Da settimane assistiamo a un escalation di toni e invettive contro chi non si è allineato alla decisione sull’invio delle armi all’Ucraina, fino ad oggi maggioritaria nei media e nella politica ma minoritaria tra la popolazione nei sondaggi. Nel crescendo sono due i soggetti sotto attacco, i pacifisti e la sinistra. Le nostre colpe, al netto di strali e offese, sono quelle della presunta ambiguità, dello strisciante sostegno al dittatore Putin, figlio di un retaggio sovietista. Il dibattito, per così dire, ha superato la questione ucraina e il diritto alla resistenza ed è nel campo della parola sinistra, in Italia. Non parliamo del campo elettorale praticamente svuotato da anni. Ma proprio della sinistra e della sua storia per lo più comunista, ma anche socialista, anarchica, operaista, autonoma con cui si vorrebbero fare i conti (tra condanna e rimozione).
Perché in fondo la domanda che viene posta a chiunque non sia allineato e sia di sinistra è: ma come, non sei pronto a lottare per la democrazia e la libertà come fecero i partigiani? Non bastano la nostra passione e il sostegno agli ucraini, non basta condannare Putin e l’aggressione, non bastano embargo e sanzioni, anche se li vorremmo più duri di quelli attuali, non bastano le carovane di pace, gli aiuti umanitari, l’accoglienza dei profughi, la solidarietà. Che poi sono i pacifisti e il volontariato cattolico a fare in gran parte. Non bastano perché a noi pacifisti e di sinistra non bastano la democrazia e la libertà, vogliamo qualcosa di più di comune e di popolare, e così puzziamo di soviet o altro. Facciamo una prova, vogliamo smettere di comprare gas da Putin e magari anche da Al Sisi e sfidare il paradosso “la pace o il condizionatore” di Draghi? Ecco noi ci stiamo. Facciamo un programma immediato di riconversione, finanziamento e solidarietà. Costi quel che costi, facendo sacrifici. Noi pacifisti di sinistra siamo pronti. E voi sinceri democratici e liberali?