crotone, intestate a prestanome. Queste aziende farlocche e mafiose fornivano manodopera e macchinari a 11 società reali e ben note che avevano vinto ingenti commesse da Reti ferroviarie italiane e che le avevano contrattualizzate come subappaltanti.

La prima domanda quindi sorge spontanea: le 11 società che avevano vinto le gare con Rfi sapevano che stavano subappaltando a società fittizie? Non diciamo della ‘ndrangheta, ma ci fermiamo a fittizie. La risposta della Guardia di finanza è certamente sì: c’è un dolo specifico e una assoluta non buona fede delle aziende. È il motivo per cui oggi vengono sequestrati gli 11 milioni di euro a queste aziende per pagamenti a società cartiere ed evasione Iva. I finanzieri dicono che le aziende non hanno operato alcuna verifica su quelle aziende, non ne hanno mai incontrato i vertici, non ne conoscevano la inconsistenza insomma perché non volevano conoscerla.

Segue la seconda domanda: ma chi glielo fa fare ad imprese importanti di assumersi rischi penali e reputazionali così gravi? Anche qui rispondono le indagini che indicano la causa nel subappalto trasformato ormai ovunque in somministrazione di manodopera. Le aziende fittizie e malavitose forniscono lavoratori (o macchinari) che finiscono alle dirette dipendenze delle aziende vincitrici degli appalti, che usano quei lavoratori come fossero propri. Il vantaggio è tutto sul costo del lavoro (e poi si scoprirà su evasioni fiscali varie). Perché per vincere le gare al ribasso si è disposti a tutto.

La logica del subappalto è questa anche in settori come la manutenzione ferroviaria dove è in gioco la sicurezza di viaggiatori e lavoratori. Eppure non sentiamo voci che si levano nel sottolineare come in Italia ormai l’intermediazione della manodopera in importanti settori dell’economia del paese sia di fatto in mano alla criminalità organizzata. Sarebbe facile metterci mano per la politica. Basta stabilire limiti agli appalti e subappalti. L’autorità nazionale anti-corruzione ha già detto parole chiare in merito. Come i magistrati (specialmente quelli di Milano). Siamo in attesa delle istituzioni.

  • Autore articolo
    Claudio Jampaglia
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