Ha deciso di aprire le porte della sua parrocchia ai migranti. Si chiama Francesco Marcoaldi, ha 74 anni ed è il parroco della chiesa di San Nicola da Tolentino, a Ventimiglia. Un passato da missionario in Africa e America Latina che gli ha fatto toccare con mano fame e guerre, e vedere da vicino gli occhi di chi vuole scappare in cerca di un futuro migliore. La decisione di accogliere i migranti sgomberati dall’accampamento della città al confine con la Francia è stata, per lui, naturale, quasi ovvia. E così ne parla, senza enfasi, come se fosse la normalità. Ieri sera – quando si è trovato di fronte decine di ragazzi senza più un posto dove stare – non ci ha pensato due volte. E li ha sistemati tutti nel salone parrocchiale.
“Penso che sia il modo migliore per mettere in pratica i nostri princìpi. Il papa parla di accoglienza, il nostro vescovo fa altrettanto e anch’io sono completamente d’accordo. Vede, ho sulle spalle 37 anni di vita missionaria: so questa gente come vive, le difficoltà in cui si trova. Non vedo perché dovrei chiudere le porte”.
Come vi siete organizzati?
Ieri sono arrivati qui un centinaio di migranti, la maggior parte africani. Con loro c’erano anche alcuni attivisti “No border”. Gli ho offerto di stare nel salone parrocchiale che ha anche i bagni e una certa comodità. Loro hanno passato la notte qui, contenti di essere stati accolti. Questi ragazzi, dopo che è stato chiuso il centro di raccolta vivono per strada, dormono sotto i ponti. La maggior parte di questi giovani aveva con sé delle coperte o dei sacchi a pelo e si sono sistemati nel nostro salone.
Riuscirete ad accogliere ancora?
Le nostre porte rimarranno aperte. Certo, che se dovesse aumentare di molto il numero, potrebbe esserci qualche difficoltà perché non abbiamo molto altro posto. Quello sarebbe l’unico problema.
I suoi parrocchiani come hanno reagito?
Molti mi hanno detto: “Se ha bisogno di aiuto, mi chiami”: una grande disponibilità.
Possibile che nessuno abbia storto il naso?
A questa gente non bisogna far caso (ride, ndr). Sono una minoranza infima. Li ascolto, ma poi vado avanti per la mia strada.
Cosa pensa di quello che sta accadendo nel Mediterraneo?
E’ molto triste quello che sta succedendo. Queste persone non vengono a divertirsi ma scappano dalla guerra e dalla fame. Penso che non solo l’Europa ma tutto il mondo se ne dovrebbe interessare. Perché è un problema mondiale. La risposta che si sta dando non è adeguata, ci sono Paesi che hanno anche molte più possibilità dell’Italia e invece stanno chiudendo le porte. Ma oggi, in questo momento, dobbiamo dimostrare veramente quello che siamo. Aprendo non solo le porte ma anche le nostre teste e le nostre bocche per parlare, per andare contro le ingiustizie. E le orecchie per ascoltare questa gente.