“Parigi a 50°C” non è il titolo di un film apocalittico ma quello fin troppo realistico del rapporto che una missione d’informazione del Consiglio di Parigi ha consegnato alla giunta municipale pochi giorni fa. Dopo sei mesi di discussioni, visite e incontri, i membri di questa missione, usciti dai ranghi della maggioranza come dell’opposizione, hanno presentato 85 proposte concrete per cercare di evitare che la capitale diventi inabitabile nei prossimi anni. Sostenendo nei fatti un “big bang” dell’adattamento urbanistico, una “nuova rivoluzione hausmaniana”. Eh sì, perché se sotto i suoi grigi tetti di zinco mal isolati, a Parigi già oggi si toccano i 70 o i 90°C in estate, e se l’asfalto raggiunge facilmente i 60°C durante le – ancora poche – giornate afose, i climatologi prevedono che i picchi di 50°C all’ombra diventeranno una realtà ricorrente nei prossimi decenni. Quindi, si chiedono i consiglieri, dovremo “cuocere, fuggire o agire?” Secondo loro, la città va ripensata rapidamente, sia nel modo di viverla che nel modo di costruirla e di distribuirne usi e spazi.
Tra le proposte che chiudono le oltre 250 pagine della relazione, si parla di togliere l’asfalto il più possibile, soprattutto nelle strade laterali e nei parcheggi per auto e moto. Di ridipingere dove possibile i tetti con colori chiari, con buona pace dell’estetica parigina, e di creare terrazze vegetali. Di rendere le scuole delle oasi urbane, ricoprendo i cortili di cemento con erba e piante. Di aumentare le “isole di frescura”: creandone almeno una in ogni quartiere e soprattutto sfruttando gli interstizi urbani, come le corti interne dei palazzi o le vie secondarie. Ma anche finanziando i servizi di gestione del verde e formando al giardinaggio i cittadini. Moltissimi interventi proposti, tutti approvati all’unanimità, sono low tech e in alcuni casi anche a basso budget, come la vegetalizzazione di facciate e spazi pubblici o l’installazione di pergole e teli amovibili nelle strade. Altri invece richiedono investimenti importanti. Come quelli che puntano sulle ristrutturazioni e sulle nuove costruzioni, che devono essere pensate per il nuovo clima ed evitare ad esempio le vetrate infinite che creano uffici-serre dipendenti dall’aria condizionata. Con una particolare attenzione all’edilizia popolare e dei piccoli privati. Altri ancora implicano un cambio di abitudini, in particolare quando si parla di adattare gli orari di lavoro e di apertura dei parchi e dei giardini al calore estremo o di riservare i canali alla balneazione, anche sotterranea, anziché alle crociere turistiche.
Insomma, le proposte sono tantissime. Molte sono ragionevoli e di facile attuazione in presenza di una volontà politica che sembra esserci. Alcune idee, come la trasformazione delle scuole, sono già in via di sperimentazione. Altre, assicura il vicesindaco, verranno iscritte nel nuovo piano per il clima e nel piano urbanistico, in via di revisione. Quest’ultimo prevede ad esempio di vietare il taglio degli alberi salvo casi eccezionali, di aumentare gli ettari di verde cittadino e di vietare la costruzione di torri di più di 37 metri (esclusa la contestatissima Torre Triangolo, una piramide di vetro in costruzione nel sud della capitale). Il municipio potrebbe persino prendere spunto dalle ricerche di stimati urbanisti che invitano a ripensare la strada, togliendo cemento e marciapiedi e riducendo lo spazio dell’auto. Sembra fantascienza ma non è altro che una strategia di adattamento. Da concretizzare il prima possibile, perché i 50° sono dietro l’angolo.