![Italia (Giorgia Meloni)](https://www.radiopopolare.it/wp-content/uploads/2025/02/1920x1080164.jpg)
“Le sanzioni alla corte dell’Aja minano la giustizia internazionale. La corte deve essere libera di lottare contro l’impunità a livello globale”. La linea di Bruxelles è chiara e l’Italia, insieme a pochi imbarazzanti sodali, ha deciso di porsi sulla linea opposta. Approfittando forse del clamore e del conflitto con la Corte seguita dal caso Almasri, Roma non ha firmato un documento sottoscritto da 79 paesi, i due terzi dei firmatari della convenzione di Roma, che condanna la decisione statunitense e sottolinea come le sanzioni aumentino il rischio di impunità a livello globale: l’ordine di Trump prevede infatti sanzioni finanziarie, blocco dei visti, divieto di ingresso e congelamento dei beni per tutti i funzionari della Corte coinvolti nelle indagini su Stati Uniti e alleati: un attacco senza precedenti che può di fatto paralizzare la corte e, in prospettiva, portare al suo smantellamento.
Tra i 27 paesi europei che hanno firmato il documento di condanna mancano in calce soltanto le firme dell’Italia, di Lituania e Repubblica Ceca e soprattutto dell’Ungheria, il cui premier Orbàn stamattina si chiedeva provocatoriamente che ci stesse a fare il suo paese in un organismo che definisce “screditato e di parte”, compiacendosi del “Trump-tornado” che ha preso a soffiare sul mondo. Dopo qualche titubanza e non avendo riscontrato grande interesse nel vecchio continente per il ruolo di mediazione con la nuova amministrazione americana che aveva tentato di giocare, Roma sembra aver deciso di salire sul carro, o sul tornado, di Trump, insieme a Orbàn e al premier israeliano Netanyahu, non a caso il primo a complimentarsi per l’iniziativa con Trump.