Non solo il dimezzamento degli oneri di urbanizzazione, ma anche le possibili cause per danno erariale da parte dei costruttori. Le ripercussioni su Palazzo Marino delle inchieste giudiziarie sull’urbanistica potrebbero essere ancora maggiori dell’attuale già ampio calo degli introiti per le nuove costruzioni.
Il cambio lessicale del provvedimento aiuta Milano anziché salva Milano, come chiede di chiamarlo il sindaco Giuseppe Sala, non muta le criticità che si stanno creando in città, nel bilancio di Palazzo Marino innanzitutto. Per questo sono poche le voci che si alzano contro la soluzione legislativa. Il suo inserimento come emendamento nella conversione del decreto casa del governo, imposto dal presidente della Repubblica per mancanza di urgenza, fa spostare di un paio di mesi l’introduzione della soluzione. O almeno del primo tentativo di trovarla.
Le criticità sono già evidenti anche per costruttori, filiere di approvvigionamento, maestranze, investitori, dai piccoli risparmiatori ai fondi internazionali, fino agli acquirenti, dai privati alle immobiliari. È probabile che la prima sentenza del Riesame per il sequestro del cantiere di via Lepontina, in zona Farini, tra quelle che potrebbero cambiare l’evoluzione giudiziaria, si intrecci con l’iter parlamentare del decreto casa.
I 150 cantieri coinvolti nelle procedure semplificate, oggetto di indagini o acquisizione della documentazione da parte della procura, sono un problema amministrativo per Palazzo Marino superiore per complessità al piano dei parcheggi sotterranei del sindaco commissario Gabriele Albertini. In quel caso i contenziosi e i cantieri sono durati ben oltre i dieci anni.
È presto per ipotizzare anche l’eventuale danno erariale, ma è chiaro che davanti al rischio fallimento le imprese che hanno ottenuto il via libera a costruire potrebbero provare a rivalersi su Palazzo Marino, e gli importi delle operazioni immobiliari oggi sospese potrebbero gravare il bilancio del Comune più dei mancati oneri che già pesano. La soluzione legislativa, però, rischia di ridurre ancora di più anche la programmazione urbanistica, non solo la storica pianificazione.