Colui che secondo Zingaretti avrebbe dovuto essere addirittura un punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste (ricordate?) Giuseppe Conte, non riesce nemmeno a tenere insieme i 5 Stelle e questo oggi inguaia non poco il Pd nella partita per il Quirinale. La debolezza dei “progressisti” non è numerica. Nasce dal non avere una linea ma di averne troppe. Letta insiste su Draghi ma la sinistra del PD non ci sta, molti guardano ad Amato mentre Franceschini coi suoi tesse la propria tela nell’ombra. Il 13 gennaio la direzione nazionale del partito magari approverà pure una strategia comune ma dopo i 101 di Prodi di nove anni fa chi si fida più? Servirebbe un alleato solido, un punto fortissimo di riferimento. Ecco.
I 5 Stelle ora in parte chiedono a Mattarella di restare e sono gli stessi dimaiani che ne volevano l’impeachment, addirittura, e nessuno ne ne ricorda nemmeno più il motivo. Altri sono allo sbando alla ricerca di una linea, che arrivi da dentro o magari da fuori, magari anche dal centrodestra. Conte un po’ ammette che la linea in effetti ancora non c’è è un po’ telefona a Letizia Moratti, a proposito di tentazioni di centrodestra.
No, la debolezza non è numerica.
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