Zingaretti aveva già fatto promesse a Bologna, due mesi fa, promesse poi non mantenute.
O meglio: cose di cui non si è più saputo nulla, come lo Ius Soli. Inghiottite nella quotidiana difficile convivenza di governo e nella quotidiana paura di Salvini e delle elezioni.
Ora dall’abbazia spunta un’agenda, la parità di salario, la rivoluzione verde, l’educazione la sanità, la lotta alla burocrazia. E la promessa di Graziano Delrio, fatta in una intervista, di mettere mano ai cosiddetti decreti sicurezza.
Belle parole. Belle cose. Da fare, però. Il tempo delle bandierine agitate e non tradotte in legge, per il governo e soprattutto per il Pd, è finito. Certo non sarà facile perché il Movimento 5 Stelle e il Pd sono alleati e sono al tempo stesso concorrenti. Per non parlare di Renzi che va per la sua strada. Basti vedere come la maggioranza sta procedendo sul cuneo fiscale.
La partita che gioca Zingaretti è molto complicata ma fino a oggi al PD è mancato il coraggio.
Cambiare il nome al partito, dire che lo si vuole aprire, di per sé non significa niente. La paura e la minaccia che “altrimenti torna Salvini”, nemmeno. La sola cosa che serve, per recuperare consenso, sono le cose concrete. Molto più utili del dibattito su quanto si debba stare vicini ai 5 Stelle o di quello su Craxi, dibattito che tanto piace alla minoranza che si raduna attorno a Giorgio Gori.
Le abbazie vanno benissimo. Passarci qualche giorno può essere fonte di ispirazione. Ora però il Pd deve dimostrare di esserne uscito con il coraggio necessario per fare di tutto per imporla, la propria agenda.
Foto dalla pagina ufficiale di Nicola Zingaretti su Facebook