Pochi giorni fa ha compiuto 40 anni; qualche settimana prima la giustizia italiana gli aveva recapitato un regalo che, a più di dieci anni di distanza, era ormai inatteso.
Paolo Scaroni è un tifoso del Brescia Calcio e il 24 settembre 2005 alla stazione di Verona, al termine della sfida tra la locale Hellas e la sua squadra, fu ridotto in fin di vita dalle manganellate della polizia.
C’erano stati degli scontri, gli agenti ci erano andati giù decisamente pesanti e lui aveva avuto la peggio.
Paolo rimase in coma due mesi, ne passò altri 8 in ospedale. Da allora, e per tutta la vita, è invalido: le conseguenze furono gravi sia da un punto di vista sia fisico che intellettivo.
Lo stabilisce, oltre che i referti medici, la sentenza in sede civile che gli ha riconosciuto un risarcimento di oltre 1 milione e 400 mila euro.
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Il rimborso, già bonificato, arriva dopo la sentenza di primo grado per i fatti di Verona, che non ha individuato colpevoli. Questo perché, come ha spiegato il giudice, è impossibile riconoscere l’autore delle manganellate.
È invece fin troppo chiaro che “Scaroni subì un pestaggio gratuito, immotivato rispetto alle esigenze di uso legittimo della forza”. Da qui, mentre la giustizia penale va verso la sentenza d’appello senza grandi chance di cambiare l’esito del primo grado, il risarcimento.
Oggi Paolo Scaroni, che negli anni ha ricevuto decine di manifestazioni di solidarietà da parte del mondo ultras, è soddisfatto, almeno per un giorno.
“Ma un cruccio mi rimane: se gli ultras sono il male dell’Italia, chi li massacra di botte cos’è?” si domanda.
Riascolta l’intervista: